M.D. numero 24, 28 giugno 2006

Rassegna
Efficacia e sicurezza dei coxib in valutazioni a lungo termine
di Angela Walmar

I dati più recenti suggeriscono che il rischio cardiovascolare associato all’uso di coxib va ridimensionato. È attualmente in corso il programma MEDAL, che include trial di grandi dimensioni, che sarà in grado di fornire una stima precisa del profilo di sicurezza e tollerabilità di un trattamento long-term con etoricoxib

Il dolore legato a malattie reumatiche è attualmente considerato un indice di attività e severità di malattia e condiziona, oltre alla prognosi a lungo termine, anche le necessità assistenziali del paziente e della sua famiglia. Quasi tutti i malati reumatici che si rivolgono al medico lo fanno a causa del dolore e della limitazione funzionale provocati dalla malattia.
Le richieste che questi pazienti fanno al proprio medico sono estremamente semplici: essi vogliono delle terapie che siano efficaci, che agiscano rapidamente e che diano risultati duraturi. Del resto un trattamento appropriato è molto importante per mantenere la mobilità del paziente e una qualità della vita adeguata, dal momento che la malattia reumatica può condurre a una grave limitazione funzionale e alla disabilità.
Una delle opzioni terapeutiche alternative ai FANS tradizionali (efficaci ma penalizzati dal basso profilo di tollerabilità gastrica, soprattutto per somministrazioni croniche) è rappresentata dai coxib, farmaci inibitori selettivi della COX-2. In particolare, quelli di seconda generazione come etoricoxib, si stanno rivelando dotati di proprietà antinfiammatorie paragonabili a quelle dei Fans tradizionali e di attività analgesica in molti modelli simile o addirittura superiore a quella degli analgesici oppioidi.
I primi entusiasmi che hanno accompagnato l’uso di questa classe sono stati poi seguiti da un atteggiamento decisamente più cauto, e lo spettro di un aumentato rischio cardiovascolare correlato alla loro somministrazione è sfociato in una limitazione al loro impiego.

I coxib riabilitati


Un’ulteriore revisione dei dati disponibili sembra tuttavia orientata a una nuova modifica dell’atteggiamento verso questi farmaci, soprattutto alla luce di quei dati che mettono in evidenza come al problema del rischio cardiovascolare non sfuggano nemmeno i Fans tradizionali.
Rimangono inoltre ancora aperte diverse questioni importanti correlate all’impiego dei coxib, per esempio quella relativa all’ampiezza dell’eccesso di rischio cardiovascolare (infarto, ictus, morte vascolare), oppure se l’eccesso di rischio possa essere dose-correlato e se per i soggetti che fanno uso anche di Asa l’entità del rischio sia diversa. Ci si chiede infine se anche i Fans tradizionali (che comunque inibiscono anche la COX-2) non siano essi stessi associati a un aumento di rischio cardiovascolare.
Una recente metanalisi ha incluso trial durati almeno 4 settimane che avevano confrontato un coxib con placebo o con un Fans tradizionale, nel corso dei quali erano stati registrati eventi cardiovascolari seri conseguenti ai trattamenti. In particolare è emerso che regimi che prevedono dosi elevate di diclofenac o di ibuprofene sono gravati da un eccesso di rischio di eventi cardiovascolari, e che queste terapie non si discostano in maniera significativa dal rischio associato ai coxib. Infatti, l’incidenza di eventi vascolari è risultata dell’1%/anno per i coxib e dello 0.9%/anno per i Fans (in particolare diclofenac e ibuprofene ad alte dosi) (BMJ 2006; 332: 1302-05).
Un altro studio recente ha esaminato l’influenza di diverse molecole analgesiche sul rischio di eventi cardiovascolari in un’ampia coorte di donne arruolate nel Nurses’ Health Study (Circulation 2006; 113: 1578-87). Durante un periodo di 12 anni le partecipanti arruolate hanno fornito informazioni dettagliate e aggiornate circa l’uso di Fans o paracetamolo. Questo studio prospettico ha permesso un’analisi complessiva molto più accurata degli eventuali effetti avversi, valutati in uno spettro di condizioni di assunzione molto più ampio di quanto non sia consentito da uno studio controllato con placebo.
Le principali ragioni per le quali le donne assumevano da 1 a 6 e „7 compresse di aspirina alla settimana erano cefalea (rispettivamente 32% e 18%), artrosi e altri tipi di dolore muscoloscheletrico (30% e 50%), una combinazione di cefalea e dolore muscoloscheletrico (16% e 15%), prevenzione cardiovascolare (9% e 8%) e altre ragioni diverse (13% e 9%).
Le donne che facevano un uso frequente di Fans („22 giorni/mese) avevano un rischio relativo significativamente più elevato di eventi cardiovascolari, pari a 1.67 (dati aggiustati per età) o 1.44 (dati aggiustati per altri fattori di rischio cardiovascolare). Non si è osservata una differenza marcata tra le donne che assumevano Fans rispetto a quelle che facevano invece uso di paracetamolo mentre si è osservato che l’uso di aspirina non era associato a un aumento del rischio di eventi cardiovascolari (tabella 1).
Un uso frequente di Fans è risultato anche associato a un aumentato rischio di ictus. Escludendo dall’analisi i dati relativi alle donne che facevano uso di coxib, è stato osservato un rischio relativo multivariato per gli eventi cardiovascolari di 1.45 per l’uso di Fans e di 1.35 per paracetamolo (dati riferiti a consumi elevati di analgesici). È stato anche valutato l’effetto indipendente dei coxib e i risultati sono stati un rischio relativo di 1.72 (aggiustato per l’età) che è sceso a 1.47 dopo aggiustamento multivariato. Anche se si tratta di dati preliminari (derivanti da un follow up limitato e con una potenza statistica bassa) questi risultati nel loro complesso suggeriscono quanto sia fondamentale un’attenta e approfondita valutazione dei pazienti che necessitano di queste terapie e soprattutto quanto sia importante pesare gli indubitabili benefici e i potenziali rischi di questi farmaci.
È dunque indispensabile, sulla base di queste sempre più numerose evidenze, che la scelta tra i differenti regimi anti-infiammatori venga ponderata per ogni singolo paziente, considerandone con attenzione anche il livello potenziale di rischio cardiovascolare o gastrointestinale e le comorbilità presenti.
Potranno contribuire a fornire informazioni utili nella pratica clinica i risultati del programma Medal (Multinational Etoricoxib and Diclofenac Arthritis Long-term) che consiste di 3 studi randomizzati, in doppio cieco, che confrontano etoricoxib (60 e 90 mg/die) e diclofenac (150 mg/die). Scopo principale del programma è quello di stimare il rischio di eventi cardiovascolari e gastrointestinali seri di un’esposizione a lungo termine ai due trattamenti. Il programma ha arruolato in 38 Paesi, 34.700 pazienti affetti da osteoartrosi (ginocchio, anca, mano, colonna; n=24.912) o da artrite reumatoide (n=9.789). Sono stati ammessi a partecipare al programma anche soggetti con un’anamnesi di infarto miocardico, by-pass coronarico o intervento di angioplastica nei 6 mesi precedenti l’arruolamento. In molti casi è stata riscontrata la presenza di diversi fattori di rischio cardiovascolare: ipertensione arteriosa, malattia aterosclerotica sintomatica, diabete, obesità (tabella 2).
Le conclusioni di questo programma, dalle dimensioni così consistenti, saranno certamente in grado di fare luce su alcuni dubbi ancora presenti e ci si augura metteranno a disposizione del medico quegli elementi in grado di aiutarlo a proporre ai suoi pazienti la terapia più adatta che, nello stesso tempo, assolva al fondamentale compito di recare al malato il sollievo da una sintomatologia così invalidante ma che salvaguardi le insindacabili esigenze di sicurezza e tollerabilità.