M.D. numero 25, 13 settembre 2006

Rassegna
Allergia al lattice: clinica e prevenzione
di Mauro Marin - Medico di medicina generale, Pordenone

I soggetti sensibilizzati al lattice possono andare incontro a patologie di varia gravità, che vengono scatenate sia dal contatto diretto sia dall’inalazione di particelle di lattice veicolate nell’aria. Garantire la sicurezza degli ambienti di cura attraverso semplici precauzioni permette di minimizzare il rischio di reazioni da ipersensibilità sia nei pazienti sia nel personale sanitario

Le manifestazioni cliniche di allergia al lattice possono essere varie: shock anafilattico, angioedema al volto e al collo, asma bronchiale, orticaria, rinocongiuntivite, prurito orofaringeo e dermatite alle mani.
Bisogna tenere presente che tali manifestazioni cliniche non vengono scatenate soltanto dal contatto con guanti di lattice, ma anche dalla semplice esposizione in ambienti chiusi contenenti lattice, che si disperde nell’aria e viene inalato (AORN J 2004; 79: 653-72).
Il lattice è infatti presente in concentrazioni maggiori nell’aria di ambienti sanitari, quali le sale operative del pronto soccorso, le sale operatorie e gli ambulatori medici dove viene fatto un uso elevato di materiali in lattice come guanti, lacci, cateteri, mascherine, siringhe, medicinali con tappi di gomma, ecc (Emerg Med Serv 2004; 33: 141-7; Surg Clin North Am 2005; 85: 1329-40; Br J Perioper Nurs 2005; 15: 27-33).
In questi ambienti sanitari il lattice dovrebbe essere sostituito con materiali alternativi come i guanti di vinile o di altre sostanze innocue, con la dicitura “latex free” (J Comm J Qual Saf 2003; 29: 113-23). La sostituzione andrebbe eseguita con il duplice obiettivo di evitare reazioni dannose ai pazienti allergici e di prevenire lo sviluppo di allergie nel personale sanitario (J Investig Allergol Clin Immunol 2004; 14: 64-9), adottando i protocolli di prevenzione necessari (Int Arch Occup Environ Health 2005; 78: 394-402).
In Italia queste misure sono un obbligo prescritto dalla legge n. 626/1994 sulla tutela della salute negli ambienti di lavoro, secondo la quale il personale dovrebbe essere istruito sulla prevenzione del rischio specifico.
Ancora oggi però i pazienti allergici al lattice vengono trasportati in ambulanza oppure vengono ricevuti in pronto soccorso in diversi ospedali da personale sanitario che indossa i guanti di lattice e assistiti in sale di emergenza dotate di carrelli che espongono numerosi materiali in lattice, rischiando così uno shock anafilattico senza che ci si accorga di cosa sta succedendo e del perché (Allergy 2003; 58: 1069).
Le direzioni ospedaliere che non attuano le misure di sicurezza continuando ad acquistare forniture più economiche di materiali in lattice e non attivano corsi di formazione per il personale si rendono responsabili di eventuali danni per omissione colposa di tutela del diritto alla salute.
Va segnalato che anche il personale delle ristorazioni collettive e delle imprese di pulizie negli ambienti di cura deve utilizzare guanti latex free per non somministrare cibo contaminato da polvere di lattice e per non elevare le concentrazioni aeree di proteine del lattice a livelli critici, in grado di dare sensibilizzazione in ambienti chiusi.

Patogenesi e prevalenza


Le manifestazioni più gravi dell’allergia al lattice hanno una patogenesi immunologica IgE mediata di tipo I, mentre invece quelle più comuni, come le dermatiti, hanno patogenesi irritativa oppure linfocito-T mediata di tipo IV.
Le gravi reazioni al lattice IgE mediate presentano una prevalenza inferiore all’1% nella popolazione generale (Compr Ther 2002; 28: 244-9).
Si può tuttavia osservare una progressione da dermatiti localizzate alle mani a reazioni anafilattiche sistemiche nei soggetti allergici al lattice che continuano a rimanervi esposti (Ann Intern Med 1995; 122: 43-6). Questa progressione e la stessa prevalenza di allergia è riducibile sostituendo il lattice con materiali alternativi (Occup Environ Med 2006; 63: 121-5).
Nel personale sanitario è stata rilevata una prevalenza di allergia al lattice del 25% in Italia
(J Investig Allergol Clin Immunol 2004; 14: 64-9) e del 7-10% in USA, documentata mediante prick test cutaneo al lattice oppure ricerca di anticorpi IgE anti Latex hevea brasiliensis nel siero (Ann Intern Med 1995; 122: 43-6).
Chi ha un’allergia al lattice spesso presenta manifestazioni cliniche anche per il contatto o la vicinanza a comuni oggetti contenenti lattice (cuscini, materassi, preservativi, palloncini, pneumatici, scarpe di gomma, ecc), piante come il Ficus benjamina e per l’ingestione di alimenti, quali diversi tipi di frutta tropicale, banane, kiwi, avocado, castagne, papaia, melone.



Vaccino e rischio di anafilassi


Attualmente è disponibile un vaccino per l’allergia al lattice la cui efficacia è ancora allo studio e la cui sicurezza sembra documentata dal basso numero di gravi effetti collaterali: 28 casi di anafilassi su oltre 160.000 vaccinazioni (Vaccine 2004; 23: 664-7). Il rischio di anafilassi può essere diminuito attraverso:

  • l’eliminazione del lattice dagli ambienti di cura;
  • l’addestramento del personale sanitario a gestire rapidamente questa emergenza utilizzando un protocollo di trattamento (J Allergy Clin Immunol 2005; 115: 483-523);
  • l’impiego dell’adrenalina termostabile pronta all’uso;
  • la profilassi cortisonica per le situazioni prevedibili e inevitabili di rischio all’esposizione al lattice.