M.D. numero 26, 20 settembre 2006

Terapia
Osteoporosi: migliorare l’adesione alla terapia
di Sirio Spadano

La recente introduzione dell’ibandronato, bifosfonato somministrabile per via orale una sola volta al mese, permette di fornire una risposta concreta al problema della scarsa compliance al trattamento

L'introduzione dell’ibandronato, primo bisfosfonato orale a somministrazione mensile, ha rappresentato una importante evoluzione nella terapia dell’osteoporosi, soprattutto nell’ottica di migliorare l’adesione al trattamento. La terapia con bifosfonati va protratta per molti anni, ma una quota consistente di pazienti abbandona il trattamento entro il primo anno, in quanto non viene accettata l’idea di dover assumere quotidianamente o settimanalmente un farmaco per affrontare una condizione di salute di cui non avverte il significato medico. Il soggetto osteoporotico che non ha avuto fratture si sente sano, non ha disturbi apparenti, quindi non capisce il motivo per cui deve assumere un farmaco. La situazione diventa ancor più complicata quando il paziente già si sottopone quotidianamente all’assunzione di farmaci per altre patologie delle quali al contrario ha percezione e di cui coglie l’importanza.
Quella dell’adesione alla terapia può essere considerata una delle condizioni vincenti nei confronti di una malattia che presenta una elevata prevalenza e pesanti costi sanitari.
Uno studio internazionale condotto nel 2005 ha dimostrato come le donne con osteoporosi postmenopausale preferiscano in grande maggioranza la terapia mensile con ibandronato rispetto a quella settimanale con un altro bisfosfonato e il mese scorso sono stati pubblicati su International Journal of Clinical Practice (2006; 60: 896-905) i risultati dello studio PERSIST (Persistence Study of Ibandronate versus Alendronate), condotto nel setting della medicina generale inglese, dal quale è emerso che dopo soli 6 mesi di terapia il numero di pazienti che era rimasto in terapia con ibandronato in monosomministrazione mensile era del 47% superiore al numero di pazienti che continuava ad assumere alendronato in somministrazione settimanale. In questo studio i pazienti inclusi nel gruppo trattato con ibandronato ricevevano anche una serie di informazioni sulla malattia e sull’importanza di una costante aderenza alla terapia nel lungo termine ed inoltre ogni mese erano avvertiti telefonicamente da personale infermieristico di ricordarsi di assumere il farmaco.

Studi clinici a lungo termine


Il trattamento con bifosfonati mantenuto nel tempo è efficace nel ridurre il rischio di frattura. Ibandronato è stato ampiamente valutato in trial clinici e tra essi appaiono particolarmente importanti lo studio BONE e lo studio MOBILE.
Lo studio BONE (Oral Ibandronate Osteoporosis Vertebral Fracture Trial in North America and Europe), condotto su 2946 pazienti con osteoporosi postmenopausale di età media 69 anni, trattate per tre anni con ibandronato, ha messo in evidenza come le donne abbiano ottenuto, già nel primo anno di terapia, una sensibile riduzione del rischio di nuove fratture vertebrali, arrivato al 62% al terzo anno di trattamento (J Bone Miner Res 2004; 19: 1241-49).
Lo studio MOBILE (Monthly Oral Ibandronate in Ladies), durato due anni, ha coinvolto 1609 donne con osteoporosi postmenopausale di età media pari a 66 anni. Scopo dello studio - policentrico, randomizzato, in doppio cieco e a gruppi paralleli - è stato quello di dimostrare la non-inferiorità di diversi dosaggi mensili di ibandronato rispetto al dosaggio giornaliero. E questo perché le linee guida CHMP-EMEA affermano che per i composti che hanno dimostrato una efficacia antifratturativa e per i quali è stata ottenuta l’indicazione per il trattamento dell’osteoporosi postmenopausale per una specifica dose, può essere concessa un’estensione dell’indicazione per una nuova dose sulla base della dimostrazione di una non-inferiorità in termini di variazione della densità minerale ossea tra la dose originale e quella nuova in uno studio della durata di almeno 1 anno.
Le pazienti coinvolte dallo studio MOBILE sono state trattate così: 395 hanno ricevuto ibandronato 2.5 mg/die; 396 ibandronato 50+50 mg in due giorni consecutivi ogni mese; 396 ibandronato 100 mg al mese ed infine 396 ibandronato 150 mg al mese.
Lo studio ha dimostrato l’efficacia della somministrazione orale mensile di ibandronato. Infatti, c’è stata una riduzione dei marcatori biochimici del riassorbimento osseo con 150 mg di ibandronato una volta al mese. Inoltre ibandronato 150 mg una volta al mese ha indotto aumenti della densità minerale ossea, sia a livello vertebrale che a livello femorale, significativamente superiori a quelli di 2.5 mg/die dopo
2 anni di terapia (Ann Rheum Dis 2006; 65: 654-61). Lo studio ha dimostrato anche la buona tollerabilità generale e gastrointestinale della somministrazione orale mensile di ibandronato.
In definitiva, i risultati degli studi BONE e MOBILE evidenziano che ibandronato è efficace sulla riduzione del rischio di fratture vertebrali, sull’aumento della densità minerale ossea a livello vertebrale e dell’anca e sulla riduzione dei marker biochimici del riassorbimento osseo.