M.D. numero 27, 27 settembre 2006

Convenzione
I ritardi degli accordi regionali

Le difficoltà delle trattative, i limitati investimenti che le amministrazioni mettono a disposizione e le non soddisfacenti risorse previste dalla Finanziaria pongono delle serie criticità per l’area delle cure primarie

Su venti Regioni sono riuscite a portare a buon fine gli accordi integrativi regionali (Air) con i Mmg Valle d’Aosta, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo e Lazio. In Lombardia è stato firmato un “accordo di sistema” che, come sottolineato da Alessandro Usai, segretario regionale Fimmg, “non produce effetti sospensivi di quello in vigore”. A questi bisogna aggiungere due “preaccordi” uno firmato in Sardegna e l’altro in Calabria.
Fatti che testimoniano come le trattative decentrate della medicina convenzionata non decollano, anche se i rappresentanti delle Regioni confidano di riuscire a portarle a termine entro la fine dell’anno. Resta il fatto che gli accordi regionali e aziendali, secondo la Convenzione, dovevano essere già chiusi nel 2005 al massimo con l’esercizio di poteri sostitutivi avocati a sé dalla Sisac, la struttura di coordinamento contrattuale implementata dalle Regioni.
Tu mi associ, io sciopero
Sullo sfondo si trascina la vecchia questione della firma dell’Accordo nazionale: lo Snami, infatti, non ha sottoscritto la Convenzione 2005 e per questo, secondo la Regione Emilia Romagna, è corretto non convocare loro rappresentanti ai tavoli di contrattazione decentrata. Ma c’è di più: l’accordo regionale cui la Fimmg ha aderito, punta molta parte delle risorse sui Nuclei di Cure Primarie. Per questo lo Snami ha proclamato uno sciopero di 24 ore, a partire dalle h. 8.00 di giovedì 28 fino alle 8.00 di sabato 30 settembre 2006. Secondo il segretario Snami dell’Emilia Giovanni Balboni “i NCP tendenti a coprire le h.12 a livello ambulatoriale comporteranno lo stravolgimento dell’attuale attività lavorativa del Mmg, la sua completa perdita d’autonomia gestionale e la perdita di fatto del rapporto medico-paziente”.
Il tutto, si fa notare, per pochi euro. I medici Snami contro-propongono di istituire un ambulatorio per ogni NCP aperto 12 ore utilizzando i medici della continuità assistenziale, attivando tale servizio per le urgenze domiciliari anche durante le ore diurne. “Quest’impostazione - conclude Balboni - avrebbe oltretutto il pregio di costare poco senza alterare l’attuale assetto organizzativo del Mmg e la sua presenza capillare sul territorio”.
Il Sindacato dei Medici Italiani (CumiAiss–Unamef-Sem-Api) ha lanciato l’allarme, ma anche lo Snami è in agitazione in Emilia Romagna, per l’esclusione dalle trattative e più nello specifico per il peso attribuito ai Nuclei di Cure Primarie.
Salvo Calì, per la segreteria del Sindacato dei Medici Italiani, ha denunciato che oltre a essere pochi gli accordi finora firmati non sono mai adeguati alla situazione. Poche, sempre secondo i sindacati in agitazione, sono state le Regioni che si sono presentate al tavolo delle trattative con una visione strategica e con risorse da mettere in campo per raggiungere almeno alcuni limitati obiettivi di implementazione strutturale e funzionale della rete di cure primarie.
Si invoca un intervento forte del ministro Turco, perché il potenziamento delle cure primarie e del territorio passa soprattutto dalle trattative nelle Regioni, ma se queste non si attivano, tutti gli inviti del ministero della Salute e dei suoi esperti per una sanità a misura di persona, cadranno nel vuoto.
I dubbi dei Mmg sulla risoluzione a breve degli accordi decentrati sono da riportare innanzitutto all’avvio stentato e problematico delle trattative regionali dopo la loro istituzione (DPR 270-271-272/2000), da alcune Regioni concluso solo nel 2004 e in tutte portate a termine con investimenti infinitamente inferiori all’impegno garantito nel corso della contrattazione nazionale. Lo stesso accordo quadro nazionale del 2005 era stato giudicato da alcuni del tutto insoddisfacente sul piano economico.

La Sisac


Le difficoltà che si incontrano nell’attuale tornata di trattative regionali insieme ai limitati o assenti investimenti che le Amministrazioni mettono a disposizione per il territorio e per le cure primarie prefigurano, a detta dei sindacati, un vero e proprio strangolamento dell’area.
In questa situazione la Sisac, espressione diretta delle Regioni, sul tavolo nazionale rimanda alle trattative regionali per un congruo integrativo locale, capace di rilanciare le cure primarie e il territorio, mentre le Regioni, cioè la stessa figura istituzionale con giacca diversa, negano poi la disponibilità economica per chiudere contratti regionali adeguati.
“Questo gioco delle parti sta squalificando gli interlocutori istituzionali - spiega ancora Salvo Calì - e pone un problema più generale dell’urgenza del riassetto delle cure primarie e di una diversa modalità di reperimento delle risorse contrattuali”.
Il nuovo coordinatore della Sisac Franco Rossi, che ha cominciato a incontrare le rappresentanze sindacali, confida di acquisire dall’Osservatorio consultivo permanente, previsto dall’ACN, le conoscenze su andamenti e costi degli accordi regionali e aziendali. Ma si troverà a dovere fare i conti con un sospeso per nulla rassicurante e con un problema in più. Un problema di carattere generale: dei 100 miliardi di euro chiesti dalle Regioni per il finanziamento dei Lea, il Governo è disposto a metterne sul tavolo tra 95 e 96 miliardi. Il resto dovrà arrivare da tagli e, forse, ticket anti-sprechi. E per i progetti innovativi, vedi le forme organizzative accentrate, dove si pescherà?