M.D. numero 27, 27 settembre 2006

Farmaci
Nuova arma contro il rischio cardiometabolico

Rimonabant, primo antagonista dei recettori CB1, è stato autorizzato nell’Unione Europea per il trattamento dei pazienti obesi o sovrappeso con altri fattori di rischio associati

L
a Commissione Europea ha recentemente concesso l’autorizzazione alla commercializzazione di rimonabant 20 mg/die all’interno dei 25 stati membri dell’Unione Europea, come terapia aggiuntiva alla dieta e all’esercizio fisico per il trattamento dei pazienti obesi (BMI „30) o in sovrappeso (BMI> 27) con fattori di rischio associati, quali diabete di tipo 2 o dislipidemia.
Rimonabant è il primo rappresentante di una nuova classe terapeutica, gli antagonisti dei recettori CB1, il cui blocco determina una riduzione dell’iperattività del sistema endocannabinoide, sistema fisiologico che si ritiene svolga una funzione importante nella regolazione del peso corporeo, nel controllo del bilancio energetico e nel metabolismo del glucosio e dei lipidi.
L’autorizzazione alla commercializzazione si basa sull’analisi dei dati provenienti dagli studi clinici RIO, che hanno coinvolto più di 6.600 pazienti. Questi trial hanno dimostrato che rimonabant migliora significativamente il peso, la circonferenza vita, i valori di emoglobina glicosilata, colesterolo HDL e trigliceridi e nell’indicazione approvata dalla Commissione Europea si precisa che circa il 50% dei miglioramenti dei livelli di HbA1c, di HDL e dei trigliceridi superava quanto ci si potesse attendere dal solo calo ponderale.

Il pericolo rappresentato dall’obesità addominale


L’obiettivo di rimonabant è di migliorare i diversi fattori di rischio cardiometabolico dei pazienti obesi o sovrappeso. Coloro i quali ne beneficeranno maggiormente sono i pazienti che presentano obesità addominale insieme a diabete e/o dislipidemia. Circa metà della popolazione adulta che ha un giro vita elevato (>102 cm per gli uomini e >88 cm per le donne) presenta almeno altri tre fattori di rischio aggiuntivi che, insieme, contribuiscono ad incrementare il rischio cardiometabolico.
I fattori di rischio cardiometabolici comprendono sia i fattori “classici” come l’ipercolesterolemia LDL, l’ipertensione arteriosa e l’iperglicemia, sia altri fattori di rischio “emergenti” correlati all’obesità addominale, come la resistenza all’insulina, ridotti livelli di colesterolo HDL, l’ipertrigliceridemia e l’alterazione di alcuni marker infiammatori (bassi livelli di adiponectina e alti livelli di proteina C-reattiva).
“L’eccesso di cellule adipose, in particolare se localizzate nell’addome, viene attualmente considerato un elemento di grande interesse scientifico” dice Roberto Vettor, dell’Istituto di Medicina Interna dell’Università di Padova, che al recente congresso mondiale di cardiologia svoltosi a Barcellona ha tenuto una lettura su questo argomento. “Si è infatti visto che l’adipocita si comporta come una vera e propria centrale endocrino-immunologica: l’eccesso di tessuto adiposo viscerale porta da un lato ad un incremento della presenza di fattori che favoriscono l’infiammazione, elemento chiave nella patogenesi dell’aterosclerosi, e dall’altro induce una serie di fenomeni metabolici negativi. Ad esempio contribuisce a modificare negativamente il profilo lipidico, facilita l’insorgenza dell’insulinoresistenza, aumenta il rischio di sviluppare ipertensione. La perdita di grasso addominale diventa quindi un obiettivo della terapia, anche perché, come dimostrano gli studi clinici RIO condotti per valutare l’efficacia di rimonabant, al calo ponderale si accompagnano positive modificazioni del profilo metabolico”.