M.D. numero 27, 27 settembre 2006

Focus on
Dalle Utap alle Case della Salute: stavolta si cambia?
di Monica Di Sisto

Un nuovo ruolo per i Mmg, con annessi finanziamenti, in cambio del coinvolgimento attivo in una nuova impresa da condividere: le Case della Salute. Questa la promessa del nuovo dicastero della Salute a cui si frappone un “mare” di difficoltà.

Un Patto per la Salute. è questo che in definitiva ha proposto ai medici di medicina generale italiani il ministro Livia Turco. Un do ut des esplicito: “Investo sulla vostra formazione universitaria, sulla vostra qualificazione, sul vostro potere in sanità. Voi però - ha specificato il ministro - vi fate trovare negli studi medici, vi associate, garantite la continuità assistenziale e il rapporto con l’ospedale, vi dotate di un computer, fate le prenotazioni per i pazienti, li andate a visitare a domicilio”. Un’offerta che, se accettata, diventerà una parte di contenuto della nuova legge Finanziaria: un nuovo ruolo per i Mmg nel Ssn, con annessi finanziamenti, in cambio del coinvolgimento attivo in una nuova impresa da condividere. Un’impresa che ha come denominazione Case per la Salute, da tempo sperimentate come formula organizzativa nelle cosiddette “Regioni rosse”. Si propongono come struttura di base per ridisegnare, con la comunità locale, la rete dei servizi e per unificare, anche fisicamente, le attività sociali e quelle sanitarie e per garantire partecipazione e sicurezza a comunità investite da processi sociali di riequilibrio territoriale.
Forse è questa la più grande innovazione, rispetto agli altri modelli di nuova concentrazione fisica dei Mmg proposte negli anni scorsi come le Utap: la vocazione socio-sanitaria delle nuove strutture, nelle quali si troverebbero a essere gestite ed erogate, “la prevenzione primaria, secondaria e terziaria, l’educazione sanitaria e le corrette pratiche di autogestione delle malattie croniche; si attiva un’assistenza domiciliare delle cure a forte integrazione multidisciplinare e infine si istituzionalizza la partecipazione dei cittadini”, secondo quanto ha disegnato lo stesso ministro della Salute nel documento “Un new deal della salute - Linee del programma di Governo per la promozione ed equità della salute dei cittadini” presentato nel corso dell’audizione alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati (M.D. 2006; 25: 5-6).

I volti delle cure del territorio


Come ha spiegato il segretario della Fimmg Mario Falconi al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, questa richiesta non è nuova. Il potenziamento delle cure primarie avviene attraverso due passi obbligati: “Il primo di questi, già da tempo avviato, consiste nell’evoluzione del concetto stesso di attività professionale del Mmg - spiega Falconi - sempre meno individualistica e sempre più orientata al lavoro in équipe che si concretizza in forme associative semplici (medicina di gruppo e in rete) e complesse (gruppi/nuclei di cure primarie, cooperative, ecc.), pur salvaguardando comunque l’inviolabile rapporto di fiducia individuale tra medico e paziente”.
Il secondo passo, invece, coincide con la riorganizzazione strutturale e funzionale dell’assistenza socio-sanitaria nel territorio e si mette in pratica nella:

  • integrazione operativa di più figure professionali diverse tra loro in moduli territoriali omogenei, al fine di portare sul territorio tutti quegli strumenti, tutti quei mezzi e quelle risorse che consentano di far fronte alle istanze emergenti di esternalizzazione di servizi in modo efficace (ovvero con ricadute positive in termini di salute per i cittadini) e non solo efficiente (ovvero con congrui volumi di prestazioni erogate rispetto ai bisogni);
  • interazione organizzativo-gestionale di tali moduli con le strutture di assistenza di secondo livello in modo da ottimizzare l’utilizzo coordinato delle risorse, siano esse strutture edilizie, dotazioni strumentali o personale sia sanitario che amministrativo evitando doppioni inutili e ridondanze pericolose oltre che costose.

La prima formula di accentramento strutturale proposta negli ultimi anni è stata la “creatura” del primo ministro per la Salute dell’esercizio Berlusconi Girolamo Sirchia: si chiamava Unità territoriale di assistenza primaria (Utap), puntava a un bacino d’utenza più limitato rispetto a quello delle “Case”, ovvero a circa 10mila pazienti, ma le strutture avrebbero potuto anche lavorare in rete, specie nei grandi centri

Le Utap in sintesi
Strutturalmente per le Utap si prevedeva una dotazione di almeno 6 ambulatori, 2 mini laboratori per esami del sangue, ecografie, Ecg, medicazioni, visite specialistiche; un’ampia sala d’attesa, un locale per il personale di studio. La dotazione di risorse umane prevedeva la presenza di Mmg (da 6 a 8), del pediatra (da 1 a 2), i persone di studio (da 2 a 3), infermieri (da 2 a 4), guardia medica (da 1 a 2) e un’unità amministrativa per le attività di gestione.

urbani, ampliando l’utenza a 60-100 mila unità.
Il territorio, incentrato sulle Utap singolarmente dislocate, sarebbe stato collegato in rete con l’organizzazione distrettuale alla quale andavano riservate le attività multi-Utap. Il budget del territorio doveva essere strutturato individuando un livello di responsabilità di Unità e incentrato sia sull’attività e le prestazioni effettivamente erogate, sia sulla frazione di “governo della domanda”, individuando l’effettivo ruolo svolto dai medici Utap singolarmente o collettivamente.

Una “Casa” per tutti i cittadini


Nella Casa della Salute, secondo quanto annunciato dal ministro Turco, “devono poter essere effettuati tutti gli accertamenti diagnostico-strumentali di base 7 giorni su 7 per almeno 12 ore al giorno. In essa deve trovare implementazione la gestione informatizzata di tutti i dati sanitari e devono venire attivate le procedure di teleconsulto e di telemedicina che consentono una diagnosi specialistica di secondo livello”.
Lo Spi-Cgil, inoltre, ha recentemente presentato a Roma uno studio di fattibilità, realizzato in collaborazione con il dipartimento Itaca dell’Università La Sapienza, specializzato nella progettazioneno di strutture socio-sanitarie. La “Casa”, secondo il direttore di Itaca Ferdinando Terranova, è un modello che “individua un presidio con bacino d’utenza minimo di 20mila abitanti, flessibile sia negli spazi che nelle funzioni”. Al centro polifunzionale, che farà capo al distretto e che sarà affidato a un responsabile, spetterà comunque erogare quattro tipologie di servizi: propriamente sanitari, sociosanitari, servizi e attività sociali e altri servizi (Cup e distribuzione dei farmaci). L’obiettivo finale è la continuità assistenziale, finalizzata a una presa in carico complessiva del paziente e all’abbattimento dei costi. Costi che all’inizio, per la sola realizzazione delle strutture, si aggireranno intorno ai 7,7 milioni di euro, con possibilità di abbattimento delle spese dal 40 al 50% in caso di recupero di vecchi edifici a destinazione sanitaria.
All’interno della “Casa” si individuano quattro aree funzionali, con altrettanti professionisti coinvolti:

  • area dell’accesso, del segretariato sociale e del Cup;
  • area dei servizi sanitari;
  • area dei servizi e attività sociali;
  • area dei servizi socio-sanitari;

Nella sua ipotesi più complessa, all’interno della struttura sono presenti tutti i servizi raggruppati per i quattro settori di appartenenza. Tra i servizi principali figurano:
n Il Punto di Primo Intervento (PPI) territoriale: una postazione sanitaria permanente, dove sono disponibili mezzi di soccorso e risorse mediche e infermieristiche in grado di garantire una prima risposta sanitaria alla emergenza-urgenza di minore criticità e a bassa complessità di soggetti autopresentanti.

  • Gli studi medici di MG (6 studi): in cui si svolgono attività di prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione, afferenti alla varie discipline mediche di base che non richiedono alcuna forma di ricovero. Deve essere prevista, tuttavia, una dotazione minima tecnologica per tutta l’area, la dotazione minima per pronto soccorso e per rianimazione cardiopolmonare
  • L’Ospedale di Comunità: pratica “cure intermedie” per garantire la continuità assistenziale di persone e la sua gestione è dei Mmg e del corpo professionale degli infermieri.
    Secondo quanto spiegato da Michele Mangano, segretario dello Spi, l’ipotesi è di avviare quattro sperimentazioni di Case della Salute: al Nord, al Centro, al Sud e nelle Isole, con l’idea di impiegare, in Sicilia, una struttura confiscata alla mafia. Il progetto, dunque, è anche un simbolo: un riappropriarsi della Sanità e della gestione delle cure da parte del cittadino e della comunità, che infatti viene coinvolta, diversamente dalle Utap, attraverso l’ampia partecipazione dei Comuni.
    Il sostegno alla sperimentazione, ha garantito il ministro, sarà previsto in Finanziaria. Ma i conti saranno abbastanza a posto da consentirlo?