M.D. numero 30, 18 ottobre 2006

Appunti
Prescrizioni indotte: lottando si vince

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o letto con attenzione l’articolo di Filippo Mele: “Prescrizione indotte: la rivolta della Calabria” (M.D. 2006; 27: 9) e non posso che concordare sullo storico e pessimo vezzo dei colleghi, sia specialisti sia ospedalieri, di ignorare il ricettario a lettura ottica. Il medesimo problema si è presentato a Como, città in cui esercito la professione. I dirigenti della locale ASL sensibili alla questione, non saprò mai se per loro utilità (poter individuare la sorgente di spesa) o per aver condiviso la posizione mia e del sindacato che rappresento, si sono detti disponibili ad affrontare la situazione. Per poter procedere hanno però bisogno di avere delle segnalazioni e mi hanno pregato di dare adito alla “denuncia amministrativa/segnalazione di comportamento improprio” di tutte le figure sanitarie che non si fossero attenute a quanto prescritto dalla vigente normativa e più volte richiamata dalla stessa ASL.
Con la collaborazione degli iscritti aderenti al mio sindacato ho potuto raccogliere e inoltrare centinaia di casi di improprio utilizzo dei modulari a uso interno (sia ospedaliero sia ambulatoriale) addirittura intasando la casella di posta elettronica di più direzioni ASL.
La battaglia è stata naturalmente condivisa anche da altre organizzazioni sindacali e ne è nato un tavolo di confronto con le varie figure sanitarie operanti in provincia. A proposito è recentissima la comunicazione ufficiale del raggiungimento di un’intesa che toglierà ai medici della persona (così piace chiamarci) la noiosissima “copiatura” segnalata dal collega Mele e, soprattutto, vedrà la nostra spesa indotta scendere vertiginosamente. Improvvisamente diventeremo “virtuosi”.

Carlo Ghezzi
Segretario Provinciale SIMI
Como



C’era una volta l’occhio clinico del medico

Ha l’occhio clinico, così si diceva un tempo di chi possedeva il dono di diagnosticare le malattie senza l’ausilio di mezzi di completamento diagnostico, bensì con la sola intuizione e le prorie mani.
Da eminenti clinici, padri della medicina, a umili e laboriosi medici condotti di isolati e sperduti paesi del nostro territorio, tutti riuscivano a identificare le malattie unicamente con l’ausilio del solo esame obiettivo, dettato dai canoni della vecchia semeiotica e dal sapere ascoltare pazientemente il malato nella sua minuziosa descrizione dei sintomi.
Quando il dubbio clinico non si dipanava, venivano richiesti esami di laboratorio, accertamenti strumentali o rari ricoveri ospedalieri per approfondimenti diagnostici e capitava di sovente che questi confermassero il sospetto diagnostico iniziale.
Nella stragrande maggioranza dei casi i dottori “ci azzeccavano”, acquisendo doti e fama di ottimi medici, con grande senso di rispetto e devozione da parte della popolazione assistita.
Riconoscere malattie dal colore della cute (anemie, ittero, esantemi ecc.), dalla facies, dal decubito, dalle dita a bacchetta di tamburo o da altri importanti segni che sono divenuti i cardini della semeiologia, ha rappresentato per moltissimi medici il contrassegno di stima del loro silente e tenace lavoro.
Ma tutto ciò fa parte di un tempo passato, l’avvento delle nuove tecnologie e di nuovi mezzi diagnostici sempre più sofisticati o avveniristici, come le biotecnologie e le nanotecnologie, pur essendo testimonianza del progresso tecnico-scentifico adiuvante la medicina, ha finito per soppiantare quasi del tutto il modo di approcciare una malattia nel determinismo di una corretta diagnosi.
Tutto questo ha contribuito ad aumentare il distacco tra medico e paziente, a diminuire la disponibilità di ascolto dei sintomi e a tralasciare di sottoporre il paziente a un buon esame obiettivo anche per una questione di minor tempo da imputare alle incombenze burocratiche che affligono il lavoro quotidiano dei Mmg. Si tratta di prerogative indispensabili nel guidare il medico a formulare un sospetto diagnostico quanto più vicino alla realtà, onde evitare inutili e costose prescrizioni, con enorme risparmio per il Servizio sanitario nazionale.
Il medico di medicina generale deve avvalersi di tutti gli esami che egli, secondo “scienza e coscienza”, ritenga utili per il suo paziente, deve fare leva sulla propria esperienza-competenza e sulla esecuzione di una necessaria quanto dovuta visita medica che rinforzerà la sua ipotesi diagnostica.
Considerando che il futuro della diagnostica clinica sarà rappresentato sempre di più da un inscindibile rapporto “malato-macchina”, nei casi limite si potrà giungere a una totale disumanizzazione dell’approccio medico-paziente, il medico di medicina generale è tenuto dalle stesse sue competenze a colmare questo gap.
Non sarà sicuramente facile riempiere questo vuoto di contenuti riuscendo a dare risposte alle reali esigenze delle persone che curiamo.
Aiuterebbe sicuramente tenere presente che accoglienza, disponibilità, tempo per l’ascolto e soprattutto per visitare i pazienti, sono elementi peculiari che caratterizzano la professione che abbiamo scelto.

Francesco Nicolosi

Medico di medicina generale
Paternò (CT)



Per un sistema previdenziale più equo e giusto

Un argomento ostico per noi medici, per tradizione e cultura, è senza dubbio quello inerente le questioni previdenziali. Ci accontentiamo, perciò, di ciò che passa il convento, salve sporadiche prese di coscienza e relative inutili levate di scudo. Vale a dire che assecondiamo quello che è deciso dai nostri rappresentanti distrattamente eletti da una sparuta minoranza. Ma gli assenti, si sa, hanno sempre torto. Il bello è che noi possiamo contare su ben tre sistemi previdenziali e siamo gli unici professionisti al mondo con l’obbligo di contribuzione per tutti e tre. Vi sembra ragionevole? È vero che la Costituzione prevede che ognuno debba essere protetto una volta venute a mancare le forze fisiche e mentali per autosostenersi. Non è fatto obbligo però che ci si debba iscrivere d’imperio a ogni previdenza partorita da qualcuno dei soliti lungimiranti. E mi riferisco, in primis, all’Onaosi e poi all’Enpam nelle sue varie gestioni.
Una cosa è il sistema previdenziale tout court in cui è già previsto il capitolo di spesa solidaristico, ben altra cosa sono le varie forme di solidarietà aggiuntive. Chi le promuove ha l’obbligo di aderirvi.
Ognuno poi, liberamente, valuterà se associarsi o meno e per quanto tempo. A mio parere, un altro limite del nostro sistema previdenziale, in verità non solo del nostro, è l’eccessivo sbilanciamento nei confronti dei meno fortunati. È paradossale, per esempio, che si assicuri un vitalizio a chi, particolarmente sfortunato, sia incappato in una invalidità totale, anche con pochi anni di anzianità contributiva, e parallelamente non si riconosca per “premorienza” o morte a breve dalla data del pensionamento del medico senza famigliari idonei alla reversibilità un qualche diritto ai legittimi eredi (figli) dei risparmi di una vita di lavoro del proprio genitore.
Sicuramente siamo stati dei privilegiati poiché avevamo un ottimo “sistema previdenziale-responsabile”, mi riferisco ai fondi speciali. All’età del pensionamento si ritirava la somma accumulata e ciascuno era libero di amministrarsela per il resto della sua vita (previdenza-responsabile).
Ritengo che da sistema lungimirante siamo passati ad un sistema “simil-INPS” per niente gratificante a cui si aggiungono gli echi di una riforma strutturale pensionistica per nulla rassicuranti.
È auspicabile una presa di coscienza dell’intera categoria per cercare di apportare dei correttivi al sistema onde renderlo più equo e giusto nei riguardi di tutti i contribuenti.

Giuseppe Schirosa

Medico di medicina generale
Montalbano Ionico (MT)



Punture - Basterebbe un piccolo ticket
Concordo con il collega Guido Collo (M.D. 2006; 25: 14) sulla opportunità di innescare un serio dibattito sulla “visita domiciliare” e sulla sua gratuità. Modalità che ritengo retaggio dei tempi in cui il Ssn “passava” di tutto e di più. Per esperienza personale posso affermare che le richieste di visita a domicilio non trovano reale giustificazione nell’80% dei casi. Oltre che in Svizzera, Irlanda e Scandinavia (Paesi citati dal collega), anche nella civile Germania nessuno si sogna di richiedere una visita domiciliare per un’influenza o una bronchite. Certamente siamo di fronte a un problema che tocca anche questioni prettamente culturali e di educazione sanitaria.
Al riguardo credo sia esperienza di tutti che molto spesso noi Mmg siamo scelti dai cittadini soprattutto se l’ubicazione del nostro studio è vicina a quella degli assistiti: “così posso andare tutte le volte che voglio, tanto è gratis”.
Tutto questo assomiglia molto a un pacchetto “all inclusive”…

Giorgio Ferraro
AIMEF, Torino