M.D. numero 30, 18 ottobre 2006

Clinica
Sorveglianza attiva per la tubercolosi
di Franco Carnesalli - Medico di medicina generale, Milano, Dipartimento di Pneumologia AIMEF

Nonostante in Italia i dati sulla tubercolosi non siano allarmanti è necessario “non abbassare la guardia”, soprattutto per i flussi costanti di soggetti provenienti da aree dove la malattia è presente in forma endemica

S
econdo le stime dell’Oms la tubercolosi (Tb) contagia ogni anno circa 9 milioni di persone nel mondo e causa circa 1.7 milioni di decessi, nella quasi totalità nei Paesi in via di sviluppo. Circa un terzo della popolazione mondiale è infettata dal batterio della Tb e potrebbe dunque sviluppare la malattia in fasi successive della propria vita. In Europa, la condizione più drammatica è quella che riguarda i Paesi dell’area ex-sovietica, dove il numero complessivo di casi rimane molto alto e dove si assiste a un progressivo aumento delle forme di Tb multiresistente ai farmaci.
In Italia tra il 1995 e il 2004 (dati del Ministero della Salute) l’incidenza della tubercolosi ha registrato un decremento pari a circa il 23%, passando da 10 casi ogni 100mila abitanti (1995) a poco più di 7 casi ogni 100mila abitanti (2004): un dato che pone l’Italia al di sotto del limite che definisce la classificazione di Paese a bassa prevalenza.

I dati del Ministero della Salute
I casi registrati in cittadini non italiani dal 1999 al 2004 hanno rappresentato il 28% del totale di quelli notificati nel nostro Paese. Nel periodo esaminato si è verificato un costante aumento di questa proporzione (dal 22% del 1999 al 39% del 2004), soprattutto nelle classi di età giovani e adulte. Pur esistendo un certo grado di sottonotifica, il profilo epidemiologico della Tb negli stranieri può risultare sovradimensionato, ma soprattutto la distorsione del dato varia tra i diversi gruppi etnici proprio per effetto della proporzione di immigrati non regolari nelle diverse comunità. Oltre a considerare il grado di endemia della tubercolosi nel Paese di provenienza, è importante considerare il periodo di tempo trascorso dalla data di distacco dal Paese di origine: il rischio maggiore di sviluppare la Tb si verifica durante i primi due anni dalla data di immigrazione.

Nonostante i dati epidemiologici la tubercolosi però costituisce tuttora un rilevante problema di sanità pubblica, a causa della maggiore frequenza dei viaggi individuali per turismo o per motivi professionali della popolazione, ma soprattutto per lo spostamento di importanti numeri di individui, spesso in condizioni di clandestinità, residenti in zone ad elevata incidenza di Tb, verso l’Italia.
È necessario perciò un intervento organico di riduzione della diffusione della malattia nella popolazione, attraverso misure di attenta prevenzione e controllo.
Per realizzare tale controllo le principali azioni necessarie sono il trattamento dei pazienti con TBC attiva, l’identificazione dei soggetti a rischio, con contatto potenziale con il bacillo e i portatori di HIV, la vaccinazione dei soggetti a rischio.
La diagnosi tempestiva e il trattamento efficace di tutti i casi, con particolare riguardo alle forme polmonari con esame dell’espettorato positivo per micobatteri tubercolari, sono i cardini fondamentali su cui si basa il controllo della tubercolosi.

Schema terapeutico


Tabella 1 - Terapia classica della Tb
  • Isoniazide
  • Rifampicina
  • Pirazinamide
  • Se resistenza:
    - etambutolo
    - streptomicina

Per un trattamento efficace è indispensabile la prescrizione di uno schema terapeutico corretto (tabella 1), con più farmaci in associazione, per un periodo sufficientemente lungo e alla posologia idonea, valutando le eventuali resistenze.
In popolazioni a bassa probabilità di resistenza all’isoniazide il trattamento iniziale è costituito da tre farmaci: isoniazide, rifampicina, pirazinamide per due mesi.
In caso di sospetta resistenza all’isoniazide è prevista una fase iniziale di due mesi con isoniazide, rifampicina, pirazinamide, etambutolo o streptomicina. Ottenuta la negativizzazione dell’escreato, segue una fase di quattro mesi con isoniazide e rifampicina. In casi particolari è possibile aggiungere un fluorochinolonico, la cicloserina o il PAS (acido p-aminosalicilico).
In caso di fallimento terapeutico, ogni variazione di terapia deve comprendere non meno di due farmaci nuovi nello schema, ma questo livello è sicuramente delegato a un esperto di gestione della tubercolosi multiresistente.

Chemioterapia preventiva e vaccinazione

La chemioterapia preventiva antitubercolare ha l’obiettivo di prevenire la progressione da infezione a malattia tubercolare, attraverso la somministrazione di farmaci antitubercolari per un periodo di tempo definito, indicata per soggetti con condizioni che facilitano la riattivazione dell’infezione tubercolare (diabete, silicosi, immunodepressione, infezione da HIV, ecc.).

Tabella 2 - Rischio di trasmissione
  • Caratteristiche di contagiosità del paziente
  • Ambiente
  • Tipi di contatto
  • Presenza di caverna tubercolare
  • Laringite tubercolare (ormai eccezionale)
  • Intensità e durata della tosse

Il farmaco accettato universalmente per la chemioterapia preventiva è l’isoniazide, alla dose di 5-8 mg/kg/die negli adulti e 8-10 mg/kg/die nei bambini (massimo 300 mg/die) per almeno sei mesi.
La scoperta di un caso di tubercolosi deve condurre a valutare il rischio di trasmissione e i fattori di rischio individuali di tutte le persone che possono essere venute a contatto del paziente (tabella 2).
È importante la capacità del soggetto di produrre gocciole o muco (presenza di micobatteri all’esame microscopico diretto dell’espettorato o lavaggio gastrico o broncoalveolare); in caso di negatività dell’esame diretto e della coltura dell’espettorato, la contagiosità può essere considerata come trascurabile.
La contagiosità diviene in genere nulla dopo meno di due settimane di trattamento efficace e ben condotto. La maggioranza delle trasmissioni avviene infatti prima della diagnosi.
Tutti i contatti devono essere sottoposti a test di intradermoreazione secondo Mantoux con 5 UI.
Nei contatti con cutipositività >5 mm è necessario eseguire la radiografia del torace.
In alcuni soggetti (bambini sotto i 15 anni, anziani e immunodepressi) è opportuno eseguire la radiografia del torace indipendentemente dal risultato.
Se la radiografia è positiva occorre proseguire l’iter diagnostico e iniziare tempestivamente la terapia, se negativa è utile la chemioterapia preventiva, salvo che nei vaccinati.
Se la positività è <5 mm, è utile ripetere l’intradermoreazione a distanza di due mesi.
Nei soggetti a rischio è utile la chemioprofilassi. Se il controllo è ancora negativo, è necessario eseguire la vaccinazione.
La vaccinazione antitubercolare con BCG è obbligatoria per le categorie individuate dalla legge n. 1088/70, ma nell’attuale situazione epidemiologica l’indicazione potrebbe essere limitata:
l ai neonati con tubercolina negativa;
l giovani <15 anni con tubercolina negativa a contatto con soggetti infetti o a rischio;
l soggetti provenienti da Paesi con alta endemia e quelli che difficilmente parteciperebbero alle campagne di controllo;
l lavoratori che svolgono la loro professione in ambienti ad alto rischio (soprattutto se in presenza di ceppi multiresistenti).
La vaccinazione è ritenuta utile anche per il personale sanitario, studenti in medicina, allievi infermieri e chiunque, a qualunque titolo, con test tubercolinico negativo, operi esclusivamente in ambienti ad alto rischio di esposizione a ceppi multifarmacoresistenti o in ambienti ad alto rischio di tubercolosi e che presenti controindicazioni alla terapia preventiva, per cui non possa essere sottoposto a chemioprofilassi.