M.D. numero 30, 18 ottobre 2006

Riflettori
Ossigenoterapia: attenti alle prescrizioni
di Marcello Pugliese - Medico di medicina generale, Donnici Inferiore (CS)

Al puzzle degli Accordi integrativi regionali si aggiunge il tassello della Calabria. Sul Bollettino ufficiale della Regione è stato infatti pubblicato a metà settembre l’accordo siglato in cui spiccano le novità della definizione degli standard di studio e soprattutto l’ampio capitolo sulle strategie da adottare nel campo dell’appropriatezza, in cui i Mmg avranno un ruolo attivo

L
e frequenti contestazioni nella prescrizione dell’ossigenoterapia imputate ai Mmg nascono dalla contestazione del personale ASL che solo l’ossigeno liquido è rimborsabile per terapie di lunga durata, mentre l’ossigeno gassoso può essere utilizzato solo per episodi acuti o terapie occasionali. Ma il medico di famiglia, nella sua attività di “ricettificio”, troppo spesso è solito trovarsi nell’incombenza di dover trascrivere terapie a lungo termineno impostate da specialisti pneumologi che contemplano l’utilizzo di ossigeno gassoso. Tutto ciò provoca incomprensioni tra Mmg e specialista pneumologo e aumenta il contenzioso con i propri assistiti. Il Mmg rischia anche in questo caso di diventare il capro espiatorio di vicende legate a sprechi e di essere chiamato per primo e in prima persona a risarcire danni veri o presunti alle casse dello Stato. È pertanto il caso di vigilare attentamente e di fare un po’ di chiarezza sul problema.

Indicazioni della ossigenoterapia


L’ossigenoterapia, nell’accezione generale, consiste nella somministrazione continuativa di una supplementazione di ossigeno in quantità adeguata a fare tornare i valori di ossiemia entro i limiti della norma in tutte quelle situazioni in cui si verifichi, per patologie acute o croniche, una severa riduzione della saturazione in ossigeno del sangue arterioso oppure una grave alterazione degli scambi gassosi tali da determinare ipossiemia tissutale, definita come una riduzione della pressione parziale di ossigeno al di sotto dei 60 mmHg.
Nessun problema prescrittivo o clinico si pone nei casi di ipossia dismetabolica, quale si verifica per esempio nella intossicazione da monossido di carbonio con conseguente incapacità delle cellule ad utilizzare l’ossigeno, oppure nei casi di ipossia determinata da gravi riduzioni del flusso ematico ai tessuti quali quelle provocate da processi tromboembolici, shock cardiogeno, scompenso cardiaco.
Al contrario, serie perplessità e rischi concreti di richieste di rimborso da parte delle ASL per inappropriatezza prescrittiva possono derivare da prescrizione di ossigenoterapia a lungo termine (OLT), ove lungo termine di solito sta a significare “per tutta la vita” anche se con frequenza variabile in pazienti affetti da bpco o da enfisema polmonare. Pazienti spesso seguiti da più pneumologi, il cui trattamento mira a correggere l’ipossiemia per migliorare durata e qualità della vita prevenendo i danni tissutali. Ma visti i costi elevati dell’ossigenoterapia per il Ssn, è necessario un attento e periodico monitoraggio del paziente e da parte del Mmg una attenta vigilanza per evitare di essere additato come il responsabile di prescrizioni o trascrizioni di terapie non corrette nella forma e nella sostanza.

Identikit dei pazienti


I pazienti candidati alla ossigenoterapia a lungo termine si possono suddividere in due grandi gruppi: quelli con ipossiemia continua e stabile e quelli con ipossiemia intermittente.
La fonte più comune di ossigeno è quella fornita dalle tradizionali bombole di gas compresso, di solito con capacità compresa tra 3.000 e 9.000 litri (ma esistono anche bombole portatili di capienza dai 500 ai 1.400 litri, da indossare in ambito extradomiciliare) e con una concentrazione di ossigeno prossima al 99% in assenza di impurità, che, con la loro capienza limitata, sono utilizzate per terapie a breve termine non essendo compatibili con un adeguato programma terapeutico e riabilitativo.
Molto più pratici e utilizzati sono invece i contenitori di ossigeno liquido grazie al peso e alle dimensioni, alla possibilità di permettere attività extradomiciliari mediante l’uso di svariati sistemi portatili facilmente ricaricabili e alla maggiore sicurezza. Il rischio di esplosione per i contenitori di ossigeno liquido è molto più basso rispetto a quello delle bombole di ossigeno gassoso, nelle quali vige una pressione circa 100 volte superiore.
La prescrizione di ossigeno gassoso per le urgenze, per i malati terminali o per altri pazienti che necessitano di ossigenoterapia, ma che non rientrano nei criteri per l’ossigenoterapia a lungo termine, può essere fatta da qualsiasi Mmg, mentre la fornitura da parte del Ssn di ossigeno liquido avviene a seguito di prescrizione di uno pneumologo operante presso una struttura pubblica accreditata dalla Regione e con la stesura di un vero e proprio piano terapeutico.

Diverso sistema prescrittivo


Il diverso sistema prescrittivo deve necessariamente interessare il Mmg anche in virtù dei costi nettamente differenti: per un flusso di circa 2,5 litri al minuto, un paziente che consumi 1.500 litri di ossigeno gassoso al giorno fa spendere al Ssn circa 15 euro, mentre se utilizza ossigeno liquido con le stesse modalità costa al Ssn circa 3 euro.
Il percorso sembrerebbe lineare ma, purtroppo, è esperienza comune per i Mmg la constatazione della variabilità e della discrezionalità che si riscontra nelle terapie che pervengono da parte degli pneumologi e capita spesso di ricevere da pneumologi di strutture pubbliche formulazioni di terapie con ossigeno gassoso senza un preciso termine di tempo e senza la stesura di un adeguato programma terapeutico e riabilitativo, impedendo così al Mmg la corretta gestione delle prescrizioni non essendo possibile calcolare le quantità di ossigeno consumate. Tale tipo di prescrizioni approssimative, inoltre, espone il paziente ai rari, ma possibili, effetti collaterali della ossigenoterapia, che sono dose-dipendenti e correlati sia alla pressione parziale di ossigeno inalata sia alla durata dell’esposizione; i danni principali causati dalla ossigenoterapia sono dovuti alla aumentata formazione di radicali liberi dell’ossigeno, quali l’anione superossido, il perossido di idrogeno e l’idrossile che, normalmente antagonizzati da enzimi quali la superossido dismutasi e la catalasi, in caso di iperossia sono prodotti in quantità tale da determinare danno tissutale.
Visto il rischio di contestazioni per inappropriatezza prescrittiva che aleggia sul Mmg è preferibile che, a parte i casi di urgenze o per i malati terminali, il trattamento venga iniziato dallo specialista pneumologo o specialista in fisiopatologia respiratoria e che la prescrizione della OLT includa sempre la fonte di ossigeno supplementare (gassoso o liquido), il metodo di rilascio, la durata di utilizzo e il flusso a riposo, durante l’esercizio e durante il sonno, in modo che il Mmg, che deve rilasciare le prescrizioni successive, possa agevolmente controllare la corretta aderenza alla terapia ed evitare sprechi e prescrizioni improprie.
Sarebbe inoltre auspicabile che una chiara normativa stabilisca le modalità di utilizzo anche per l’ossigeno gassoso nella OLT, magari obbligando gli pneumologi alla stesura di un piano terapeutico analogamente a quanto avviene per l’ossigeno liquido.
Il monitoraggio clinico del paziente in tale regime è, ovviamente, essenziale per ottenere lo scopo terapeutico prefissato, rivalutare eventualmente le stesse indicazioni alla terapia e valutare la compliance del paziente e l’efficacia della terapia. Altrettanto importante, se non di più, è la diagnostica strumentale che, soprattutto con l’emogasanalisi arteriosa, permette di valutare la persistenza dei criteri di indicazione alla prescrizione e l’adeguatezza del flusso prescritto qualora si documenti un aumento della PaO2 oltre i 60 mmHg.