M.D. numero 31, 25 ottobre 2006

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Super Size Me: il decadimento alimentare della società moderna
di Cesare Tosetti e Andrea Cenni - Medici di medicina generale, Porretta Terme (BO)

Nel documentario “Super Size Me” il protagonista si alimenta per un mese esclusivamente nei fast-food, con risultati devastanti sulla sua salute. Il film non è solo un j’accuse verso l’industria, ma coglie il cuore del problema: la pessima educazione alimentare, che non interessa solo gli States, ma dilaga anche nel nostro Paese

I
l film-documentario “Super SizeMe”, prodotto e diretto dal newyorkese Morgan Spurlock, vincitore di diversi premi, racconta un mese di vita del regista, vissuto alimentandosi esclusivamente con i menù della più nota catena di fast-food del mondo.
Lo spunto per il film nasce da una sentenza di un tribunale che ha ritenuto di non potere accogliere il nesso di causalità tra sovra-alimentazione da fast-food e danno alla salute finché non si fosse dimostrato che mangiando esclusivamente certi cibi per un periodo non inferiore ad alcune settimane fossero evidenti alterazioni biologiche.
Mr Spurlock non ha perso l’occasione: dopo avere eseguito gli accertamenti sotto la consulenza di un medico generico, un cardiologo e un nutrizionista per dimostrare le perfette condizioni cliniche di partenza, ha iniziato la sua “maratona alimentare” alle 8.00 di un imprecisato mattino. Da quel giorno ha proseguito il lavoro al ritmo di bevande gassate, patatine fritte e panini giganteschi, sotto gli occhi della telecamera, che ha ripreso l’intera evoluzione dell’incredibile esperimento.
Si può così assistere alla crisi gastrica del terzo giorno, all’adattamento successivo, fino all’assuefazione e quasi alla dipendenza, in quanto il protagonista finiva col dichiarare di sentire un bisogno di introdurre quel tipo di cibo, una sensazione non riconducibile al senso di fame. L’epilogo potrebbe essere scontato: in un mese di impegno il guadagno ponderale è stato di circa 10 kg, con un raddoppio dei livelli di colesterolo e trigliceridi, nonché degli indizi di sofferenza epatica.
Per rientrare in peso forma il regista-cavia ha impiegato un anno di dieta ed esercizio fisico, a conferma che per ripianare i danni alimentari indotti in un breve lasso di tempo occorrono sacrifici lunghissimi.
Due sono gli aspetti di maggiore interesse di questa pazzia cinematografica: il viaggio nelle mense scolastiche e l’enfasi sulle dimensioni dei piatti. Il regista ha viaggiato negli States facendo visita ai modelli di refezione scolastica. L’immagine è sconvolgente: le mense sono dominate dai distributori automatici, forniscono cibo di qualità inenarrabile e per trovare una scuola che offra frutta fresca e verdura ha dovuto visitare un istituto del Michigan per studenti con deficit psicologici.
Se è evidente che questo tipo di alimentazione è governata dall’alto concentrato calorico prodotto con materiale di qualità dubbia, quello che sbalordisce è la corsa alle dimensioni esagerate dei piatti. Si sa che gli Stati Uniti hanno fatto del “gigantesco” un’immagine di richiamo e di dominanza. Nel corso degli anni la concorrenza tra gli operatori ha prodotto un’offerta proiettata verso il ribasso dei prezzi, ma anche un aumento della grandezza dei prodotti: il Super Size Menu è formato da una montagna di carne, una cascata di patatine fritte e circa due litri di bevanda gassata.

Rendere consapevoli i cittadini


Tutto questo cosa c’entra con il nostro Paese? Per un effetto traino stiamo cominciando anche noi a manifestare segni della spaventosa epidemia di over-size che sta dilagando negli States. Quasi la metà degli italiani è in soprappeso e l’obesità sfora il 20% e i pediatri lanciano l’allarme.
Non tutta la colpa può però ricadere su fast-food o merendine. Certamente i richiami pubblicitari sono accattivanti, tuttavia l’interesse per il cibo e in particolare per il cibo ipercalorico e quantitativo si spalma ad ogni età.
Sappiamo che il ridotto regime di esercizio fisico cui siamo sottoposti dovrebbe indurre a una riduzione dell’introito calorico. Tuttavia continuiamo a non renderci conto di quanto mangiamo e crediamo di mangiare poco.
Un recente studio (Wansick B et al. Annals of Internal Medicine 2006; 145: 326-32) ha dimostrato come le persone in soprappeso tendano a sottostimare l’apporto calorico soprattutto dei piatti di grandi dimensioni. L’impegno con i nostri pazienti è renderli consapevoli che non è facile valutare la propria dieta senza l’ausilio di un programma specifico. È dimostrato come smettendo di pesare le portare si tenda a sottostimarne la quantità in pochi giorni, ed è quello che spesso capita a chi crede di aver capito tramite qualche programma televisivo come costruire la propria alimentazione. Il gravoso impegno di re-introdurre verdura, frutta e legumi nell’alimentazione deve partire a livello scolastico, perché ormai le generazioni di mezzo hanno definitivamente ritenuto che la dieta mediterranea sia basata su grandi piatti di pastasciutta. Ben condita.
NB: l’uscita del documentario è coincisa con la sospensione del Super Size Menu.
Gli spaghetti alla bolognese, che fanno parte di ogni catena di ristorazione veloce in ogni parte del mondo, magari serviti con un paio di meat-balls e molte patatine fritte, a Bologna non esistono e non sono mai esistiti.