M.D. numero 31, 25 ottobre 2006

Editoriale
Le due anime della medicina di famiglia


Una disfida vecchio stile, tra quelli che l’immaginario consolidato intorno alla medicina di famiglia potrebbe definire, con una certa ironia, il “sindacalista” e il “professorino”. La metafora è di Mario Falconi che nella sua relazione al Congresso che l’ha detronizzato dalla rappresentanza Fimmg, ha disegnato un’istantanea della dialettica all’interno della professione. Al centro del quadretto due protagonisti, che tradotti in figure simboliche potremmo raffigurare come il “sindacalista puro”, che spesso si è sentito oppure è stato definito come “medico di serie B” rispetto ai cultori della didattica e della ricerca, e una figura più legata alla teoria della professione, che può correre il rischio di ritenere che una volta “pensate”, le soluzioni eccellenti proposte dai membri di una società scientifica possano e debbano essere accolte da tutti gli attori presenti al tavolo delle trattative e facilmente trasferite nelle Convenzioni.
Ma la realtà è un’altra, e Giacomo Milillo, il nuovo segretario Fimmg, è chiamato a farci i conti fin da subito. La politica, cui Falconi è stato particolarmente vocato, è stata lenta a recepire le contraddizioni che i Mmg hanno messo in campo. Solo dopo dieci anni essa ha realizzato che è il medico di medicina generale a dover essere al centro del sistema, anche se una disciplina in medicina di famiglia non c’è, non c’è una prospettiva di carriera chiara nelle sedi del Ssn e la maggior parte delle Regioni non ha ancora chiuso gli accordi integrativi, mettendo mano con investimenti e interventi alla riorganizzazione del territorio.
La sfida che li ha contrapposti, quindi, è stata anche un confronto tra due anime della medicina di famiglia che si sono dispiegate, pagando anche a caro prezzo il peso delle rispettive specificità. è il risultato delle tensioni e delle frustrazioni degli ultimi anni, soprattutto provocate da quell’immaginare e spingere verso l’innovazione del sistema rimanendo il Mmg a tutti gli effetti l’unico libero professionista in una rete di servizi che tende sempre di più ad assumere su di sé modelli organizzativi complessi, completi di mura e tetti ben consolidati.
L’istituzione, in questo, sta a guardare: si avvantaggia della creatività e dell’innovazione che sale dal basso, ci scommette, in alcuni territori, con un occhio ben fisso al portafogli e la possibilità, in ogni momento,
di invocare la libera iniziativa dei liberi professionisti come alibi per rimanere sempre un passo indietro. In primo piano e ben visibile, tra cittadini e sistema, resta sempre il medico di famiglia che forse dopo aver scommesso per tanti anni su politica e visibilità sceglie di cambiare rotta e ricominciare dal proprio specifico, con il pensiero,
con il sindacato, con la rappresentanza. Una nuova stagione che, a nostro avviso, cambierà assetti, equilibri e rendite di posizione.
Non ci resta che augurare a tutti buon lavoro.