M.D. numero 31, 25 ottobre 2006

Focus on
59° Congresso Fimmg: la svolta
di Anna Sgritto e Monica Di Sisto

Una rivoluzione copernicana, così si potrebbe definire quanto accaduto nell’ultimo congresso della Fimmg a Villasimius (CA). Una sterzata che, oltre al rinnovo dei vertici, mostra i sintomi di una tensione generale nella categoria. Con l’elezione a segretario nazionale di Giacomo Milillo, già presidente della Fimmg Piemonte e vice segretario nazionale vicario, è come se prendesse corpo l’esigenza della medicina generale di ‘serrare i ranghi’ e di ripartire dal proprio profilo, anche di manager, ma più organico al servizio sanitario nazionale, con un ripiegamento interno, a fronte degli scarsi risultati concreti ottenuti finora sul fronte della contrattazione nazionale e di quella decentrata.

Il più ‘politico’ dei sindacalisti di categoria, Mario Falconi, dopo circa 10 anni di mandato, ha dovuto cedere il passo battuto da un’idea di medicina generale (MG) in cui il profilo pubblico sembra dovere passare in secondo piano. Prima di tutto, sopra ogni cosa è il modello di medicina di famiglia che si vuole realizzare a dovere essere protagonista. È stata questa l’idea forte che ha caratterizzato l’intervento di Giacomo Milillo e che si è mostrata vincente con la sua elezione a nuovo segretario Fimmg.
La Fimmg, raccontata da Giacomo Milillo nella relazione che ha tirato la volata alla sua vittoria, è per sua definizione forte nell’immagine, efficace negli annunci, troppo caratterizzata dalla personalità del suo capo, dal suo vissuto contingente e, inevitabilmente, dalle sue esigenze. Un sindacato certamente più presente che in passato sul palcoscenico dei media, ma che alla resa dei conti, secondo Milillo, non ha ottenuto risultati commisurati al suo progresso di immagine. La crisi della Fimmg assume connotazioni più ampie che si identificano quindi con quelle che attualmente vive la medicina generale. Più propriamente con una serie significativa di insuccessi della mission sindacale che: “Non ha arrestato l’emarginazione della medicina generale - ha sottolineato Milillo - la posizione negli Ordini e nella FNOMCeO è stata sempre e improduttivamente conflittuale finendo per indebolirci. I rapporti con le altre organizzazioni sindacali e con le diverse istituzioni del Ssn sono stati di breve durata e alternanti”.

Cronaca di un cambiamento
I rappresentanti degli oltre 35 mila iscritti della Fimmg al 59° congresso nazionale hanno scelto come nuovo segretario Giacomo Milillo, 52 anni, segretario della sezione di Torino e già vice dell’uscente Mario Falconi. Un risultato inatteso, che Milillo ha colto con un ampio scarto di voti che ha lasciato sorpresi gli stessi delegati Fimmg.
Un avvicendamento che, però, ha alla base un “patto d’onore” tra i due contendenti, che prima di conoscere il responso delle urne avevano condiviso nottetempo alcuni obiettivi primari per ricompattare il sindacato, “superando le frizioni e i contrasti emersi negli ultimi mesi”.
Secondo l’accordo, una modifica di statuto dovrà prevedere “il bilanciamento e la ridistribuzione dei poteri del Presidente nazionale e del Segretario generale nazionale” nonché “l’elezione diretta da parte del Congresso nazionale di tutti i singoli membri dell’esecutivo nazionale”. Entro 6 mesi il neo eletto presidente Mario Stella, attuale segretario regionale Fimmg Emilia Romagna, dovrà convocare un “Congresso nazionale straordinario per l’approvazione del nuovo Statuto Fimmg contenente le due modifiche di cui sopra”, riconvocando neo elezioni perché i nuovi protagonisti siano espressione e garanzia delle nuove regole deliberate. Un segretario “a tempo”, dunque quello uscito da Villasimius, testimone, forse, della più grande svolta sindacale della medicina generale negli ultimi anni.

La Fimmg vista da Roma e dunque dal segretario uscente Mario Falconi, invece recupera un’immagine antica: “All’interno delle fabbriche e degli edifici pubblici, nelle strade e sulle facciate delle case nell’epoca fascista comparvero manifesti con la scritta: “Qui non si parla di politica, si lavora!” - ha ricordato Falconi - sottolineando al contrario una forte esigenza di confronto pubblico con la politica senza la quale gli impianti teorici rischiano di restare ancor di più lettera morta.
A rafforzare questa sua visione, l’esempio di quanto dichiarato dal ministro della Salute Livia Turco nel consesso congressuale sull’esigenza di riconvertire la spesa sanitaria a favore del territorio. Propositi, lodevoli e condivisibili, intesi a “rivalutare” le Cure Primarie e la medicina generale, ma che secondo l’ex segretario postulano comunque l’esigenza di stabilire un confronto aperto e costruttivo del sindacato, con il Parlamento, il Governo, le Regioni, le Province, i Comuni e tutti i partiti. Un dialogo con la politica, ha ricordato il segretario uscente “cui la Fimmg non si è mai sottratta, anche se le promesse spesso non sono state mantenute”.

La crisi della medicina generale


Voci dal congresso
Ottimismo, impazienza nell’entrare nella Casa della salute, convinzione in un futuro fatto di professionalità. È il tenore delle “voci” raccolte tra i delegati al 59° Congresso nazionale Fimmg. “L’associazionismo, in rete o in gruppo, confermerà la nostra essenzialità nelle cure primarie - ha detto Rosalbino Cerra, di Cosenza. Occorrerà trovare i sistemi, magari telematici, per cui anche i Mmg che operano in piccoli centri possano essere collegati con il Distretto o con la Casa Salute. Casa che io vedo non come un luogo fisico, ma come una rete diffusa sul territorio”. Quintilio Facchini, segretario provinciale di Latina, dopo avere ascoltato Livia Turco e il coordinatore degli assessori regionali, Enrico Rossi, si è dichiarato ottimista sul futuro dei Mmg.
Salvatore Gamboni, di Sant’Antioco (Cagliari), si è detto convinto che “i politici hanno bisogno dei Mmg e non solo per risparmiare, ma anche per rispondere al bisogno di salute dei cittadini”.
Secondo Rosario Magazzù, segretario regionale del Friuli Venezia Giulia, la nuova convenzione dovrà confermare la centralità del Mmg nel Ssn. Bisogna quindi creare i Dipartimenti delle cure primarie in sede ministeriale, regionale e di Asl, dotandoli di risorse e strutture.
“Sono Mmg da 7 anni - ha aggiunto Serafina Mastroianni, di Ariccia (Roma) - e ne sono felice. Sono poche le donne nel sindacato, ma da qualche anno all’università siamo più degli uomini. Mi sono iscritta alla Fimmg per tutelarmi. Se ci sono vincoli, però, occorre rispettarli anche se non è bello vedersi arrivare la Guardia di Finanza in studio”.

Secondo la dettagliata analisi di Giacomo Milillo, essere liberi professionisti convenzionati in un’organizzazione programmata, governata e gestita da dipendenti, è stato ed è uno dei principali handicap della medicina generale. L’altro elemento fondamentale che ha danneggiato nel tempo i Mmg è stato quello di avere una retribuzione fondata solo sulla quota capitaria, senza avere occasioni credibili di investimento in fattori di produzione. Così, mentre tutti i finanziamenti disponibili erano dirottati dalla dipendenza nelle attività della dipendenza, i Mmg restavano indietro sul piano organizzativo, dello sviluppo delle competenze specifiche e della capacità di erogare direttamente prestazioni, tutti concentrati a conquistare e conservare il maggiore numero possibile di assistiti, coltivando isolamento e autoreferenzialità.
Ma il punto sicuramente non trascurabile e da non sottovalutare rispetto a tutti i complessi e condivisibili impianti teorici secondo quanto evidenziato da Falconi, è che nel Ssn bisogna chiudere la crepa tra chi chiede aiuto (gli assistiti) e chi è predisposto a darlo (i Mmg), ma questo non è possibile se il paziente percepisce la solitudine del medico che alla fine rappresenta solo se stesso. Il Mmg, infatti, “entra in conflitto con l’azienda stessa che lui, nei fatti, dovrebbe rappresentare verso il cittadino. Come posso dare il meglio della mia professionalità - si è chiesto ancora Falconi - se l’Asl mi valuta in merito al quantum prescrittivo, alla burocrazia e non sulla qualità delle mie prestazioni professionali e sugli esiti?”.

La seduzione dell’organizzazione


“50mila studi di Mmg sul territorio sono una risorsa imprescindibile, una rete cui si possono affiancare altre risorse come le Case della salute, le Utap, ma che non si può sostituire”. La convinzione di Mario Falconi cozza però con la seduzione del gruppo o dell’associazione, dove “fermo restando la lista di assistiti di ciascun medico a tutela del rapporto di fiducia - ha precisato Giacomo Milillo nel suo intervento - devono potersi sviluppare responsabilità (informative, cliniche, organizzative e di gestione del personale, economiche, ecc.) quali contributi individuali alle complesse esigenze dell’esercizio moderno della nostra professione”.
Che ciò possa avvenire attraverso forme associative, società fra professionisti, cooperative o altro, resta da vedere. Ma Milillo propone di guardare più da vicino “l’opportunità che si presenta in alcune Regioni di utilizzare anche le cooperative”, e comunque di “creare le condizioni perché le caratteristiche individuali di ciascuno diventino complementari nell’ambito di una definita pratica medica”. Un Mmg sempre più “manager”, se vuole, ma anche imprenditore di se stesso e della propria professione.

Verso un ruolo unico?


Il ‘venticello’ di novità aveva cominciato a spirare già dal recente convegno sulle cure primarie organizzato da CUMI-AISS a Milano: “è da riformare - aveva insinuato il segretario dell’organizzazione Salvo Calì - l’accesso all’attività professionale, prevedendo un ruolo unico per il medico di famiglia e superando le graduatorie separate”. A Villasimius Giacomo Milillo ha rilanciato con una proposta ben più declinata: “Pur conservando la condizione di liberi professionisti - ha spiegato il neo segretario - uno dei traguardi da conseguire è la costituzione dell’area professionale omogenea della medicina generale in cui devono essere compresi i tre attuali settori: Assistenza primaria, Continuità assistenziale e Dirigenza territoriale”. L’ingresso in tale area “dovrebbe avvenire una sola volta nella vita - ha chiarito - dopo di che l’accesso alle diverse funzioni dovrebbe essere regolamentato dalla Convenzione nazionale sulla base della vocazione individuale e di specifici requisiti (anzianità e titoli di servizio, curriculum formativo, carenze, ecc.)”. Sempre nell’ambito dell’area della medicina generale dovrebbe essere maturato l’accesso alle attività di formatori, di ricercatori, di componenti UCAD (Ufficio di coordinamento delle attività distrettuali), di direttori di distretto, di direttore di dipartimento, di componente di staff della direzione generale, restando “comunque nella condizione di Mmg libero professionista convenzionato - ha specificato però Milillo - retribuito a tariffa oraria o capitaria, a seconda delle funzioni che svolge e con garanzie per il rientro nell’attività professionale a condizioni quo ante per gli incarichi con mandato a termine”. All’apice della carriera interna il Mmg dovrebbe potere maturare anche il diritto a ricoprire, previa specifica formazione prevista dalla legge, l’incarico di direttore generale. Obiettivo arduo però se, come ha ricordato Falconi, “nessuno si chiede dove siano i Dipartimenti di Medicina di Famiglia”.


Il travaglio della formazione


Il rebus della formazione ha afflitto tutti i partecipanti alla convention Fimmg di Villasimius, a cominciare da Livia Turco, che ha annunciato di non potere essere più rinviabile “un confronto congiunto sul tema con il ministro della Ricerca Scientifica Fabio Mussi”. Riflessione che non potrà non tenere conto dell’opinione condivisa delle Regioni, rappresentate al congresso Fimmg dal coordinatore degli assessori alla Salute Enrico Rossi che vede, però, la formazione della MG come “disciplina specifica e pubblica, affiancata dal privato, ma non egemonizzata, perché chi ha in mano la formazione orienta di fatto il sistema”.
Ben sedici anni sono trascorsi da quel 1990, quando, ha ricordato nella sua relazione introduttiva Mario Falconi, “convinti della necessità di uno sviluppo accademico “specialistico” della nostra disciplina, fu organizzato un convegno per promuovere l’istituzione nelle Facoltà di Medicina di un Dipartimento di medicina generale, gestito dai medici di famiglia (in analogia con quello che era accaduto in altri Paesi d’Europa), ma l’iniziativa naufragò per la fiera opposizione dei Presidi di Facoltà e dei Senati Accademici”.
L’importanza di un iter formativo dello studente italiano in Medicina Generale è stata sancita dal suo inserimento nel 2001 tra le discipline del tirocinio obbligatorio post-laurea e dalla modifica nel 2003 delle modalità per lo svolgimento dell’esame per l’abilitazione alla professione che fa seguito al tirocinio pratico di tre mesi, di cui uno presso lo studio di un Mmg convenzionato con il Ssn.
Al tirocinio professionalizzante post-laurea fa seguito il Corso specifico in medicina generale (DL n. 256/1991), della durata di 3 anni, per coloro che, volendo intraprendere la professione di medico di famiglia, debbono ottenere “l’attestato” di idoneità per essere abilitati all’esercizio della medicina generale in tutti i paesi della Comunità Europea. Ma, ha avuto modo di ricordare Falconi, “è facile constatare che in generale, eccettuate situazioni nelle quali i Mmg che insegnano sono gli stessi, non vi è un soddisfacente coordinamento di metodi e contenuti tra il tirocinio professionalizzante universitario e la formazione specifica, anche se esistono differenze rilevanti tra le varie Regioni”. Di fatto, l’attuale situazione ha contribuito a ritardare involontariamente l’istituzione di una laurea in medicina generale gestita da Mmg.
Una critica è stata pronunciata nei confronti del ruolo avuto dalle società scientifiche nella formazione così come è stata realizzata fin ora. Secondo Falconi “le società scientifiche della medicina generale, espressione di un’élite di iscritti, compiaciuti e gratificati dal livello di conoscenze teoriche raggiunto, sono divenute sempre più autoreferenziali e, per sfuggire alla paralisi operativa, non hanno trovato altra soluzione che quella di offrirsi come agenzie d’intermediazione tra medici e industria, e/o di affiancarsi alle società scientifiche specialistiche e/o di mettere a disposizione di importanti Istituti di ricerca, o delle Università, le competenze dei loro iscritti, o la gratificazione di vedere pubblicati alcuni loro lavori su prestigiose riviste internazionali”.

Un nuovo profilo


Secondo Giacomo Milillo, l’evoluzione del profilo formativo del Mmg ha bisogno di una svolta decisa. “A noi non interessa però essere definiti specialisti nell’accezione comune del termine - chiarisce Milillo - perché potremmo essere confusi. Noi siamo più che specialisti: siamo medici di medicina generale. Per questo nessuno, tranne chi esercita e studia questa professione, può concretamente pensare di insegnarla. Rivendichiamo il diritto di insegnare la medicina generale durante il corso di laurea sia dalla cattedra sia con la frequenza nei nostri studi”. Nella prospettiva della costruzione di un “profilo unico” e di una prospettiva di carriera anche per il Mmg, Milillo crede che “nel percorso formativo professionalizzante debba essere dedicato uno spazio alla continuità assistenziale e alla dirigenza territoriale, perché è impossibile accettare che un professionista possa accedere a funzioni così delicate senza la dovuta formazione specifica”.
Una formazione che, però, anch’essa necessita di essere più “istituzionalizzata”. Secondo Milillo il corso triennale di formazione specifica non dovrebbe essere affidato all’Università, ma alla Conferenza delle Regioni: “soggetti istituzionali interessati alla corretta e adeguata formazione dei professionisti che operano nei loro servizi, di assumere un ruolo di primo piano in questo importante processo per garantirne coerenza ed efficienza”.