M.D. numero 31, 25 ottobre 2006

Rassegna
Malattie cardiovascolari e attività del medico di famiglia - di Vincenzo Contursi - Medico di medicina generale, Bari, Responsabile Nazionale Dipartimento di Cardiologia AIMEF

L’incremento mondiale delle patologie cardiovascolari fa sì che si possano considerare come un’epidemia di malattie non trasmissibili. Nella specificità della medicina generale, la prevenzione e la conseguente
“educazione terapeutica del paziente” rappresentano il compito di maggior impegno


N
el
1993 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in collaborazione con l’Harvard School of Public Health e la World Bank, ha dato avvio al “Global Burden of Disease (GBD) Project - A Comprehensive Assessment of Mortality and Disability from Disease, Injuries and Risk Factors in 1990 and Projected to 2020”, con l’obiettivo di quantificare il peso globale nel mondo della mortalità prematura e della disabilità, analizzare il contributo a tale carico di fattori di rischio selezionati e sviluppare possibili scenari, in proiezione, del peso della malattia nei prossimi trent’anni.
Unità di misura introdotta dal Global Burden of Disease per quantificare il carico della malattia è il DALY - disability-adjusted life-year (anno di vita corretto per disabilità). In pratica questo nuovo parametro sanitario misura, sommandoli, gli anni potenziali di vita perduti a causa della morte prematura e gli anni di vita “in salute” perduti in uno stato di salute non buona1-2.

Paesi in via di sviluppo


Il progetto ha già generato la serie più completa di stime della morbilità e mortalità causate da varie condizioni patologiche in base a età, sesso, posizione geografica e condizioni di sviluppo calcolato sulla base degli indici di mortalità infantile e adulta.
L’OMS, nel pubblicare i dati sanitari emersi dal progetto, ha da un lato confermato che le malattie cardiovascolari (MCV) su base aterosclerotica sono la principale causa di morte e invalidità nei Paesi sviluppati, ma ha anche evidenziato come nei Paesi in via di sviluppo ci si trovi nel mezzo di una vera epidemia globale di malattie cardiovascolari3-5.
In effetti le MCV sono la prima causa di morte in tutte le regioni del pianeta e l’80% di esse di verifica nei Paesi in via di sviluppo. Unica eccezione è rappresentata dall’Africa sub-sahariana, nella quale la causa principale dei decessi è ancora rappresentata dalle malattie infettive, ma si prevede che anche qui, entro qualche anno, le MCV diverranno la prima causa di morte.
Questo fenomeno è la conseguenza di un processo di “transizione epidemiologica”, caratterizzato da una progressiva deviazione da una prevalenza di deficit nutritivi e malattie infettive verso malattie di tipo cronico-degenerativo. La differenza fondamentale è che nei Paesi industrializzati tale fenomeno si è realizzato lentamente negli ultimi due secoli, soprattutto in conseguenza di una “transizione demografica”, con calo della natività e miglioramento delle aspettative di vita. Nei Paesi in via di sviluppo il processo riguarda gli ultimi quattro decenni, periodo in cui i rapidi fenomeni di industrializzazione, urbanizzazione, sviluppo economico, globalizzazione del mercato e deviazione dei modelli nutrizionali sta portando a un rapido incremento di prevalenza di diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemie. Tutto ciò, associato alle precarie condizioni socio-economiche, culturali e sanitarie di queste aree, rende ragione dell’incremento esponenziale dell’incidenza della morbilità e mortalità cardiovascolare. In sostanza, benché incluse nella categoria delle malattie non trasmissibili, le MCV possono essere considerate “malattie comunicate”, diffuse dalla forza della globalizzazione.
Nel 2001, in termini di morbilità e mortalità, le MCV sono state responsabili nel mondo di 145 milioni di DALY (1 DALY: 1 anno di vita perduto in salute) e di queste l’86% riguardava i Paesi in via di sviluppo.
Le proiezioni dell’OMS indicano che in questi Paesi persisterà e si accentuerà ulteriormente un pattern di mortalità prematura da MCV, con un aumento della mortalità coronarica stimata, tra il 1990 e il 2020, del 120% nelle donne e del 137% negli uomini, e un aumento della mortalità cerebrovascolare del 124% nelle donne e del 107% negli uomini.

Paesi sviluppati


Per quanto riguarda i Paesi sviluppati, a fronte di una generale tendenza alla riduzione e/o stabilizzazione dell’incidenza di nuovi eventi cardiovascolari, si assiste a un aumento della loro prevalenza e della mortalità cardiovascolare, in funzione di un miglioramento dell’aspettativa globale di vita, con conseguente aumento dell’età media della popolazione, e a una migliorata sopravvivenza dei pazienti affetti da MCV.
Si prevede quindi, in proiezione 2020, un aumento della mortalità coronarica del 29% nelle donne e del 48% negli uomini, e un aumento della mortalità cerebrovascolare del 56% nelle donne e del 28% negli uomini.
Questo scenario generale giustifica ampiamente gli sforzi che la comunità scientifica internazionale sta conducendo per combattere e contenere quella che viene considerata la prima epidemia di malattie non trasmissibili.

Situazione italiana


Prevalenza

Secondo stime dell’Istituto Superiore di Sanità, all’inizio del 2000 in Italia il numero di pazienti tra 25 e 84 anni di età affetti da malattia coronarica era di circa 289.000 uomini e 78.000 donne, con un netto aumento rispetto agli anni Novanta. Anche in Italia, come negli altri Paesi sviluppati, l’aumento di prevalenza delle coronaropatie è il risultato dell’effetto combinato di fattori di segno opposto6:

  • miglioramento della sopravvivenza dei soggetti ad alto rischio cardiovascolare (con un rischio attribuibile di eventi di +8.3% negli uomini e +13.9% nelle donne dal 1990 al 2000);
  • invecchiamento della popolazione (rischio attribuibile del 19% per gli uomini e del 22% per le donne).
I dati di prevalenza, riferiti alla popolazione italiana del 2001, suddivisi per patologia, nella fascia di età di 35-74 anni7, sono riportati in tabella 1.

Incidenza

Sempre secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità nel 2000 in Italia, nella fascia di età compresa tra 25 e 84 anni, si sono verificati 51.874 nuovi eventi coronarici negli uomini e 26.934 nelle donne, con un tasso di incidenza standardizzato per età (TSE) di 227.3 eventi ogni 100mila uomini e di 97.9 eventi ogni 100mila donne (-23% negli uomini e -33.9% nelle donne dal 1990 al 2000)6-7. Le attuali proiezionino indicano, dopo il significativo calo dell’incidenza registrata dalla metà degli anni ’70 alla metà degli anni ’80, una graduale tendenza alla stabilizzazione del tasso di incidenza di MCV.

Mortalità

La mortalità cardiovascolare in Italia rappresenta il 44% di tutti i decessi e rappresenta in assoluto la prima causa di morte nei soggetti con età >65 anni. In leggera controtendenza rispetto alle stime mondiali, in Italia dalla metà degli anni ’70 si assiste a una lenta e graduale diminuzione complessiva della mortalità cardiovascolare, accompagnata da una riduzione dell’iniziale divario tra Nord e Sud.

Attività del Mmg


La prevenzione cardiovascolare, considerata l’alta prevalenza delle MCV e quindi dei soggetti a rischio nella popolazione adulta, rappresenta indubbiamente il compito di maggiore impegno nella pratica clinica, sia per la mole di lavoro che determina sia per l’enorme quantità di risorse sanitarie che assorbe.
Tale compito viene svolto principalmente dal medico di medicina generale che ha tra i suoi ambiti prioritari di intervento la promozione della salute, il suo mantenimento e la prevenzione delle malattie, preoccupandosi che i propri assistiti assumano a tale fine comportamenti e terapie idonee, sulle basi scientifiche delle “evidenze cliniche” disponibili.
Se a questo si aggiunge che, come confermato anche da uno studio italiano8, la prevalenza dei soggetti a rischio cardiovascolare nella popolazione selezionata afferente agli studi di medicina generale sfiora il 100% (figura 1), si comprende come il carico di lavoro del Mmg sia di alto impatto sia quantitativo che qualitativo. Infatti le competenze richieste sono molto ampie, dato il vasto ambito di intervento e l’enorme e continua produzione scientifica che riguarda tale materia. La crescente molteplicità dei fattori di rischio cardiovascolari, la necessità di perseguire, per uno stesso fattore, differenti target terapeutici in funzione della stratificazione del rischio cardiovascolare globale, e la disponibilità di numerosi provvedimenti terapeutici efficaci, richiedono un costante aggiornamento e una periodica rivalutazione delle proprie conoscenze.

Pratica clinica

La medicina generale fa dell’approccio all’individuo e della considerazione della sua soggettività un punto di forza e una specificità scientifica e culturale.
Nella sua pratica clinica il Mmg tratta e cura individui diversi tra loro per caratteristiche psicologiche, culturali e sociali e sia il percorso decisionale sia lo stile negoziale adottato dal Mmg possono cambiare profondamente in funzione di queste differenti caratteristiche di ogni singolo paziente: livello culturale/istruzione, condizioni socioeconomiche, situazione familiare, tipo di lavoro, abitudini di vita, contesto sociosanitario.
Un simile approccio è necessario per potere avviare un’azione terapeutica efficace, con i cambiamenti anche radicalino della vita del paziente che ne derivano, soprattutto in tema di prevenzione e terapia cardiovascolare. L’intervento del medico quindi non può limitarsi a un semplice “indottrinamento” del paziente sulla base delle proprie competenze cliniche, ma deve mirare a un aumento delle sue capacità decisionali, della sua autonomia. Non più adesione passiva (compliance) ma adesione attiva (adherence) alla proposta di cambiamento (tabelle 2 e 3). È quella che si definisce “educazione terapeutica” (patientno education) del paziente9-10.

Punti critici e conclusioni


Esiste a tutt’oggi, nella pratica della prevenzione primaria e secondaria delle MCV, una discrepanza tra l’ampia disponibilità di interventi efficaci e la loro reale applicazione. In sostanza, mentre la ricerca produce sempre più prove di efficacia di interventi in soggetti con vari livelli di rischio, lo studio e la verifica dell’implementazione di tali interventi nella pratica è assai più carente. In generale si assiste a un sottoutilizzo di trattamenti efficaci, anche nei soggetti a rischio maggiore e in prevenzione secondaria, e questo avviene sia in ambito ospedaliero sia sul territorio.
La trasferibilità nella pratica clinica delle conoscenze, in realtà, è di difficile realizzazione per una serie di motivi:
  • sostenibilità economica;
  • praticabilità clinica (carico di lavoro);
  • aderenza dei soggetti interessati;
  • inefficienze organizzative (sovrapposizione di ruoli, assenza di coordinamento, assenza di pianificazione, mancanza di coerenza nell’approccio terapeutico con il rischio assoluto, impiego non ottimizzato delle tecnologie diagnostiche e dei farmaci).

In questo scenario, il compito fondamentale del Mmg è sintetizzabile in tre aree critiche di intervento:

  • identificare e trattare i soggetti ad alto rischio cardiovascolare (strategia individuale);
  • assegnare ogni assistito a una classe di rischio cardiovascolare (strategia di popolazione);
  • garantire il follow up dei soggetti trattati, con periodica rivalutazione del rischio e del suo grado di controllo anche nei soggetti a rischio minore (osservazione epidemiologica attiva).
È evidente che lo svolgimento di questi compiti richiede un’adeguata organizzazione del lavoro, con il supporto di una cartella clinica informatizzata, secondo i principi della medicina di opportunità e di iniziativa.


Bibliografia

1. Murray CJ, Lopez AD. Global Health Statistics. Cambridge; Harvard University Press, 1996.
2. Murray CJ et al. The Global Burden of Disease 2000 Project: Aims, methods and data sources. GPE discussion Paper No. 36, 2001. Geneva: WHO; 2001.
3. Murray CJ, Lopez AD. Mortality by cause for eight regions of the world: Global Burden of Disease Study. Lancet 1997; 349: 1269-76.
4. Bonow RO et al. World Heart Day 2002: The International Burden of Cardiovascular Disease: Responding to the Emerging Global Epidemic. Circulation 2002; 106: 1602-5.
5. World Health Organization. The World Health Report 2002: Reducing risks, promoting healthy life. Geneva 2002.
6. www.cuore.iss.it/malattie/eventi.asp
7. Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare Italiano. Ital Heart J 2004; 5: 49S-92S.
8. Roccatagliata D et al. Rischio & Prevenzione. Uno studio sulla percezione e il controllo del rischio cardiovascolare in medicina generale. Ricerca & Pratica 2001; 17: 205-21.
9. Christensen AJ. Patient adherence to medical treatment regimens: bridging the gap between behavioral science and biomedicine. New Haven. Yale University Press, 2004.
10. Marcolongo R et al. Educazione terapeutica dei malati: una scelta di salute per i curanti. La Parola e la Cura; Comunicazione e Counsel(l)ing in ambito Sanitario. primavera 2004.