M.D. numero 32, 1 novembre 2006

Clinica
Testosterone e invecchiamento maschile
di Dario Borotto - UO di Urologia, Ospedale di Circolo di Busto Arsizio (VA)

Sulla sindrome da deficit di testosterone correlato all’età avanzata nell’uomoil dibattito è ancora aperto, in quanto la carenza androgenica non è costantemente presente in tutta la popolazione anziana. Vi sono comunque trattamenti sostitutivi che, dopo attenta valutazione, possono migliorare la qualità di vita dei pazienti

L
a produzione di testosterone nell’uomo diminuisce indicativamente a partire dalla quinta decade d’età in modo progressivo.
Questo processo è comunemente definito come andropausa, climaterio maschile o più appropriatamente ADAM (Androgenic Decline in the Aging Male), PADAM (Partial Androgenic Deficiency of The Aging Male) o ancora LOH (Late-Onset Hypogonadism - ipogonadismo tardivo).
L’International Society for the Study of the Aging Male (ISSAM) definisce l’andropausa “una sindrome bio-umorale associata all’invecchiamento e caratterizzata da una riduzione dei livelli di androgeni plasmatici con o senza diminuzione della sensibilità tissutale agli androgeni. Come tale essa può comportare una significativa alterazione della qualità della vita e compromettere la funzionalità di numerosi apparati”.
Nella definizione si ritrovano alcune delle problematiche attualmente più dibattute.
Esiste infatti una notevole variabilità individuale per quanto riguarda l’inizio, la velocità di progressione e l’entità della riduzione del testosterone. Inoltre i livelli di testosterone al di sotto dei quali si può parlare di ipogonadismo dell’anziano non sono ancora ben definiti.
Basandosi soltanto sui livelli di testosterone si dovrebbe ritenere che solo una piccola parte degli uomini vada incontro alle manifestazioni dell’andropausa. Infatti si ritrova una riduzione dei livelli di testosterone in circa il 7% dei soggetti di età inferiore ai 60 anni, mentre nei soggetti di età superiore ai 60 anni la percentuale aumenta fino al 20%.
Con l’avanzare dell’età diminuisce anche l’attività del testosterone, in quanto una frazione sempre maggiore è bloccata dal legame con le proteine che lo trasportano nel sangue, proprio a causa della maggiore sintesi di tali proteine.
Se la diagnosi viene effettuata tenendo conto dei livelli di testosterone biologicamente attivo o testosterone libero, la percentuale di soggetti ultrasessantenni che possono essere considerati ipogonadici sale fino al 70%.
Inoltre nell’anziano la risposta a determinati livelli di testosterone da parte degli organi bersaglio può essere variabile.

Ripercussioni sugli organi maschili


La diminuzione dei livelli di testosterone si ripercuote in primo luogo sulla funzionalità del tessuto erettile. A livello del sistema NANC (non adrenergico-non colinergico) viene sintetizzato il nitrossido (NO), tramite l’azione della nitrossido sintetasi (NOS), stimolata dal testosterone. Un calo dell’ormone comporta una diminuita sintesi della NOS, quindi di nitrossido, e di conseguenza del processo che comporta miorilassamento e riempimento delle cavernule del tessuto erettile. Ne conseguono sintomi emblematici che a livello sessuale sono caratterizzati dal calo della potenza sessuale.
Con l’invecchiamento si assiste anche a una riduzione progressiva del volume dei tubuli seminiferi e delle cellule di Sertoli del testicolo, con scadimento della quantità e della qualità degli spermatozoi. La fisiologica involuzione della prostata e delle vescichette seminali induce inoltre un degrado della qualità del plasma seminale che veicola gli spermatozoi. Tale processo comporta una riduzione della fertilità, che tuttavia può consentire il concepimento naturale.
A risentirne sono anche i caratteri sessuali con riduzione del volume e della consistenza dei testicoli, perdita di elasticità dei tessuti del pene e ridotta funzionalità vascolare dei corpi cavernosi, ridotta capacità secretoria della prostata e delle vescicole con conseguenti alterazioni dell’eiaculazione, ginecomastia, perdita del pelo pubico.

Altri organi bersaglio


La diminuzione del tasso di testosterone è avvertita da tutti gli organi che sono bersaglio dell’ormone.
A livello cerebrale si osserva una riduzione dell’aggressività, della concentrazione, tendenza alla depressione, all’insonnia, riduzione o scomparsa del desiderio sessuale con diminuzione della frequenza delle erezioni mattutine, lesioni nervose che secondo alcuni autori potrebbero favorire l’insorgenza della malattia di Parkinson o di Alzheimer.
Si assiste sia alla riduzione della massa muscolare sia della densità minerale ossea con impoverimento di calcio (osteoporosi maschile), con un aumentato rischio di fratture.
Alla diminuzione di testosterone il sistema ematopoietico risponde con una minore produzione di globuli rossi conseguente anemia, mentre nel sistema immunitario si determina una diminuzione dei linfociti T e delle difese immunitarie contro infezioni e neoplasie.
A livello dermatologico la pelle diviene più sottile, più fragile, più secca, più rugosa, con diminuzione della pilosità.
Secondo dati recenti, l’impoverimento di testosterone nella età avanzata potrebbe aumentare il rischio di malattie cardiache di tipo ischemico.
Da un punto di vista generale, ne deriva una sensazione di “malessere”, accentuata dalle modificazioni dell’immagine corporea (obesità, rughe, calvizie, macchie scure o pigmentate, rigidità e dolori articolari, ecc).

Diagnosi di ipogonadismo


La diagnosi clinica di ipogonadismo dell’anziano può essere posta solo nei casi più gravi. Nei casi più lievi il quadro clinico è generalmente sfumato ed è opportuno precisare il sospetto clinico mediante il dosaggio del testosterone libero.
Purtroppo va segnalato che non tutti i metodi di dosaggio del testosterone libero disponibili sono al tempo stesso diffusi, economici e affidabili. Per esempio il semplice dosaggio del testosterone totale può essere influenzato da un incremento anomalo delle proteine di legame.
In conseguenza di ciò la diagnosi di ipogonadismo può variare in un individuo o in una popolazione di individui in ragione dei criteri utilizzati per definirla.

Terapia ormonale sostitutiva


Il trattamento mediante terapia androgenica sostitutiva dei soggetti ipogonadici si propone il ripristino di un normale desiderio e di un’efficiente funzione sessuale, nonché di una normale condizione di benessere psico-fisico, il ripristino della densità dell’osso, della forza muscolare, dell’attività psichica e in generale di migliorare la qualità di vita.
In tutti i soggetti candidati alla terapia ormonale sostitutiva con testosterone deve essere attentamente valutato il rapporto rischi/benefici. Particolare attenzione deve essere prestata all’esistenza di un eventuale tumore prostatico in quanto il testosterone, pur non inducendo la sua comparsa, può facilitare lo sviluppo di un tumore prostatico già in atto. È quindi indispensabile un attento monitoraggio clinico attraverso i dosaggi seriati nel tempo del PSA.
Le forme in cui gli ormoni androgeni sono attualmente disponibili includono preparazioni per uso orale, per uso intramuscolare a breve e lunga durata di azione, preparazioni transdermiche, gel.
L’impiego di queste ultime formulazioni presenta alcuni vantaggi, tra cui:
l riproduzione del ciclo circadiano di rilascio del testosterone senza i picchi tipici e gli effetti indesiderati della somministrazione intramuscolare;
l abolizione del metabolismo epatico del testosterone con maggiore disponibilità di ormone attivo;
l abbassamento dei livelli delle proteine di legame e aumento della quota di testosterone biologicamente attivo per promuovere gli effetti clinici.