M.D. numero 32, 1 novembre 2006

Prospettive
Per una sostenibilità della medicina e del nursing di famiglia
di Piergiuseppe Fettolini*, Patrizia Sartor*, Laura Basso*, Michelangelo Pucci**
* Studio Infermieristico Associato Miatto - Rampin, Preganziol (TV)
** Medico di Famiglia, Quarto dıAltino (VE) AIMEF

In Europa, a partire dai paesi anglosassoni, l’infermiere di famiglia inserito con autorevolezza nelle practice e nei dipartimenti universitari è una realtà consolidata. Ma in Italia le esperienze di collaborazione tra MdF e infermieri sono poche, alcune paradigmatiche e note, ma non rappresentative di una realtà diffusa, non omogenee, non ripetibili al di fuori degli ambiti ristretti di realizzazione

L'
evoluzione dei bisogni nella nostra società, le richieste esplicite del Ssn e i nuovi complessi compiti attribuiti al medico di famiglia (MdF) necessitano di un’organizzazione efficace e sostenibile.
Evoluzione dei bisogni significa netto e progressivo incremento della popolazione di anziani e grandi anziani, di soggetti non autosufficienti e fragili assistiti a domicilio o in strutture protette, una scienza medica che offre più possibilità di cura, la richiesta di maggiore autonomia decisionale dei pazienti, un’ansia da perdita di salute e una patofobia che si tramutano in bisogno e in richiesta d’aiuto, che appare come una marea montante verso la medicina delle cure primarie.
Le richieste esplicite del Ssn si concretizzano in un imperativo assoluto e prioritario: contenere i costi di bilancio a fronte di una tendenza all’aumento della spesa. Da ciò derivano: contrazione nell’investimento in risorse umane operanti dentro il sistema, contrazione del numero dei ricoveri ospedalieri e accorciamento drastico delle giornate di degenza, dimissione precoce e quasi forzata di pazienti particolarmente fragili, una domanda esplicita alla medicina di famiglia di caricarsi, con competenza e senza significativi investimenti su di essa, del nuovo peso così prodotto.
Per questo il MdF è pressantemente invitato e condizionato a investire su un lavoro in gruppo o in altre forme associazionistiche, a integrarsi con il Distretto in attività rivolte alla comunità, ad abbandonare una prassi solitaria ed individualistica. Il MdF, inteso come medico della persona ancora apprezzato dai singoli pazienti, non basta più al sistema che lo vuole anche e soprattutto medico di comunità, strumento più efficace e più docile per raggiungere scopi che obiettivamente lo superano.
Rispetto a questi straordinari appuntamenti che il medico di famiglia sta affrontando e che stanno cambiando la professione, non si è sufficientementi preparati e attrezzati. Tuttavia le condizioni di trasformazione e di criticità del sistema non sono soltanto un problema e un pericolo, ma soprattutto sono una sfida e un’occasione di rilancio.

Problemi e opportunità


Un primo dato positivo è costituito dall’abbandono dell’individualismo nell’esercizio professionale e da una tendenza all’aggregazione tra professionisti della medicina di famiglia. Un altro dato è la constatazione che le strutture distrettuali delle ASL, a causa degli investimenti insufficienti soprattutto in risorse umane e delle pesanti richieste di intervento dalla società, non sono sufficienti al compito e non costituiscono il partner più adatto per la medicina di famiglia.
Gruppi e associazioni tra medici e di soli medici, tuttavia, hanno il “fiato corto” e necessitano di un grande valore aggiunto: una visione strategica della medicina di famiglia e delle cure primarie, che possa portare a sostenere i carichi professionali che le vengono attribuiti.
I soli MdF non possono più dare una risposta efficace da medici della persona e da medici di comunità, pur operando in gruppo; i medici non sono l’unica professione della medicina di famiglia, né delle cure primarie, pur costituendone storicamente e con autorevolezza il polo aggregante.
All’interno della “nostra medicina” vi è il bisogno di riconoscere ruolo ad altre figure professionali importanti che possono operare sinergicamente con il medico, prima fra tutte quella dell’infermiere professionale (IP), nell’ottica di un vero e proprio infermiere di famiglia (IF). Ecco perché oggi non è superato, ma anzi urge parlare della collaborazione fra queste due figure. Ciò è attualmente possibile perché alcune situazioni sono mutate anche all’interno della professione infermieristica. Questa professione, storicamente ancillare e subordinata a quella medica, nutrita di una visione ospedaliera e da dipendente di struttura, si è aperta ad una dimensione più moderna e si sta proiettando verso un futuro maturo.
Questo è stato reso possibile in Italia da alcuni rilevanti fatti.

  • L’istituzione della laurea in Scienze Infermieristiche (Dlgs 502/92 poi 517) e il successivo percorso di laurea di secondo livello (251/2000).
  • La definizione dell’autonomia e della responsabilità infermieristica attraverso il decreto ministeriale 739/94 che trasforma la professione da ausiliaria in sanitaria.
  • Il superamento di un mansionario professionale come “camicia di forza” delle attività professionali (L.42/99).
  • L’emancipazione dalla visione di dipendente ospedaliero a vita e senza alternative (L.1/8 Gennaio 2002).
Per l’infermiere questo significa potersi pensare in un modo nuovo. L’infermieristica non si inserisce più meramente in un campo di applicazione vuoto lasciato dalle altre professioni. È qualcosa di ben definito ed esistente indipendentemente da altre figure professionali che mira a trasformare ciò che è domanda di salute in un preciso bisogno a cui dare una precisa risposta assistenziale. Significa imparare in ospedale-università, ma anche sul territorio, nella medicina di famiglia; scegliere l’attività ospedaliera non obbligatoriamente; potere immaginare di svolgere il proprio ruolo nelle cure primarie sin dall’inizio; non sognare obbligatoriamente la sicurezza del “posto fisso”, ma provare la sfida del lavoro autonomo e dello spirito d’impresa; lavorare in gruppo tra infermieri, con diverse formazioni, esperienze ed estrazioni, trovando nello stare insieme la forza per rischiare e la capacità di sostenere il carico quotidiano; scegliere di collaborare con altre professioni e prima tra queste la medicina di famiglia.
Ciò vuol dire arrivare a una collaborazione e a una sinergia tra professioni che si riconoscono e si rispettano, che non si temono e che rimangono ciascuna prevalente su piani diversi ridefinendo nel contempo un interessante spazio comune.
Per il MdF questo significa:
  • Poter sostenere un carico di lavoro in netto aumento dentro e fuori l’ambulatorio.
  • Potere organizzare in maniera ottimale gli interventi domiciliari su pazienti fragili o dimessi a rischio.
  • Poter delegare alcuni compiti sanitari.
  • Avere un sostegno nell’educazione sanitaria e informazione individuale.
  • Avere un sostegno e un aiuto nell’educazione per piccoli gruppi e su popolazione.
  • Poter affrontare campagne vaccinali ordinarie e condizioni di emergenza con risorse umane qualificate a disposizione.
  • Sul piano economico fare un investimento con un ritorno fiscale e un investimento sociale virtuoso in occupazione.

Per l’IF il contributo alla MdF verrebbe ripagato da:

  • Nuova possibilità di occupazione e di diversificazione professionale.
  • Maggiore autonomia professionale.
  • Maggiore autonomia di organizzazione e di gestione.
  • Affiancare ai compiti tradizionali di cura e di assistenza, iniziative di comunicazione ed educazionali nuove.
  • Potere condividere in maniera più paritetica le valutazioni sull’attività professionale.
  • Realizzare una professione di gruppo, più sostenibile sul piano economico.
  • Sottrarsi all’ansia da prestazione che taluni infermieri sperimentano nel lavoro libero professionale solitario.
  • Emanciparsi da una mentalità di subordinazione e dare spazio ad una maggiore creatività professionale.
Il sistema delle cure e chi ne usufruisce disporrebbero di un’alleanza interprofessionale a scopo di cura e di assistenza, formidabile e sostenibile, con ricadute positive sulla salute e sulla soddisfazione dei pazienti.

Un’esperienza importante


Quanto affermato è il frutto di una reale esperienza di collaborazione tra lo Studio Infermieristico associato Miatto-Rampin di Preganziol (TV) e un medico di famiglia, Michelangelo Pucci, che opera a Quarto d’Altino (VE).
Lo studio Miatto-Rampin è composto da sei infermieri costituiti in studio associato, operanti insieme dal 1999 e dotati dal 2001 di un proprio ambulatorio. Hanno svolto e svolgono attività di assistenza domiciliare quotidiana, attività ambulatoriale secondo fasce orarie definite, collaborano con un centro diurno per anziani, con distretti ASSL, servizi sociali comunali, agenzie e imprese private, svolgono attività formativa di base e complementare, collaborano con la facoltà di Scienze Infermieristiche di Padova (sede di Treviso). Forniscono inoltre un servizio di reperibilità telefonica quotidiana, festivi compresi, attraverso una turnazione nel gruppo.
Dal maggio 2005, a coronamento di una lucida strategia di inserimento nella medicina di famiglia, ritenuta polo aggregante della medicina sul territorio, cooperano quotidianamente e per un monte di sedici ore settimanali, con il Dott. Pucci attraverso una collaborazione organica di tipo libero-professionale sancita da un contratto di prestazione d’opera intellettuale. La loro attività è garantita in prevalenza da due elementi del gruppo, che possono avvicendarsi, assicurando una presenza costante ed una buona ridistribuzione del peso lavorativo.
Quanto evidenziato è la job description del loro impegno in medicina di famiglia, con aspetti di integrazione tra attività, in ambulatorio e a domicilio, in piena evoluzione, con sviluppo di interventi educazionali su singoli e gruppi. La sinergia tra le due professionalità ha già prodotto comunicazioni in ambito nazionale (Congresso AIMEF Abano 2006) e in ambito Europeo (presentazione orale e poster Congresso WONCA Firenze 2006).
In uno studio che ospita medici per il tirocinio della Scuola di Medicina Generale e neo-laureati in medicina per il tirocinio valutativo dell’esame di stato presso l’Università di Padova, si attende l’arrivo dei tirocinanti della Scuola di Scienze Infermieristiche, ulteriore prova dell’integrazione possibile e auspicabile delle due professioni dentro la MdF.