M.D. numero 33, 8 novembre 2006

Contrappunto
Servono interventi strutturali e di riorganizzazione del servizio sanitario
di Luigi De Lucia - Medico di medicina generale, Vice segretario Regionale Cumi-Unamef, Campania

Il nostro Ssn ha bisogno di una ristrutturazione e riprogrammazione dell’offerta tramite la leva strategica dell’organizzazione a rete e di aggregazione in gruppo. La geografia ospedaliera, la sovrapposizione delle strutture e le intese con il privato hanno generato duplicazioni responsabili di una spesa sostenuta e sganciata da qualsiasi coerenza di appropriatezza e di sostenibilità

I
l mancato rinnovo degli accordi integrativi regionali è spiegato dai più con la mancanza di risorse.
Intanto gli accordi si sono siglati solo in nove Regioni e con poca soddisfazione, nelle altre undici tutto tace. Purtroppo non sempre regionalismo significa efficienza. Ebbene negli accordi regionali andati a buon fine (si fa per dire!) c’è sostanzialmente un filo conduttore comune: incentivi per associazionismo-Utap e informatizzazione. Pochi, purtroppo, sono gli accordi che hanno qualificato il lavoro dei medici.
Ma ritornando alle risorse limitate credo che sia un falso problema, o per meglio dire, un problema che non si vuole o che non si è in grado di risolvere.
Eppure la nostra organizzazione sindacale, come del resto anche le altre, ha fatto delle proposte concrete, facilmente attuabili nell’immediato, a cui ha affiancato proposte di cambiamenti strutturali che, ovviamente, richiederebbero tempi medio-lunghi.
Non si riesce a capire però se tali suggerimenti non sono stati presi in considerazione per motivi puramente politici o perché non si ritengono attuabili.
Diventa oltremodo difficile credere che in una Regione, come per esempio la Campania, dove si spende più del 60% del bilancio per la sanità, non si riescano a individuare risorse per gli accordi decentrati.
Siamo convinti che solo con cambiamenti strutturali e investimenti ad hoc si potranno risolvere i seri problemi della sanità campana e non solo, assicurando così una assistenza di qualità ai cittadini.

Rinnovamento responsabile


Il rinnovamento della medicina del territorio parte dalla capacità di leggere i bisogni e di governare la domanda che si esprime sia verso la rete dei servizi territoriali (specialistica, domiciliarità) sia verso l’ospedale: in tale prospettiva l’integrazione tra territorio e ospedale si configura come l’obiettivo.
L’aspetto cruciale del sistema territorio è costituito dal modello organizzativo della medicina di famiglia contraddistinto dalla assunzione di maggiore responsabilità nell’ambito del Ssn. Infatti il Piano Sanitario Nazionale recita: “è necessario promuovere il territorio quale primaria sede di assistenza e di governo dei percorsi sanitari e socio sanitari. È evidente quindi la necessità ormai inderogabile di organizzare il territorio spostandovi risorse e servizi che oggi ancora sono assorbiti dagli ospedali”.
Ancora una volta quindi ai medici di famiglia si chiede di giocare un ruolo più incisivo che in passato.
I problemi economici, le liste di attesa e l’utilizzo improprio di risorse impongono una nuova interpretazione e organizzazione del sistema territorio-ospedale.
Allocare risorse solamente dove ci sono fenomeni di “produzione” è un errore comune a tutte le aziende sanitarie che origina, sicuramente, una serie di criticità.
Le aree sanitarie territoriali sono ancora divise in vecchi macrosistemi: prevenzione, distretto e ospedale, con una visione obsoleta, con conseguente e totale assenza di sintesi. È necessario invece una nuova logica di sistema capace di garantire nel tempo la sostenibilità del servizio sanitario regionale.
È in questa nuova logica che le relazioni strategico-aziendali diventano un nuovo strumento di sviluppo dei sistemi aziendali locali, in particolare per le aziende sanitarie pubbliche e private attraverso l’assetto organizzativo delle reti aziendali.
Aziendalizzare significa “assimilare il governo e i comportamenti delle unità economiche pubbliche ai modelli imprenditoriali privati, ciò, tuttavia, non significa però che le non aziende divengano aziende”.
La ragione di fondo che nel nostro Paese ha condotto alla riforma della sanità pubblica è stata l’esigenza di coniugare un sistema socio-sanitario moderno con il contenimento della spesa pubblica, i cui incrementi erano addebitati agli effetti provocati dal sistema di finanziamento basato sulla spesa storica, unito alla tendenza delle aziende pubbliche a sprecare risorse, in altre parole a essere meno efficienti delle imprese private.

Le aziende sanitarie: divisioni e funzioni


Le aziende sanitarie italiane sono divise in due macro categorie fondamentali:

  • Aziende Sanitarie Locali (ASL)
  • Aziende Ospedaliere (AO)
Le prime hanno la funzione di garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) e sono finanziate da trasferimenti fissi a quota capitaria.
Le assegnazioni ricevute servono ad acquistare le risorse del processo di erogazione sanitaria oppure prestazioni da altre unità: ASL, AO e strutture accreditate e non.
Quindi oltre al finanziamento per quota capitaria, le ASL ricevono un finanziamento per prestazione nel caso in cui vendano prestazioni ad altre ASL, quindi esse sono soggetti erogatori e allo stesso tempo acquirenti.
Le ASL possono, dunque, erogare prestazioni di ricovero o ambulatoriali attraverso le proprie strutture operative (distretti territoriali e presidi ospedalieri), ma non possono impedire ai propri assistiti di scegliere liberamente la struttura che considerano più adatta a soddisfare il bisogno di salute. Nel caso in cui gli assistiti si orientino verso una struttura esterna, le ASL diventano acquirenti di prestazioni da altre unità sanitarie.
Le AO producono servizi ospedalieri e i loro finanziamenti derivano totalmente dai volumi di prestazioni erogate, e sono finanziate a prestazione in base a sistemi tariffari (DRG) per le attività sanitarie non erogate dalle ASL.
Caratteristica di ciascuna azienda, pubblica o privata, è il suo continuo coinvolgimento in un insieme di relazioni economiche, istituzionali e sociali necessarie per l’esistenza della stessa azienda.
Tali relazioni differiscono per l’intensità del legame creato tra le diverse aziende interessate in legami di tipo debole come semplici relazioni di acquisto e vendita; oppure legami di tipo forte dove può svilupparsi una rete organizzativa o altra forma aziendale.
Quando i legami si rafforzano e si stabilizzano su base permanente, influenzando l’autonomia decisionale dell’azienda, nascono aggregati aziendali secondo logiche di reti tra aziende.
Dimostrazione di una situazione che sta evolvendo verso ulteriori consolidamenti verticali e orizzontali sono i recenti acquisti e le fusioni avvenute nel settore sanitario privato, come, per esempio gli accordi per l’accorpamento delle aziende sanitarie metropolitane della città di Bologna e quelli per la fusione della ASL della Regione Marche in un’unica macro ASL.
Si noti come la cooperazione interaziendale sia un fatto acquisito e diffuso, da qui l’obiettivo di costituire un’offerta ospedaliera integrata per fornire un continuum of care al paziente, sulla base del bisogno di contenere la spesa pubblica superiore rispetto alle disponibilità di risorse; di governare sistemi di aggregati sanitari complessi; di ristrutturare una offerta ospedaliera eccessiva rispetto alla domanda che sempre più si sta riducendo e dirottando verso il territorio.
Le reti aziendali in sanità sono giustificate dalle crescenti pressioni di natura economica, da qui la riorganizzazione dell’offerta ospedaliera.
Un altro presupposto si ritrova nell’evoluzione scientifica che sta cambiando l’approccio medico. Nella gestione della malattia prende sempre più corpo la ricerca del passaggio da logiche di component based a logiche di integrazione dei vari attori lungo il continuo di cure che abbraccia tutti i livelli assistenziali. Tutto ciò per potere governare la sovrapposizione di ruoli tra le strutture ospedaliere e quelle territoriali, per quanto riguarda le dimissioni protette, l’assistenza domiciliare, la specialistica ambulatoriale sul territorio, l’ospedalizzazione a domicilio, fino alla gestione diretta di residenze socio-sanitarie interne o esterne alla struttura ospedaliera.
L’accresciuta dimensione delle ASL comporta spesso la necessità di dovere coordinare e gestire una rete ospedaliera di medie e piccole dimensioni, rispetto a cui occorrono politiche di razionalizzazione e ristrutturazione.
La creazione di aziende ospedaliere, introducendo elementi di separazione tra acquirenti (ASL) di prestazioni sanitarie e loro fornitori (AO), richiede meccanismi di integrazione tra i diversi livelli di cura ai fini di un efficace governo della domanda.
Il rispetto degli obiettivi di spesa suggerisce logiche di coalizione tra i fornitori, soggetti deboli a livello di potere negoziale di fronte ad acquirenti di dimensioni geografiche e di popolazione rilevanti (ASL).

Interventi strutturali cercasi


La regionalizzazione del servizio sanitario ha determinato il formarsi di diversi sistemi locali caratterizzati da modelli organizzativi e di finanziamento differenti.
Il Servizio sanitario nazionale necessita di una ristrutturazione e riprogrammazione dell’offerta tramite la leva strategica dell’organizzazione a rete e di aggregazione in gruppo. È indubbio che la numerosità e la diffusione, a livello internazionale, di modelli a rete per le aziende sanitarie testimoniano la centralità che è oggi attribuita a questa soluzione organizzativa quale strumento per affrontare i problemi sperimentati nei sistemi sanitari avanzati. Stando così le cose, urgono interventi strutturali.