M.D. numero 33, 8 novembre 2006

Focus on
Società scientifiche ed Ecm: tutto da rifare?
di Monica Di Sisto

La sentenza della Corte Costituzionale che ha annullato il decreto del ministero della Salute del maggio 2004, inerente ai requisiti che devono possedere le Società medico-scientifiche ai fini della formazione, ha lasciato tutti abbastanza sconcertati e ha aperto un vivace dibattito all’interno delle Società scientiche stesse, soprattutto della medicina generale, su come affrontare una questione topica per strutturare un iter idoneo allo sviluppo dell’Ecm nel nostro Paese.

Non c’è pace per le Società scientifiche italiane in una delle vicende “a puntate” che più ha appassionato e diviso il mondo della medicina, in particolar modo la medicina generale: il percorso di riconoscimento nazionale di queste società ai fini della certificazione delle loro attività nell’ambito del sistema dell’Educazione medica continua. La Corte Costituzionale, con una sentenza che ha suscitato molto scalpore, ha accolto il ricorso della provincia autonoma di Trento che ha sollevato un conflitto di attribuzione con il ministero sul riconoscimento dei requisiti che devono possedere le Società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie. La Consulta ha stabilito che “non spettava allo Stato, e per esso al ministero della Salute, stabilire, con norme regolamentari, i requisiti che devono possedere le Società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie che intendono svolgere le attività formative e di collaborazione con le istituzioni pubbliche competenti in materia di sanità e attribuire i relativi poteri amministrativi dei predetti requisiti”.

Le origini della querelle
Era il 2004 quando il ministro per la Salute Girolamo Sirchia affidò a un proprio decreto il compito di disciplinare e dettare i requisiti delle Società scientifiche. Tentativo che fu visto dall’Ordine di Roma, e in particolare dal suo presidente Mario Falconi, come “l’ultimo intollerabile e maldestro tentativo del ministro della Salute di costringere circa 900.000 operatori sanitari interessati alla formazione Ecm a passare sotto ‘le forche caudine’ di una Federazione privata a lui molto vicina”. Leggendo i sette articoli che compongono il decreto, per l’Ordine emergeva chiaramente “la straordinaria attenzione riservata ad una struttura privata, la Fism, Federazione delle Società Medico Scientifiche Italiane,
che, dall’insediamento del Prof. Girolamo Sirchia quale ministro della Salute, ha visto crescere esponenzialmente il proprio ruolo, le proprie funzioni, anche a scapito degli organismi pubblici. La Fism è un’associazione di cui Sirchia è fondatore (1984), di cui è stato segretario (fino al 1999)”.
A Fism, contestava Falconi, che per queste accuse subì dal ministro Sirchia un procedimento disciplinare che alla fine lo scagionò, era stato assegnato “(Convenzione del 29 luglio 2002, prot. n. 13709, elenco n. 1686) il compito di costituire e gestire gli elenchi dei referee, cioè di coloro tenuti a valutare gli eventi formativi Ecm, nonché il compito di formare gli stessi referee, a fronte di un cospicuo esborso di denaro pubblico”. La convenzione era stata rinnovata il 26 novembre 2003, sino a fine 2004, e poi ancora fino al 2009, e aveva portato alla Fism uno stanziamento di 1.500.000 euro”. Con il Decreto nelle premesse e nell’art. 1 la Fism veniva equiparata alla Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) e alla Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (ASSR); sempre nell’art. 1 si era imposto alle Società che aspiranti al riconoscimento di prevedere nel proprio Statuto la collaborazione con Fism nell’elaborazione di linee guida; all'art.6 alla Fism si era attribuito il compito di istruttoria preventiva sulle domande presentate.

Così la Corte Costituzionale ha dato ragione alla Provincia di Trento, annullando il decreto che risale alla gestione del ministro della Salute Girolamo Sirchia, ma ha dato anche ragione a coloro che (in particolare l’Ordine di Roma e il suo “tribuno” Mario Falconi) ormai qualche anno fa avevano sollevato dubbi sulla possibilità che un organismo nazionale, e specificamente la Federazione Italiana delle Società Medico Scientifiche (Fism), potessero entrare nel merito della questione.
“Con questa sentenza - ha dichiarato il presidente della Società Italiana di Medicina Generale, e attuale vice presidente Fism Claudio Cricelli - le Società scientifiche sono riportate indietro di otto anni e private del loro naturale diritto di essere parte in causa nel processo di formazione medica, di ricerca e di detentori e diffusori delle conoscenze medico-scientifiche del nostro Paese”. Ma il sistema Ecm nel suo complesso, e quello della medicina generale con particolare energia, si interroga a tutto campo su come uscire dall’empasse.

Che cosa ha stabilito la Consulta


Con la sentenza 328/2006 depositata il 13 ottobre, la Corte Costituzionale ha dichiarato “fondato” il ricorso presentato dal Trentino. Il ministro Sirchia, infatti, con il decreto del 31 maggio 2004, aveva dettato i requisiti per il “riconoscimento” delle società scientifiche “costituite da professionisti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività sanitaria” (art. 1, commi 1 e 2) e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, che intendano svolgere attività di collaborazione con le istituzioni sanitarie e attività di aggiornamento professionale “con particolare riferimento all'attività formativa nell’ambito del programma Ecm ed all’attività di collaborazione nei confronti degli organi centrali e regionali e delle istituzioni e degli organismi che operano nei vari settori di attività sanitarie”, attribuendo allo stesso ministro della Salute il compito sia di verificare la sussistenza dei predetti requisiti, ai fini del ‘riconoscimento’ (art. 6), sia di controllarne la permanenza, in funzione dell'eventuale revoca del predetto riconoscimento (art. 7)”.

I requisiti secondo il decreto Sirchia

Il decreto Sirchia aveva stabilito che le Società scientifiche, per poter essere riconosciute e, a maggior ragione, poter esercitare il ruolo di provider di eventi Ecm, dovessero essere in possesso di alcuni requisiti fondamentali:
a) rilevanza di carattere nazionale, con presenza in almeno 12 Regioni, anche mediante associazione con altra società o associazione della stessa professione;
b) rappresentatività di almeno il 30% dei professionisti attivi nell’area; specializzazione;
c) atto costitutivo e statuto redatti per atto pubblico contenenti:
• denominazione dell’ente, indicazioni del patrimonio e della sede;
• previsione dell’ammissione, senza limitazioni, di tutti i soggetti che operano nelle varie strutture e settori di attività del servizio sanitario nazionale o in regime libero-professionale;
• previsione dell’ammissione, senza limitazioni, di tutti i soggetti, in possesso dei requisiti previsti dallo statuto;
• previsione, tra le finalità istituzionali, anche di attività di aggiornamento professionale e di formazione permanente nei confronti degli associati con programmi annuali di attività formativa Ecm;
• previsione, tra le finalità istituzionali, anche della collaborazione con il Ministero della salute, le Regioni, il Ssn;
• previsione, tra le finalità istituzionali, anche dell’elaborazione di linee guida in collaborazione con l’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (Assr) e la Fims;
• promozione di trials di studio e di ricerche scientifiche finalizzate e rapporti di collaborazione con altre società e organismi scientifici;
• previsione di assenza di finalità di lucro;
• previsione di non esercizio di attività imprenditoriali o partecipazione ad esse, salvo quelle necessarie per le attività di formazione continua;
• previsione dell’espressa esclusione di finalità sindacali;
• previsione di finanziare le attività sociali solo attraverso i contributi degli associati e/o di enti pubblici nonché di soggetti privati, con esclusione di finanziamenti che configurino conflitto di interesse con il Ssn, anche se forniti attraverso soggetti collegati;
• previsione di finanziare le attività Ecm attraverso l’autofinanziamento e i contributi degli associati e/o enti pubblici e privati, nel rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti dalla Commissione nazionale per la formazione continua;
• previsione di sistemi di verifica del tipo e della qualità delle attività svolte;
• indicazione del procedimento per la elezione democratica degli organi;
• espressa esclusione di retribuzione delle cariche sociali.

Ma il decreto legislativo 502/92 aveva assegnato precedentemente a una commissione appositamente istituita, la Commissione nazionale per la formazione continua (la cui composizione è determinata, per legge, in maniera tale da garantire che uno dei quattro vicepresidenti sia nominato dalla Conferenza permanente dei presidenti delle Regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e che sei dei 25 membri siano designati dalla Conferenza permanente Stato-Regioni-Province autonome) il compito di definire “i requisiti per l’accreditamento delle Società scientifiche nonché dei soggetti pubblici e privati che svolgono attività formative” e di procedere “alla verifica della sussistenza dei requisiti stessi”. La lettura di tale norma “rende palese - secondo i magistrati - che essa non costituisce idonea base legislativa del potere esercitato dal ministro della Salute con il decreto impugnato, essendo il potere disciplinato dalla medesima norma diverso per soggetto e per oggetto”.
Con un’ulteriore finezza i magistrati rilevano inoltre che lo stesso decreto impugnato, mentre assegna al ministro della Salute il potere di effettuare il “riconoscimento” delle Società scientifiche, secondo un procedimento puntualmente disciplinato all’art. 6, rinvia alla “disciplina generale, che sarà stabilita dall’intesa fra il ministero della Salute e le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la definizione dei requisiti e delle modalità di accreditamento delle Società scientifiche in qualità di provider di formazione residenziale e a distanza”. Regioni e Province che, tuttavia, non sono mai state coinvolte dal ministero in questo processo, con buona pace della riforma federalista del Titolo V della Costituzione.

Vie d’uscita e d’entrata


Lo stop dato dalla Corte Costituzionale al work in progress dell’accreditamento delle Società scientifiche in base al decreto Sirchia ha lasciato molti degli attori della formazione in medicina generale abbastanza sconcertati. “Noi abbiamo lavorato molto sul problema del riconoscimento delle Società scientifiche - dichiara Roberto Stella, vicepresidente Snamid - soprattutto per assicurare una regolamentazione a quelle che società scientifiche sono, distinguendole da quelle che dietro questo nome non rivelano né un corpo né una sostanza, tanto meno requisiti scientifici adeguati”. Pur con tutti i dubbi che si potevano nutrire nei confronti del decreto Sirchia, ammette Stella, “ quel decreto ha rappresentato un passo avanti verso un ruolo anche dal punto di vista giuridico e formale alle Società nel panorama sanitario italiano, e in particolare nell’Ecm, oltre alla riduzione del numero stesso delle Società scientifiche, da portare, come condiviso da molti, intorno alle 500 unità”. Tutti i criteri indicati nel decreto “anche se molto puntigliosi - continua Stella - davano indicazioni sulle quali ci eravamo impegnati a lavorare per rendere visibile, come Società scientifiche maggiori, la differenza tra chi li riusciva a soddisfare e chi no”.

Il bisogno di uniformità


Il percorso raccontato dal vice presidente Snamid è stato lungo e tortuoso: la costruzione di reti tra le piccole realtà per costruire la rappresentatività nazionale richiesta, la consegna di ponderosi dossier sui quali si aspettavano ancora riscontri per il riconoscimento formale e, infine, la doccia fredda. I problemi che Stella individua sono abbastanza evidenti: “potremmo avere 20 Regioni che definiscono 20 set di criteri contrastanti - spiega - i quali potrebbero non essere assolutamente omogenei tra di loro. Credo che i criteri per accreditare le Società debbano essere nazionali e non ‘fatti a soggetto’ da una Regione piuttosto che da un’altra”.
La difficoltà, secondo Lamberto Pressato, Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico del Centro Regionale Ecm del Veneto, è nata in realtà “dal fatto che la modifica del Titolo V della Costituzione è avvenuta quando già l’Ecm era in itinere - spiega - e quindi tutte le competenze via via sono state trasferite negli accordi definiti dalla Conferenza Stato-Regioni fino a quest’ultimo atto”.
Massimo Bisconcin, vice presidente Aimef, vede addirittura nel decreto Sirchia una “fuga in avanti rispetto ad un sistema Ecm che riesce ad accreditare a malapena gli eventi e nemmeno i provider, figuriamoci se poteva reggere un’ambizione come quella incarnata dalla Fism di fissare criteri nazionali per le Società”. Secondo Bisconcin, la sentenza offre invece l’utile occasione “di distinguere la formazione nazionale da quella a vocazione specifica, territoriale. Se io come provider mi voglio rivolgere a un pubblico nazionale chiedo quindi che sia il ministero a occuparsi di me come provider o del mio evento. Se al contrario mi rivolgo ad un altro ente territoriale, chiederò a questo quali sono i criteri perché io come provider, o il mio evento, sia accreditato o meno”.
Tutti gli intervistati ritengono, tuttavia, che debba essere la Conferenza Stato-Regioni a esprimersi a questo punto, garantendo in toto o in parte la conservazione dei criteri previsti dal decreto Sirchia, ma con la partecipazione di Ordini, collegi professionali e associazioni professionali coinvolte nell’Ecm. “è ovvio che le Regioni debbano avere come corollario quello di valorizzare le varie esperienze europee nate per l’area medica - precisa Pressato - specialmente quelle che sono state riconosciute dall’UEMS (Union Européenne des Médecins Spécialistes). L’operazione potrebbe avere un ulteriore effetto benefico: “mettere fine a quella querelle - precisa Pressato - tra il ruolo dei sindacati e il ruolo delle Società scientifiche, di quelli che sono gli spazi degli uni e degli altri, facilitandone i percorsi nelle varie realtà”.
Bisconcin e Stella guardano entrambi al nuovo cartello di società nato quest’estate al congresso Wonca di Firenze, per discutere insieme e superare l’empasse con una proposta unitaria per le Regioni: chi farà il primo passo?