M.D. numero 33, 8 novembre 2006

Pratica medica
Le incognite dei viaggi tropicali
di Massimo Bisconcin - Medico di medicina generale, Quarto dıAltino (VE), Responsabile Dipartimento di Ricerca e Sperimentazione Aimef

Seguo LP da quando aveva 12 anni. Ora è adulta, laureata in discipline scientifiche e sposata con un mio assistito. Nell’aprile 2006 viene in ambulatorio con il marito per un colloquio riguardo alla profilassi antimalarica da attuare in vista di un viaggio in Kenia che avrebbero fatto il mese seguente. Riscontro prontamente che la coppia è documentatissima e ha ampiamente attinto alle informazioni presenti in Internet. Ho quindi poche scusanti “nel non sapere” e prendo tempo per documentarmi..

Ricordo alla coppia che non necessariamente il viaggio in un Paese africano richiede una profilassi antimalarica. È necessario avere ben presente la mappa epidemiologica delle aree epidemiche e l’itinerario del proprio viaggio. Ricordo inoltre ai due giovani che ci sono anche altri rischi, che loro comunque dimostrano di conoscere e sui quali si sono documentati. Richiedono anche di potersi vaccinare contro la febbre gialla.
Decido quindi di condividere le informazioni e gli suggerisco di approfondirle l’argomento consultando anche il sito del CDC di Atlanta (www.cdc.gov). Nel contempo chiedo loro di avere ben presente l’esatto calendario e le località precise meta del loro viaggio.
Dopo qualche giorno, e dopo i rispettivi approfondimenti, per il nuovo incontro preparo un calendario per l’assunzione della profilassi antimalarica.

Comparsa di lesione quattro mesi dopo


La coppia ritorna nel mio ambulatorio circa quattro mesi dopo il viaggio.
Ha correttamente eseguito la profilassi antimalarica e la vaccinazione contro la febbre gialla. Ha pienamente goduto la vacanza senza alcun problema di tipo sanitario.
LP però lamenta la comparsa di una lesione lineare, molto pruriginosa e talvolta francamente dolente alla parte dorsale esterna del piede sinistro.
Afferma che tale lesione le è stata causata da una cucitura della tomaia delle scarpe e attribuendola a qualche fenomeno allergico-irritativo causato dalle calzature, mi chiede di aiutarla con qualche pomata.
La lesione non si limita al dorso del piede ma sembra proseguire (o derivare?) dalla parte plantare.

Diagnosi e terapia


Mi trovo davanti a un dilemma: la lesione è di origine allergico-irritativa dovuta alle calzature oppure è dovuta a parassiti in migrazione sottocutanea?
Non avendo mai visto una simile lesione, informo LP che avrei dovuto documentarmi al riguardo e nel frattempo fotografo la lesione (figura 1). Utilizzo anche atlanti fotografici dermatologici e la ricerca su Internet.
Con le immagini scattate in ambulatorio consulto un collega infettivologo. In base al quadro clinico e alla storia recente, concordiamo che l’ipotesi più probabile è che il quadro possa riferirsi a larva migrans, una forma cutanea dovuta all’Ancylostoma braziliense.
Prescrivo sia una terapia orale con mebendazolo sia la terapia locale con cloruro di etile.

Decorso clinico


LP torna in studio otto giorni dopo avere completato la terapia. Riferisce una completa e immediata risoluzione del violento prurito e del dolore al piede fino dalla prima applicazione di crioterapia.
Dopo circa dieci giorni la primitiva lesione eritematosa lineare si è trasformata in una linea irregolare di colorito biancastro, anche se tale colorazione è resa più evidente dall’ipercromia relativa circostante dovuta all’effetto delle ripetute applicazioni di etile cloruro (ustione superficiale lieve). La linea biancastra segue perfettamente il percorso della pre-esistente lesione eritematosa (figura 2).
L’esame emocromocitometrico e la VES che ho richiesto sono risultati assolutamente normali.

Commento


Il caso clinico presentato dà adito ad alcune riflessioni.
1. Il rapporto con pazienti sempre più abili a ricercare informazioni impone ai Mmg di conoscere Intenet nei dettagli. La rete è oggi uno strumento della nostra professione, quanto il fonendoscopio. È poco probabile infatti che il Mmg abbia presente l’epidemiologia della malaria e della febbre gialla nelle zone prescelte per il viaggio e quindi è necessario documentarsi.
2. Nel caso illustrato le informazioni assunte in precedenza, pur se corpose, si limitavano al problema più segnalato ed eclatante, cioè la malaria. È francamente possibile cha al medico possa sfuggire la relazione della lesione con il precedente viaggio, ma il diario clinico degli incontri con i pazienti e la sua rilettura può facilitare i collegamenti.
3. È necessario adire a fonti iconografiche per la documentazione. È poco probabile che un medico europeo abbia dimestichezza diagnostica con tali lesioni. È utile avere una macchina fotografia digitale sempre a disposizione. La medicina generale fornisce molte immagini di estrema varietà che non possono essere perdute.

Note & approfondimenti

Il ciclo di vita dell’Ancylostoma braziliense comincia quando le uova emesse con le feci da animali infetti passano sul terreno caldo (umido e/o sabbioso). Qui si sviluppano le larve che inizialmente si alimentano di batteri del terreno e si moltiplicano due volte prima di infettare l’ospite.
Usando le loro proteasi di superficie, le larve penetrano attraverso follicoli, microabrasioni o anche attraverso la pelle intatta del nuovo ospite. Dopo avere passato lo strato corneo si liberano della loro cuticola naturale e, solitamente dopo alcuni giorni, cominciano la migrazione nel sottocutaneo.
Nell’organismo dei loro ospiti naturali le larve possono penetrare nel derma e vengono trasportate ai polmoni attraverso il sistema linfatico e venoso. Attraverso gli alveoli migrano nei bronchi e in trachea e risalgono fino a essere deglutite. Pervengono nell’intestino dove giungono a maturazione e il ciclo ricomincia quando vengono espulse sotto forma di uova.
L’uomo è un ospite accidentale e l’infezione è generalmente limitata alla pelle, perché si ritiene che le larve non possiedano l’enzima collagenasi necessario per penetrare attraverso la membrana basale e migrare nel circolo venoso.
I segni cutanei locali sono generalmente: papule pruriginose eritemato-edematose e/o vescicole, eritemi lineari serpiginosi (espressione di tunnel sottocutanei lievemente sopraelevati sul piano cutaneo) larghi circa 2-3 mm che si diramano di qualche centimetro dal luogo di penetrazione, dermatite aspecifica, vescicole sierose con o senza impetiginizzazione con un prolungamento secondario di pochi centimetri, follicoliti.
Le lesioni sono tipicamente distribuite sulle basse estremità distali, compreso il dorso dei piedi e gli spazi interdigitali, ma possono anche essere a livello ano-genitale, alle natiche, mani e ginocchia, in relazione alla posizione del corpo al momento dell’entrata della larva.
A livello sistemico si può riscontrare eosinofilia periferica (sindrome di Löffler); molto raramente infiltrati polmonari migranti e iper-IgE. Vi è stata recentemente una segnalazione di dolori addominali in un paziente pediatrico.

Tabella 1 - Cause di infestazione da larva migrans
Agenti eziologici più comuni
• Ancylostoma braziliense
(dei cani e dei gatti selvaggi e domestici).
Il più comune
• Ancylostoma caninum (del cane)
• Uncinaria stenocephala (del cane)
• Bunostomum phlebotomum (del bestiame)
Agenti eziologici più rari
• Ancylostoma ceylonicum
• Ancylostoma tubaeforme (del gatto)
• Necator americanus (umano)
• Strongyloides papillosus (parassita di pecore, capre e bestiame)
• Strongyloides westeri (parassita dei cavalli)

Una serie più completa dei possibili agenti eziologici dell’infestazione da larva migrans è indicata in tabella 1.
L’infestazione è autolimitante ma è molto pruriginosa e talvolta dolente, soprattutto di notte, per cui si può ricorrere a terapia medica sistemica e locale.
Quest’ultima generalmente si può fare con cloruro di etile spray (crioterapia), che deve essere spruzzato direttamente sopra all’estremità del tunnel, ove presumibilmente è localizzata la larva, e che si può trovare anche a oltre due cm dal punto di ingresso. È necessaria una particolare attenzione, in quanto si deve evitare che si formino ustioni da freddo e/o escare vere e proprie: bisogna spruzzare da circa 20-25 cm dal piano cutaneo, a brevi intervalli evitando assolutamente che sulla cute si formi uno strato di brina.
La terapia sistemica prevede alcuni farmaci: il tiabendazolo, sia in forma locale sia sistemica, sarebbe la sostanza di elezione ma non è in commercio in Italia come prodotto farmaceutico. Un’altra sostanza utilizzabile, soprattutto per elmintiasi sistemiche più gravi, è l’albendazolo al dosaggio di 400 mg quattro volte al giorno per tre giorni, ai pasti, ma non scevro di possibili fastidiosi effetti collaterali.
L’alternativa proponibile per la terapia sistemica è il mebendazolo (due compresse al giorno ai pasti perché viene assorbito meglio in presenza di lipidi).