M.D. numero 34, 15 novembre 2006

Clinica
Il melanoma nell’osservazione clinica
di Antonio Pugliese - Medico di medicina generale - Castellaneta (TA), Responsabile Nazionale Dipartimento Dermatologia Aimef

Nel campo dei tumori cutanei l’anamnesi è l’elemento semeiologico fondamentale per valutare le condizioni di rischio. L’esame obiettivo dei nevi eseguito su tutto l’ambito cutaneo permette di prevenire lesioni più gravi e l’osservazione è uno degli strumenti per distinguere i vari tipi di melanoma

Negli ultimi decenni l’incidenza del melanoma nella popolazione bianca è in costante aumento a livello mondiale. Raggiunge i valori più elevati in Australia dove si attesta, secondo recenti stime, intorno ai 55 casi per 100.000 abitanti/anno. I valori più bassi sono registrati in Cina con meno di 0.5 casi per 100.000 abitanti/anno. Negli Stati Uniti l’incidenza annuale si attesta intorno ai 25-30 casi per 100.000 abitanti. In Europa è valutata intorno ai 10-15 casi per 100.000 abitanti e anche in Itali si raggiungono 10 casi per 100.000 abitanti.
Va posta però un’osservazione: un incremento così marcato dell’incidenza costituisce probabilmente un dato distorto per il fatto che viene desunto da casistiche fondate sull’exeresi sistematica, nella quale spesso risulta rappresentata la diagnosi di melanoma in situ.


Tabella 1 - Fattori di rischio di melanoma
Individuali
1 Fototipo (pelle chiara, lentigginosa, capelli rossi o biondi)
2 Antecedenti personali o familiari di melanoma
3 Presenza di nevi atipici
4 Deficit immunologico congenito o acquisito
Comportamentali o esogeni
1 Esposizione solare, soprattutto di tipo intenso e intermittente
2 Ustioni solari in giovane età
3 Eccessiva esposizione a sorgenti artificiali di UV

Fattori di rischio

I marcatori del rischio del melanoma sono suddivisibili in individuali, comportamentali o esogeni (tabella 1); va tenuto presente che la combinazione simultanea di più di uno di tali marcatori espone a un rischio molto più elevato del singolo marcatore.

Fototipo ed esposizione solare

I soggetti che hanno la pelle chiara, che si abbronzano poco o per nulla e che si scottano durante le esposizioni solari, sono più esposti al rischio di melanoma rispetto agli individui di carnagione più scura. Il rischio diviene più alto se vi è precedente storia di ustioni solari durante l’infanzia. La presenza di numerose lentiggini solari al volto e alle spalle permette di individuare facilmente i soggetti che hanno storie di esposizione, eritema e ustione.
Da tempo è dimostrato il ruolo cancerogeno diretto sul DNA dei raggi UVB, più recentemente è stata riconosciuta anche agli UVA una responsabilità in tal senso, attraverso un meccanismo indiretto coivolgente la formazione di radicali liberi, ma non per questo meno pericoloso nell’indurre mutazioni a livello cromosomico.
Le esposizioni solari intense e intermittenti, spesso accompagnate da eritemi e ustioni, che sono abitudini tipiche del cittadino in vacanza o l’abuso di lettini solari sarebbero responsabili dell’insorgenza del melanoma (si ipotizza anche del basalioma), mentre le esposizioni croniche o professionali (per esempio contadini, marinai, sportivi), nonostante un maggior carico cumulativo di UV, pur provocando precancerosi e carcinomi spinocellulari, non sarebbero responsabili dell’insorgenza di questa neoplasia.
Vi sono però delle eccezioni a questa affermazione:
1. nell’anziano il melanoma insorge in età avanzata su zone permanentemente esposte al sole, come il viso (lentigo maligna di Hutchinson);
2. esistono anche melanomino situati in regioni mai esposte al sole come quelle palmo-plantari, probabilmente legati a nevi più displasici.
In verità i rapporti tra cute e sole sono complessi e ancora non ancora completamente compresi. In base alle conoscenze acquisite è importante però sottolineare che l’eccessiva esposizione al sole o alle sorgenti artificiali deve essere accuratamente evitata, soprattutto nell’infanzia.

Associazione nevo-melanoma

Alcuni melanomi appaiono comparire su nevi pre-esistenti che possono essere semplici, atipici o congeniti. I nevi possono costituire un marcatore di rischio per il melanoma quando sono numerosi e quando le loro dimensioni eccedono 6 mm di diametro. Alcuni studi hanno dimostrato che il numero è proporzionale all’esposizione solare, soprattutto nei soggetti più chiari. Inoltre, la pelle esposta in modo permanente al sole sviluppa piccoli nevi tipici, mentre quella esposta in modo intenso e intermittente sviluppa più facilmente i nevi atipici.
I soggetti giovani a pelle chiara hanno generalmente da 20 a 40 nevi tipici acquisiti (regolari per forma, colore e inferiori ai 6 mm di diametro) sparsi sul tegumento: il rischio di trasformazione di queste neoformazioni è praticamente nullo.

Nevi atipici

I nevi atipici o di Clark (irregolari per forma, bordi, colore, a volte di dimensioni >6 mm) sono generalmente multipli e compaiono più spesso al tronco di soggetti giovani (figura 1).
Esiste una forma familiare di “sindrome del nevo atipico” e una sporadica, più rara. Si tratta di nevi con caratteristiche architetturali e citologiche atipiche; a volte però l’aspetto clinico di atipia non coincide con quello istologicono, del tutto benigno e viceversa. Nei soggetti con nevi atipici il rischio per lo sviluppo del melanoma è molto più alto (circa 80 volte) rispetto a coloro che non ne possiedono e, se questi stessi soggetti hanno una familiarità (parente di primo grado colpito dal tumore), il fattore di rischio è moltiplicato almeno per 100.
Tuttavia il più delle volte la trasformazione maligna non avviene su nevo atipico, ma su cute apparentemente normale.
Pertanto l’exeresi profilattica dei nevi atipici non cancella in modo inequivocabile la comparsa di un melanoma. È necessario piuttosto mettere in pratica un’attenta sorveglianza clinica e strumentale dei soggetti con nevi atipici, riconoscendogli un ruolo di indicatore di rischio per il melanoma in genere, piuttosto che per la loro intrinseca possibilità di trasformazione.

Nevi congeniti

Il rischio di sviluppo di melanoma nei nevi congeniti (figura 2), soprattutto di quelli con diametro >20 cm è alto (dal 5% al 15%). Considerando invece tutti i nevi congeniti piccoli, medi e grandi, uno studio scandinavo è giunto alla conclusione che il 4% di essi subisce la trasformazione. Anche questo valore è indubbiamente elevato e giustifica l’asportazione profilattica dei nevi congeniti in tenera età, in considerazione del fatto che il viraggio verso la malignità avviene più frequentemente entro i 5-10 anni di vita.

Familiarità

Si ritiene che circa il 10% dei melanomi sopravvenga in un contesto di predisposizione familiare. Spesso in queste famiglie c’è la tendenza a essere portatori di numerosi nevi atipici e in questo caso il rischio aumenta almeno di 100 volte. La predisposizione al melanoma è geneticamente eterogenea, tuttavia recentemente è stato individuato, a livello del sito cromosomico 9p21, una sequenza genica che probabilmente condiziona la suscettibilità allo sviluppo del melanoma, in particolare il gene CDKN2A che codifica per due proteine - p16 e p19 - alle quali è riconosciuto un ruolo di regolazione nel ciclo replicativo cellulare. Mutazioni di questo gene sono presenti nel 37% di famiglie con trasmissione ereditaria di melanoma, nel 25% dei melanomi sporadici e nel 75-78% dei nevi detti “displastici”.

Sistema immunitario

Uno stato di immunodepressione favorisce la comparsa del melanoma. Un’accresciuta incidenza del tumore è presente nei pazienti in trattamento antirigetto, nei soggetti in terapia citotossica per linfomi e in coloro che fanno uso di farmaci inducenti una riduzione dell’attività immunitaria.
Anche le turbe riparative del DNA, come accade nello xeroderma pigmentoso, si accompagna a un rischio molto elevato, circa mille volte più della popolazione normale, di sviluppare un melanoma e ciò accade, a riconferma del ruolo dell’esposizione ai raggi solari, pressocché unicamente nelle aree fotoesposte.

Cenni di clinica


I melanomi hanno origine dalla trasformazione maligna del melanocito e possono essere suddivisi in funzione del loro aspetto clinico e istopatologico, nonché dalla loro progressione.
Classicamente si distinguono quattro tipi di melanomi:
• melanoma a estensione superficiale (ubiquitario)
• lentigo maligna (ubiquitario e pressoché esclusivo del viso dei soggetti anziani)
• melanoma nodulare
• melanoma acrolentigginoso.
A questi vanno aggiunte forme rare e/o particolari.

Melanoma a estensione superficiale

Il melanoma a estensione superficiale (figura 3) è la varietà più frequente (70% dei casi). L’età media di comparsa è tra i 40 e i 50 anni e i siti di predilezione sono gli arti inferiori nella donna, mentre nell’uomo sono il dorso e gli arti superiori. La fase della crescita in superficie, senza superare la membrana basale, può essere di mesi o anni. La famosa regola dell’ABCDE (tabella 2) riveste in questo caso un prezioso ruolo diagnostico.
Un notevole aiuto è l’osservazione della lesione con un dermoscopio, che può essere collegato a una macchina fotografica o ad un elaboratore elettronico.
È assolutamente necessario precisare che il paziente va osservato su tutto l’ambito cutaneo, senza trascurare alcuna regione (cuoio capelluto, spazi interdigitali, genitali, ecc) e che con questa pratica si identifica spesso un ulteriore elemento semeiologico: il nevo difforme da tutti gli altri (il cosiddetto “brutto anatroccolo”), ossia quel nevo che per caratteristiche cliniche è diverso dagli altri nevi del paziente in esame.
In pratica ogni persona possiede uno, due o tre tipi di nevi, il cui aspetto è ricorrente all’osservazione, come se esistessero per ciascun individuo una o più famiglie di nevi, aventi ciascuna elementi simili tra di loro. Rinvenire un neo estraneo a questi gruppi di riferimento può essere identificativo di una lesione maligna.

Lentigo maligna

La lentigo maligna (figura 4) rappresenta dal 4% al 10% dei casi di melanoma. È più frequente negli individui di pelle chiara e nella popolazione femminile e si osserva principalmente negli anziani; è localizzata su zone cronicamente fotoesposte (viso, mani).
Si tratta di una lesione con l’aspetto di macula pigmentata con tonalità di colore variabile dal marrone al bronzeo, al nero, con una reticolazione nerastra più intensa distribuita casualmente. Queste lesioni hannono una durata di parecchi anni (da 5 a 40) prima di trasformarsi da lentigo maligna, cioè tumore in situ, in melanoma francamente invasivo. Ciò si rileva quando sulla superficie della neoformazione si nota una più forte intensità cromatica con comparsa di rilievi papulosi o nodulari accompagnati da lieve ipercheratosi. Talvolta sono presenti aree grigio-biancastre che indicano una regressione del tumore e rappresenta un fattore prognostico sfavorevole. La lentigo maligna è dovuta, contrariamente alla maggior parte dei melanomi, ad una esposizione cronica a raggi UV. Tuttavia l’evolutività di tali forme, anche se lenta, comporta a spessore uguale, una prognosi identica a quella degli altri melanomi.

Melanoma nodulare

Il melanoma nodulare (figura 5) rappresenta dal 15% al 30% dei melanomi. L’età più colpita risulta quella compresa tra i 50 e i 60 anni e la più alta incidenza è riscontrata nel sesso maschile.
Contrariamente alle forme precedenti non esiste o quasi nessuna crescita orizzontale, mentre si verifica, d’improvviso, la crescita verticale, che porta a una prognosi peggiore.
Ispettivamente appare sovente come un nodulo di aspetto arrotondato che cresce in poche settimane o mesi, di colore blu-nero, spesso omogeneo o, nelle forme acromiche, rosa-rosso. A volte predominano anche i toni marroni. Il rapido accrescimento può dar luogo a una lesione polipoide o a ulcerazione spontanea, ricoperta o meno da una crosta.

Melanoma acrolentigginoso
Il melanoma acrolentigginoso (figura 6) è una varietà rara nei bianchi (dal 2% all’8% dei casi), mentre è molto più frequente (dal 35% al 60% dei casi) nei negri, asiatici e ispanici. L’età media di comparsa oscilla tra i 50 e i 60 anni. Inizialmente si presenta come una macula bruna o nerastra che si forma nell’arco di qualche mese o in alcuni anni. I bordi della lesione sono generalmente frastagliati. Possono comparire alcuni noduli e dare luogo a un tumore esofitico con possibilità di ulcerazione. A volte può essere acromico e questo ritarda la diagnosi. Sedi di predilezione sono le zone palmo-plantari, il contorno e il letto ungueale.

Opzioni terapeutiche


La terapia chirurgica rappresenta il trattamento gold standard del trattamento del melanoma. Negli stadi avanzati il trattamento con interferone alfa è ancora argomento di discussione. La letteratura riporta che impiegando IFN-alfa-2b ad alte dosi si riscontra un aumento di sopravvivenza.
Molto promettenti, in questi stadi, sono gli studi relativi alla vaccinoterapia e dalla terapia cellulare.
Un ruolo cruciale nella modulazione della risposta immune antineoplastica dell’ospite è rivestito dalle cellule dendritiche. Le cellule dendritiche mature e “istruite” opportunamente un vitro, possono ripristinare l’avvio di meccanismi immunitari antineoplastici e determinare protezione contro successive inoculazioni di cellule tumorali o rigetto tumorale. L’approccio a queste nuove terapie necessita di ambienti dedicati, tecnologie innovative e di operatori formati per eseguire manipolazioni cellulari a scopo terapeutico nell’uomo.
Di recente in Italia è stata avviata una sperimentazione sull'uomo: in un organismo già vaccinato contro la salmonella, il batterio viene somministrato nuovamente, in forma attenuata, iniettandolo direttamente nell'area del melanoma dove va ad infettare le cellule tumorali. In questo modo scatena immediatamente la reazione del sistema immunitario che con le sue cellule killer (i linfociti T) va a eliminare queste cellule, non perché sono maligne, ma semplicemente perché infettate dalla salmonella.