M.D. numero 34, 15 novembre 2006

Focus on
I primi echi per il rinnovo della convenzione
di Monica Di Sisto

Iniziative e proposte dei sindacati di categoria per riaprire le trattative

Si riaprono ufficialmente le danze per il rinnovo dell’ACN della medicina di famiglia. Tre i passi iniziali: 1) una lettera, con la quale il segretario generale della Fimmg, Giacomo Milillo, chiede al presidente della Conferenza Stato-Regioni Vasco Errani e all’assessore alla sanità della Regione Toscana e coordinatore degli assessori alla sanità, Enrico Rossi, la riapertura delle trattative per il rinnovo della convenzione per la medicina generale, scaduta il 31 dicembre 2005; 2) lo stato di agitazione sindacale proclamato dallo Snami; 3) il documento di programma elaborato dal coordinamento medicina generale del nuovo Sindacato dei Medici Italiani (CumiAiss, Unamef, Sem, Api) per definire sfide e opportunità per il prossimo accordo.
Il ministro per la Sanità Livia Turco, in occasione del 59° Congresso Nazionale della Fimmg aveva annunciato dal canto suo la volontà di stringere un nuovo patto con i Mmg che avesse come centro la definitiva affermazione della medicina del territorio.
La realtà dei documenti, però, vuole che solo la metà delle Regioni italiane abbiano siglato accordi regionali integrativi, molti dei quali sono stati giudicati da esponenti sindacali incompleti perché non sono andati nella direzione delle indicazioni date dall’ACN né per la parte innovativa/normativa, né per la quota economica, né tanto meno nella direzione del tanto auspicato e indispensabile riequilibrio tra le varie figure della medicina generale. Il dubbio politico, tuttavia, è più radicale e lo pone la Cumi: negli ultimi anni “il Governo centrale invece di legiferare in materia di politica sanitaria ha prodotto, o meglio ha fatto produrre al ministero della Salute, esclusivamente normative e indicazioni tecniche, demandando alle Regioni le vere scelte politiche, oltretutto spesso inattuabili, e facendo sì che l’Italia si sia frammentata in tanti e diversissimi microsistemi sanitari”.

La ³Convenzione mancata² e i danni per la medicina generale
Arretratezza degli aspetti organizzativi e normativi legati ad accordi obsoleti e mai ritrattati; danno economico legato al mancato incremento pari al 30% del compenso del Mmg demandato agli accordi decentrati: sono due dei punti cruciali che le rappresentanze della medicina generale indicano come i principali danni incassati dai Mmg in assenza di rinnovo convenzionale.
La realtà che si coglie dai “boatos” raccolti nei siti di settore è fatta di aggravio dell’attività burocratica, di una sanità ospedalocentrica che tende a confinare la medicina del territorio in canoni di mero contenimento della spesa, svilendo il compito del medico di famiglia, che non potendo soddisfare il paziente può solo rimanere a disposizione 24 ore su 24, entrando in conflitto con quest’ultimo, negando quasi tutto quello richiesto perché tutto costa e i conti non tornano mai. C’è chi si aspettava dalle amministrazioni termini più originali, mentre quelli utilizzati dai Governatori, come anche dal ministro Livia Turco, sono slogan ormai datati: associazionismo, garantire la continuità assistenziale e il rapporto con l'ospedale, dotazione del computer, fare le prenotazioni per i pazienti, visite a domicilio.
Lo Snami di Bologna ha dichiarato lo sciopero nelle scorse settimane soprattutto contro l’idea che il medico sia un “ordinatore di spesa” e non “un clinico che deve badare, innanzitutto, alla tutela della salute dei cittadini”, ha affermato il presidente Snami-Bologna Francesco Biavati. Senza dimenticare che una recente sentenza (99/2006) del Giudice del Lavoro di Pordenone ha smentito il teorema secondo cui la prescrizione di farmaci al di sopra della media sia di per sé un indicatore di inappropriatezza e quindi di un danno erariale.

Voglia di Convenzione, ma forte e nazionale

Un “contratto nazionale forte e vincolante”, come chiede il Sindacato dei medici italiani (Simi), “normato in tutti i contenuti di politica sanitaria ed economici, vincolante nelle disposizioni alle Regioni, con compiti residuali e legati esclusivamente a obiettivi aggiuntivi locali di salute”. O, almeno, come chiede Snami attraverso il suo presidente Piergiuseppe Conti, “qualora la parte pubblica non reputi di riaprire le trattative per mancanza di certezze politico-amministrative di valutare l’opportunità di sottoporre a Sisac e ministero della Salute una proposta di convenzione ‘ponte’, in attesa delle trattative per il vero e proprio rinnovo dell’ACN”. Un documento di collegamento che potrebbe essere firmato, secondo Snami, “entro il prossimo dicembre o al massimo gennaio 2007, dopo un incontro intersindacale che si dovrebbe tenere nel mese di novembre”.
Al di là della tutela sindacale, tuttavia, a partire dal Sindacato dei medici italiani, il punto che i rappresentanti sindacali sollevano è culturale: “se non si cambia l’assetto organizzativo, se non si investe culturalmente e anche economicamente su nuovi modelli di sanità pubblica, fra qualche mese ci ritroveremo a discutere di sprechi, della necessità dei tagli, dei disservizi, delle liste di attesa, delle giuste proteste dei cittadini”. Il confronto dunque deve, necessariamente, ripartire dal territorio. La presa in carico del paziente non può prescindere dalla conoscenza del suo contesto sociale e familiare. È necessario riorganizzare le cure primarie attorno all’ambulatorio del Mmg, in perfetta armonia con tutte le altre figure professionali che operano sul territorio, all’interno di una rete integrata di servizi. Una prospettiva da poter trasferire sul tavolo delle future convenzioni.

Il Dipartimento delle cure primarie e il “ruolo unico”

La proposta sicuramente più dirompente che emerge dai sindacati è quella della creazione del Dipartimento delle Cure Primarie, per l’integrazione di tutte le figure operanti nel territorio: luogo di recepimento e soddisfazione della domanda di salute e di bisogni assistenziali, in particolare di fragilità e prevenzione. Il dipartimento “si rende necessario nel garantire partecipazione attiva e corresponsabilizzazione nel governo clinico - scrive Simi - contemporaneamente assicurando maggiore serenità nella conduzione del rapporto assistenziale, nei rapporti con il management aziendale e con le strutture di ricovero”. All’interno di esso è possibile anche implementare le forme associative complesse “ferme restando le peculiarità del rapporto fiduciario medico/paziente e la capillarità dell’assistenza a maggior tutela della salute del cittadino”.
Per questo diventa indispensabile l’istituzione del “ruolo unico di medico delle cure territoriali”, con possibilità per il professionista di tutte le attuali aree convenzionali di operare” integrando l’attività oraria in ambito dipartimentale e con possibilità di sviluppare una carriera sulla base di spinte vocazionali verso aspetti squisitamente clinici, manageriali, formativo-didattici o di ricerca, riconfigurando e così riqualificando il ruolo professionale giuridico di tutti i medici coinvolti”.
Fimmg auspica, a livello più generale, “il perfezionamento dello stato giuridico del Mmg, attraverso la costituzione di una specifica area libero-professionale omogenea, nella quale siano compresi i tre settori dell’Assistenza primaria, della Continuità assistenziale e della Dirigenza territoriale”. L’obiettivo è più esplicitamente, e a prescindere dallo strumento convenzionale particolare, “un nuovo percorso di carriera all’interno dell’area della medicina generale - ha spiegato Fimmg - restando sempre nella condizione di libero professionista convenzionato, che permetta l’accesso alle attività di formatori, ricercatori, componenti Ucad, direttori di distretto, di dipartimento, di componente di staff della direzione generale e anche di direttore generale.

Questioni di risorse


Nel frattempo i Governatori regionali in queste settimane sono al lavoro per ripartire tra loro quei circa 6 miliardi di euro di fondo sanitario in più da rispetto al 2006. E se tutto non se ne andrà in copertura dei buchi delle Regioni meno virtuose e di eventuali inefficienze, la sfida per una nuova geometria degli attori sul territorio resta tutta ancora da giocare.



Air: conflitti in aumento tra Regioni e sindacati

di Filippo Mele

Sono in forte incremento i conflitti tra Regioni e sindacati della medicina generale derivanti dal confronto per la stipula degli Accordi integrativi, ma non solo. L’ultimo “panorama” in materia è alquanto variegato. Si va dallo stato d’agitazione proclamato in Puglia, al ritiro della delegazione Fimmg in Basilicata, alla lentezza procedurale delle Marche, sino al “surplace” della Campania. Del “caso Puglia” abbiamo già ampiamente trattato (M.D. 2006; 31: 9) e la situazione al momento non si è sbloccata, come ha confermato il segretario regionale della Fimmg, Filippo Anelli.

Basilicata: la delegazione sindacale si ritira


In Basilicata, invece, di recente i termini della trattativa si sono inaspriti quando il direttivo regionale della Fimmg ha deciso di ritirare la sua delegazione “consapevole che nonostante le pubbliche esternazioni sul ruolo pregnante della medicina generale come pilastro insostituibile del Ssr, si continuano a mettere in atto azioni e programmi a livello regionale e aziendale che vanno nella direzione opposta”. Un comunicato duro, a firma del neo-vicesegretario nazionale oltre che segretario regionale, Carmine Scavone, diffuso dopo una mediazione durata 7 mesi senza che si giungesse allo sblocco della trattativa.
La decisione del sindacato è stata comunicata con lettera all’assessore regionale, Rocco Colangelo, e al direttore generale del Dipartimento salute e sicurezza sociale, Giuseppe Mantagano, oltre che ai Mmg della Basilicata.
“Nell’ultimo anno la Regione - ha sottolineato Scavone - ha mostrato un’inversione di tendenza, rallentando il potenziamento del territorio ed escludendo il sindacato dal ruolo d’interlocutore privilegiato che gli spetta e che si era conquistato. Nessuna decisione che coinvolge l’attività quotidiana dei medici di medicina generale è stata preliminarmente affrontata con il nostro sindacato (ricettari agli ospedalieri ed agli specialisti, formazione specifica). Al contrario, Regione e Asl continuano a decantare “l’eccellenza” del settore ospedaliero. Noi riteniamo che in una Regione con una strategia sanitaria tuttora non programmata e non chiara, (basti pensare che l’ultimo Psr è datato quasi 10 anni), con una rete ospedaliera che ha manifestamente sottratto e continua a sottrarre risorse economiche alla medicina generale, non è più sostenibile e tollerabile la strumentazione propagandistica dei rappresentanti istituzionali. In questi ultimi tempi, per esempio, è palese una spinta ancora ospedalocentrica a discapito di importanti servizi territoriali, in primis il 118, ancora in fase sperimentale dopo due anni”.
Oltre alle “questioni” di ordine generale che hanno portato la Fimmg alla rottura delle trattative, ci sono anche “questioni” di dettaglio. Eccole così come sono state elencate dal segretario regionale:
1) La Regione vede l’Air più finalizzato a regolamentazioni normative limitative piuttosto che a strumento di promozione dell’assistenza primaria;
2) le Aziende (soprattutto la Asl 1 di Venosa) non perdono occasione di additare i Mmg come unici colpevoli di sfondamenti di spesa ed inappropriatezza prescrittiva con destabilizzanti segnalazioni alla Guardia di Finanza;
3) la continua apertura di servizi territoriali non supportate da reale esigenza assistenziale, come la Geriatria del territorio (Asl 4), la Nefrologia territoriale (Asl 3), e l’autorizzazione all’apertura di tanti centri convenzionati privati, che non fanno che incrementare l’offerta e quindi la spesa;
4) le Aziende al tavolo regionale rifiutano di discutere sull’assistenza domiciliare e dall’altro sono pronte ad autorizzare l’apertura di Residenze protette, affidandone la conduzione a personale dipendente;
5) l’utilizzo del ricettario unico regionale agli specialisti ed agli ospedalieri senza precise normative e senza una discussione preliminare;
6) la mancata volontà di finanziare la sperimentazione dell’Utap.
Servirà la “pausa di riflessione” che si sono dati sindacalisti e, giocoforza, parte pubblica? Non resta che attendere.

Il paradosso marchigiano


Sospensione e attesa anche nelle Marche. Qui la situazione appare paradossale. Questa Regione, infatti, è stata la prima d’Italia a sedersi al tavolo della trattative. Solo che, in corso d’opera, è stata sorpassata da altre Regioni che erano partite successivamente. Una simile dilatazione dei tempi pare sia da annoverare a questioni di compatibilità economica. “La trattativa è in corso di definizione - ha spiegato il segretario regionale della Fimmg, Alberto Oliveti -. C’è qualche problema di valutazione di compatibilità economiche che stiamo portando a condivisione con l’assessorato regionale alla sanità. In tempi accettabilmente brevi, penso per fine anno, potremmo siglare il nuovo accordo regionale. Tra l’altro, impianto e struttura dell’Air sono abbastanza ben definiti. Si parte dai due precedenti accordi. L’ultimo del 2002, per molti aspetti è ancora attuale e fa sentire i suoi effetti positivi. Il nuovo Air deve essere implementato e integrato in relazione a quanto di nuovo è stabilito dalla convenzione nazionale. Meno definita, ripeto, è la sua componente economica. L’essere stati superati “in corsa” da altre Regioni è dipeso proprio dal fatto di avere uno strumento ancora valido e che soddisfa a pieno le nostre aspettative. In altre parole, desideriamo firmare un accordo migliorativo, non di stallo”.

E in Calabria il pasticcio degli assistiti fantasmi si sgonfia
Si va sgonfiando, intanto, il “caso” dei 400mila assistiti che sarebbero stati pagati in più, per molti anni, ai medici della Calabria (M.D. 2006: 32: 9). Un “caso” che scatenò un duro scontro tra l’assessore regionale alla sanità, Denis Lo Moro, e il segretario regionale della Fimmg, Pasquale Gallucci.
“In Calabria sicuramente non si è pagato per 400.000 persone in più rispetto al numero degli abitanti per quanto riguarda l’anagrafe assistiti del Ssr. I risultati finora acquisiti ci consentono di escludere l’evenienza”. è quanto affermato dalla Giunta Regionale in un documento approvato
all’unanimità.

“Posso anticipare che nel nuovo Air ci sarà piena libertà, senza tetto alcuno - tiene a sottolineare Oliveti - per le forme associative come per l’assunzione di personale infermieristico, di segreteria opportunamente formato da corsi regionali. In più, riconfermeremo la disponibilità telefonica come elemento indispensabile per il maggior coinvolgimento della medicina di famiglia nelle cure primarie. Il Distretto socio-sanitario, tra l’altro, dovrà diventare il luogo dove applicare concretamente il concetto di équipe territoriale e non solo quel che è adesso, un Distretto di medicina pubblica o di specialistica ambulatoriale. Con la Regione non c’è un conflitto, ma ribadisco semplicemente problemi inerenti la disponibilità economica e finanziaria”.
Ogni tanto nel gergo “sindacalese” fa capolino una parola nuova. Per esempio, sul sito regionale della Fimmg Marche si riporta la richiesta fatta dalla parte pubblica di firmare il nuovo Air ad “isorisorse”. Cosa significa? “Significa che la coperta è corta - spiega il segretario regionale - che la Regione ci chiede più attività a fronte di disponibilità economiche con cui non si può realizzare un sistema incentivante. Ed è difficile per dei professionisti firmare un accordo che di fronte alla richiesta di maggiori carichi di lavoro non stabilisca un sistema premiante”. Intanto, nelle Marche è stato chiuso un pre-accordo per cui tutte le forme associative in rete e in gruppo costituitesi dopo l’entrata in vigore dell’ACN e non pagate sino al giugno scorso lo saranno a prescindere dalla definizione dell’Air. Stessa cosa varrà anche per le indennità spettanti ai Mmg che hanno assunto personale di segreteria o infermieristico.

Il caso Campania


“In Campania, invece - ha dichiarato il segretario regionale della Fimmg, Angelo Castaldo - siamo ancora fermi al palo. Abbiamo avuto incontri con la Regione, ma ci siamo resi conto che non ci sono risorse economiche a disposizione per trattare. Anzi, l’unico discorso su cui si insiste è quello di dovere ripianare il debito pregresso. In questo quadro non possiamo dire che il nostro rapporto con la Regione sia conflittuale. Ci rendiamo conto che in Campania siamo di fronte a un grande problema di deficit sanitario a cui non si riesce a porre rimedio”.