M.D.
numero 34, 15 novembre 2006
Legislazione
Eutanasia e accanimento terapeutico
di Mauro Marin - Medico di medicina generale, Pordenone, Comitato
Etico AIMEF
I riferimenti legislativi deontologici ed etici a cui i medici
devono fare riferimento nellindeterminatezza di queste
definizioni
Nellincertezza
che caratterizza le definizioni di eutanasia e accanimento
terapeutico diventa sempre più problematico per il
medico affrontare richieste più o meno esplicite sia
da parte dei familiari sia del paziente di porre fine
a sofferenze inutili. Una problematica che attualmente
si inserisce in un controverso dibattito morale ed etico inerente
la necessità o meno di una legge italiana sulleutanasia,
sul modello vigente in Olanda. Proprio per questo diviene necessario,
soprattutto per il medico di famiglia nellunicità
dei casi che si presentano, potere far leva su quanto è
ora dettato dalla giurisprudenza, dallordinamento nazionale
ed europeo nonché dalla deontologia professionale.
La dolce morte
Per eutanasia si intende il provocare la morte in modo non doloroso
in caso di prognosi infausta e di sofferenza cronica intollerabile.
Si fa una distinzione tra eutanasia passiva, consistente nella
sospensione delle cure necessarie, ed eutanasia attiva, consistente
in atti medici diretti a provocare la morte, come la somministrazione
di farmaci letali (Goffi JY. Pensare lEutanasia, Einaudi
2006).
Lart. 36 del Codice Deontologico Medico del 1998 afferma:
il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare
né favorire trattamenti diretti a provocarne la morte.
Lart. 579 del Codice Penale punisce lomicidio del
consenziente con la reclusione da sei a quindici anni. In caso
di minori o infermi di mente, la pena è invece non inferiore
ad anni ventuno di reclusione (art. 575 CP), in quanto è
evidente che non si può definire leutanasia come
un suicidio assistito quando il soggetto risulti incapace di
effettuare la scelta in autonomia e di prestare un consenso
giuridicamente valido.
La Corte Europea dei diritti delluomo con sentenza del
29 aprile 2002 sul ricorso n. 2346/02 (presidente Pellonpaa
- Pretty contro Regno Unito) ha stabilito che nessuno può
chiedere allo Stato di consentire o facilitare la propria
morte.
Il testamento biologico
Il Comitato Nazionale di Bioetica ha redatto un documento a
favore del testamento biologico, con cui il malato può
sottoscrivere il suo rifiuto a ciò che considera accanimento
terapeutico, a condizione che esso sia facoltativo, che non
preveda leutanasia e che il medico possa rifiutarsi
di applicarlo se è contrario alla buona pratica clinica
o alla sua coscienza.
Il consenso personale, esplicito e informato del paziente capace
di intendere e volere è un presupposto essenziale dellatto
medico, secondo lart. 32 della Costituzione, lart.
30 del Codice Deontologico e la sentenza n. 14638/2004 della
Cassazione sezione Civile III. Ma invece non ha alcuna validità
il consenso o lopposizione espressa dai familiari in quanto
tali di un paziente capace di intendere e volere, secondo
la sentenza n 16882 del 14.5.1998 emessa dal Tribunale di Milano
sezione Civile VII.
Le facoltà dei tutori
La
Corte Suprema di Cassazione con ordinanza n. 8291 del 20 aprile
2005 ha dichiarato inammissibile la richiesta di praticare leutanasia,
presentata da un padre tutore per la figlia interdetta in quanto
incapace di esprimere la propria scelta. La Cassazione ha ritenuto
che nel caso sia applicabile lart. 78 CPC che prevede
la nomina di un curatore speciale quando sussista un possibile
conflitto di interesse tra il tutore e il soggetto sottoposto
a tutela.
Gli artt. 29 e 33 del Codice Deontologico affermano che in caso
di opposizione del rappresentante legale al trattamento necessario
e indifferibile a favore di minori o incapaci, il medico è
tenuto ad informare lautorità giudiziaria. In questo
caso cioè il medico può telefonare al giudice
tutelare (artt. 344 e 361 CC) o al giudice di servizio 24 ore
presso il locale Tribunale, direttamente o attraverso la più
vicina stazione dei Carabinieri, il quale può ordinare
i provvedimenti che ritiene necessari e indifferibili (artt.
333 e 424 CC).
Fornire le cure necessarie e indifferibili è una responsabilità
personale del medico in caso di stato di necessità (art.
54 CP).
Laccanimento terapeutico
Lart. 14 del Codice Deontologico afferma: il medico deve
astenersi dallostinazione in trattamenti da cui non si
possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del
malato e/o un miglioramento della qualità di vita.
Lart. 37 del Codice Deontologico afferma: in caso di malattie
a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale,
il medico deve limitare la sua opera allassistenza morale
e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo
al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile,
della qualità di vita. In caso di compromissione dello
stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia
di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile.
Il sostegno vitale dovrà essere mantenuto sino a quando
non sia accertata la perdita irreversibileno di tutte le funzioni
dellencefalo.