M.D. numero 34, 15 novembre 2006

Rassegna
Diagnosi e terapia della dismenorrea
di Lino Del Pup - Oncologia Chirurgica Ginecologica, Istituto Nazionale Tumori, Aviano (PN)

La dismenorrea è un sintomo frequente nella popolazione femminile in periodo fertile, con intensità e durata del dolore molto variabili. Le forme primarie, non associate a cause “organiche” diverse alla iperproduzione prostaglandinica, tendono a migliorare con l’età e dopo le gravidanze

I
l dolore nel periodo mestruale, la dismenorrea o l’algomenorrea, è un sintomo a torto trascurato, ma importante. È il problema ginecologico più frequente, anche se spesso non viene dichiarato al medico in quanto è considerato “normale”.
In genere non è dovuto a patologie pericolose e spesso si risolve spontaneamente o comunque si allevia con l’autoprescrizione di Fans. Si stima che dal 13% al 51% delle donne si siano assentate almeno una volta da scuola o dal lavoro per questo motivo e che il 5-14% vi siano costrette per la severità dei sintomi.
Quindi l’impatto sulla qualità di vita e sulle relazioni e dal punto di vista economico e lavorativo sono così rilevanti da meritare maggiore attenzione e un atteggiamento terapeutico più attivo di quanto si tende mediamente a seguire.

Diagnosi differenziale


Dismenorrea primaria

Per definizione la dismenorrea primaria non è associata a cause “organiche” clinicamente individuabili, ma all’iperproduzione di prostaglandine all’inizio del mestruo.
Inizia circa dopo sei-dodici mesi dal menarca, o comunque solo quando i cicli cominciano a essere ovulatori.
Il dolore è massimo all’inizio del ciclo e dura dalle 8 alle 72 ore e si può irradiare alla schiena, alla radice delle cosce e associare a cefalee, nausea, vomito e diarrea. Queste caratteristiche fanno sì che questo tipo di dolore mestruale abbia una buona prognosi e permettono di rassicurare la paziente ed eventualmente di prescrivere antiprostaglandinici o estroprogestinici.

Tabella 1 - Cause di dismenorrea secondaria
• Malformazioni uterine
• Endometriosi e adenomiosi
• Fibromi uterini
• Polipi endometriali
• Malattia infiammatoria pelvica
• Dispositivi endouterini

Dismenorrea secondaria
La dismenorrea secondaria è dovuta a cause organiche che vanno sempre ipotizzate e valutate, o escluse con l’anamnesi ed eventualmente con appropriate indagini. Può iniziare in qualunque periodo dopo il menarca, in particolare se è dovuta a malformazioni uterine può iniziare anche al primo o secondo ciclo mestruale.
In genere però tende a manifestarsi, anche in assenza di sintomi analoghi precedenti, nella terza e quarta decade di vita. Pertanto è utile chiedere alle pazienti se vi sono state modificazioni dei caratteri mestruali e fare sempre diagnosi differenziale delle cause organiche, riportate in tabella 1, che rendono questa forma di dismenorrea maggiormente meritevole di approfondimento specialistico e di trattamento.

Ruolo dell’anamnesi


I dati anamnestici che possono fare sospettare la presenza di cause organiche sono:
• modificazioni dei caratteri mestruali, quali ritmo, intensità e durata;
• comparsa di perdite ematiche vaginali intermestruali o postcoitali.
Il periodo di inizio rispetto al menarca va sempre indagato: le malformazioni uterine causano dolore appena iniziano i flussi mestruali, le prostaglandine possono essere prodotte in modo eccessivo nei cicli in cui vi è l’ovulazione, le patologie uterine in genere insorgono più tardivamente.
Le forme primitive tendono a migliorare con l’età e dopo le gravidanze.
Quelle secondarie generalmente peggiorano se non sono trattate e il ritardo diagnostico può rendere più difficile e rischioso o meno efficace il trattamento causale.
L’infertilità che si associa a dolore mestruale insorto secondariamente deve fare insorgere il sospetto, in particolare della presenza di endometriosi. Il dolore pelvico durante i rapporti, durante o dopo l’uso della spirale, oppure associato o conseguente a flogosi pelviche sono ulteriori elementi di rilievo. Fa insorgere il sospetto che vi sia una patologia organica anche la scarsa o assente efficacia dei trattamenti.
Va segnalato che l’intensità del dolore non necessariamente correla con la severità della patologia obiettivabile.

Esame obiettivo,ecografia e indagini mirate


È di fondamentale importanza l’accurato esame obiettivo pelvico, che può rilevare aspetti semeiologici non valutabili con la sola diagnostica per immagini: sede elettiva del dolore alla pressione, consistenza e mobilità degli organi pelvici, segni di irritazione peritoneale.
L’ecografia, preferibilmente eseguita per via transvaginale, permette di meglio diagnosticare malformazioni uterini, cisti endometriosiche, polipi endometriali e miomi.
L’adenomiosi è di difficile diagnosi e l’endometriosi negli stadi iniziali può essere rilevata o confermata solo dalla laparoscopia.
Nelle ragazze che non hanno ancora avuto rapporti completi è statisticamente probabile per l’età che si tratti di una forma primaria e quindi si possono omettere indagini invasive, facendo solo un’ecografia pelvica a vescica piena, dopo avere ben formulato il sospetto diagnostico, in modo da rilevare elementi di sospetto quali un eccessivo diametro trasverso dell’utero.
Se vi è il sospetto di infezioni si possono eseguire indagini microbiologiche, come il tampone vaginale con ricerca di Chlamydia, tenendone ben presenti i limiti diagnostici e le difficoltà interpretative.
Le indagini ematochimiche che possono essere prescritte sono il Ca 125 come marker dell’endometriosi (sensibilità 20-50%, specificità 80%) e l’emocromo con formula insieme con la PCR come indicatori di flogosi in atto. La valutazione deve essere però fatta in base al giudizio clinico complessivo, non essendo questi parametri sufficientemente sensibili né specifici per le patologie che sottendono la dismenorrea secondaria.

Gestione della terapia


Nelle forme primitive a volte può essere sufficiente rassicurare la paziente sull’assenza di patologie organiche.
Se il dolore è intenso si possono utilizzare farmaci antiprostaglandinici iniziati precocemente: solo se agiscono quando vi sono i prodromi del mestruo prevengono efficacemente l’eccessiva produzione di prostaglandine e i relativi sintomi. L’efficacia clinica è del 67%, con una range 17-95%. Vanno esclusi i casi a rischio per patologia gastroduodenale o va prescritta un’adeguata terapia gastroprotettiva se indicata.
Si può prescrivere un contraccettivo ormonale, per bloccare l’ovulazione, se la paziente lo desidera o lo necessita, sempre che non sia controindicato. L’efficacia sembra a grandi linee simile a quella
dei Fans, attestandosi attorno al 65%, ma hanno il vantaggio di potere fare da prevenzione o terapia anche delle cause organiche endocrinosensibili: polipi, fibromi, adenomiosi o endometriosi e delle infezioni pelviche non dovute a Chlamydia. Non risulta che il tipo di Fans o di estroprogestinico sia rilevante. La scelta sarà quindi preferibilmente orientata sull’efficacia clinica dimostrata nel singolo caso, sulla tollerabilità e sicurezza e sulle preferenze della paziente.
Se tali trattamenti non sono sufficienti o se vi è il sospetto di patologia organica la paziente con dismenorrea va inviata al ginecologo per il trattamento causale.
In presenza di sospetto di malformazioni uterine va indagato anche l’apparato urinario, e la gestione diviene di competenza superspecialistica per le potenziali importanti ripercussioni sulla fertilità.
Anche l’endometriosi necessita di competenze preferibilmente superspecialistiche, in particolare un’elevata competenza laparoscopica. In presenza di patologia ginecologica benigna, in genere meno impegnativa, quali polipi, miomi o aderenze post-flogistiche, lo specialista ginecologo di fiducia potrà eseguire l’eventuale trattamento isteroscopico e/o laparoscopico.
In caso di adenomiosi, menorragie e necessità di contraccezione è di prima scelta la spirale che rilascia levonorgestrel all’interno dell’utero per 5 anni. Le spirali al rame sono invece controindicate in presenza di dismenorrea.
L’uso di analoghi del GnRH può essere preso in considerazione, per pochi mesi, nei casi di dolore non responsivo o non suscettibile di ulteriori trattamenti in presenza di endometriosi, sospetta adenomiosi o per i miomi in attesa di intervento. L’eventuale aggiunta di estroprogestinici per limitarne gli effetti ipoestrogenici del GnRH è controversa, ma potenzialmente utile. I progestinici da soli, il danazolo o il gestrinone sono terapie utili soprattutto in presenza di endometriosi, ma possono avere effetti collaterali di tipo androgenico. I calcioantagonisti sono efficaci, ma non sono utilizzabili per questa indicazione elettiva.
Non vi sono ancora sufficienti dati per giudicare l’efficacia reale di trattamenti potenzialmente utili, come le vitamine B1, B6, E e K, il magnesio o gli acidi grassi omega-3.
L’esercizio fisico può essere utile, grazie all’effetto sulle beta-endorfine, ma non vi sono studi che lo comprovino con certezza. L’applicazione di una sorgente di calore a livello pelvico è efficace quanto i Fans e si può associare ad essi con effetto sinergico. È un rimedio antico che vale la pena continuare a proporre in quanto semplice, innocuo e di efficacia confermata da uno studio randomizzato e controllato: l’applicazione di una sorgente a 39 °C per 12 ore è efficace come l’ibuprofene alla dose di 400 mg per os, tre volte al giorno.
Il ruolo delle stimolazioni elettriche, della TENS e dell’agopuntura deve essere ulteriormente valutato, così come l’intervento di neurectomia presacrale. Ulteriori opzioni terapeutiche potenzialmente utili, ma in corso di valutazione sono: agonisti della vasopressina, nitroglicerina, sildenafil, inibitori dell’aromatasi e antispastici.