M.D. numero 36, 29 novembre 2006

Contrappunto
Le ricadute negative sui medici di famiglia delle osservazioni dell’Antitrust
di Luca Puccetti - Medico di medicina generale, Pisa, Presidente della Societā Medico Scientifica Promed Galileo

La censura sull’Air della Lombardia e la proposta di obbligare i medici a prescrivere, oltre la specialità, il principio attivo, in modo da consentire al farmacista o al paziente di scegliere il farmaco meno costoso, testimoniano una visione limitata della complessità delle questioni affrontate con l’obiettivo di pervenire solo a rapide soluzioni


L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha formulato una serie di osservazioni che hanno delle ricadute negative sulla professione dei medici di medicina generale, in particolare mi riferisco a quelle fatte sull’accesso alla professione di Mmg convenzionato con il sistema sanitario nazionale nella Regione Lombardia e alla richiesta di spostare il potere di somministrazione del farmaco dal medico al farmacista nel caso dei farmaci generici.

Accordo lombardo: i passaggi salienti dellšosservazioni del Garante
(…) L’Accordo regionale lombardo contiene una disposizione, rubricata “La rilevazione degli ambiti carenti di medicina generale”, che prevede la sospensione delle pubblicazioni delle zone carenti in presenza di determinate condizioni. In particolare, secondo la previsione, un nuovo medico di base può essere nominato (quindi la zona carente può essere bandita), soltanto se in un dato ambito, in cui operano diversi medici di base, la differenza tra la somma dei massimali potenziali di tutti i medici attivi in tale ambito e la somma di tutti gli assistiti dei medesimi medici è inferiore a 500 assistiti. In altri termini, secondo tale previsione, la zona carente non viene bandita, ma sospesa, se la differenza tra i due valori su indicati è superiore a 500.
Con riferimento a tale previsione, l’Autorità - in linea con le segnalazioni AS315 “Modalità di Accesso alla professione di Mmg convenzionato con il Ssn nella Regione Calabria” del 19 ottobre 2005 e AS347 “Accordo della Regione Toscana relativo ai medici di medicina generale” del 26 giugno 2006 - ritiene che essa comporti effetti restrittivi nell’accesso alla libera professione di medico di base in Lombardia.
In particolare, tale previsione produce il duplice effetto di ridurre ingiustificatamente il numero di medici di base attivi in un determinato ambito territoriale e di restringere la scelta da parte degli assistiti del proprio medico di base. Assistiti danneggiati anche per il fatto che dovranno scegliere un medico di base che, a causa della sospensione dei bandi per le zone carenti, si trova ad assistere un numero maggiore
di cittadini. L’Autorità sottolinea inoltre che, sulla base degli elementi forniti dalla Regione Lombardia, non emergono motivazioni idonee a giustificare tale restrizione, quali obiettivi di efficienza organizzativa ovvero di contenimento della spesa pubblica (...).

Fonte: Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Attività di segnalazione al Parlamento e al Governo AS364 04.10.2006-12.10.2006

Per quanto concerne l’accordo regionale lombardo ad essere sotto accusa è “la rivelazione degli ambiti carenti di medicina generale” che prevede la sospensione delle pubblicazioni delle zone carenti in determinate condizione considerate restrittive nell’accesso alla libera professione del Mmg in Lombardia e penalizzanti per gli assistiti che “dovranno scegliere un Mmg che, a causa della sospensione dei bandi delle zone carenti, si trova ad assistere un numero maggiore di cittadini (…)”.
Il Garante non ha per nulla compreso che la medicina generale italiana non è un mercato. Parte da posizioni assolutamente indimostrate e apodittiche quale quella che il Mmg che abbia un maggior numero di assistiti danneggi i suoi pazienti.

Ritorno al passato


I cittadini sono costretti a finanziare i cosiddetti “pareri” di un’Autorità che si esprime su campi di cui ignora le più elementari connotazioni. A testimoniare ulteriormente ciò, la richiesta di spostare il potere di somministrazione del farmaco dal medico al farmacista nel caso dei farmaci generici.
È tollerabile che un’Autorità chieda di ripristinare qualcosa che c’è già stato e che ha prodotto effetti dannosi tanto da indurre la Regione Toscana a imporre ai farmacisti, con una circolare regionale dell’08.06.2006, di interrompere la sistematica sostituzione del prodotto prescritto dal medico?
Vogliamo soffermarci sugli effetti abnormi che una tale legislazione ha prodotto? Tranne nel caso che il medico apponga la dicitura “non sostituibile”, dal novembre 2001 il farmacista può dispensare, in pratica a sua discrezione, qualunque farmaco abbia eguale composizione e formulazione. Questo ha portato alcune zone del Paese alla sistematica sostituzione del prodotto prescritto dal medico. A tal punto si è spinta questa pratica in Toscana da indurre la Regione a intervenire con una circolare che limita la sostituibilità del generico a opera del farmacista nei soli casi in cui il medico non indichi l’azienda produttrice del generico o prescriva un farmaco avente prezzo superiore a quello di riferimento e non apponga la dicitura “non sostituibile”.

Le disposizioni della Regione Toscana
“In riferimento ad alcune segnalazioni circa la spedizione, da parte delle farmacie, di ricette contenenti la prescrizione di medicinali soggetti a prezzo di riferimento di cui all’articolo 7 della legge 405/01 e successive modificazioni ed integrazioni si precisa quanto segue:
Per i farmaci, sottoposti a prezzo di riferimento riportati negli appositi provvedimenti della Giunta Regionale, qualora il medico nel prescriverli indichi il nome commerciale della specialità medicinale o, nel caso di farmaci equivalenti, specifichi oltre al principio attivo la azienda titolare dell’autorizzazione alla immissione in commercio (AIC), al farmacista, all’atto della dispensazione, è consentita la sostituzione, come previsto
dalla succitata legge 405/01, solo nel caso in cui il medicinale prescritto abbia un prezzo al pubblico superiore a quello indicato nel provvedimento regionale in vigore alla data di spedizione della ricetta; limitatamente alla prescrizione di farmaci equivalenti, ricompresi
nei sopraccitati elenchi, nel caso in cui il medico abbia omesso di indicare la azienda titolare della autorizzazione alla immissione in commercio il farmacista è tenuto a garantire la libera scelta dell’assistito.
Nel caso in cui non sia disponibile nel ciclo distributivo il farmaco al prezzo di riferimento indicato dal provvedimento regionale in vigore, come specificato nella Delibera G.R. n. 1189 del 29 ottobre 2001, il farmacista provvede a consegnare all’assistito il farmaco al momento disponibile nel normale ciclo distributivo avente il prezzo immediatamente superiore senza richiedere all’assistito stesso alcun onere”.

Fonte: Circolare 08.06.2006 della Giunta Regionale Toscana

Un’Autorità che esprime pareri tanto lontani dall’essenza dei problemi e ignorando la specificità del contesto di riferimento costituisce un problema di rilevanza nazionale che dovrebbe porre non solo in serio imbarazzo, ma in allarme chi ha il compito di vigilarne sull’operato. La concezione che la concorrenza porti, in re ipsa, a virtuose condotte nell’ambito della sanità è destituita di ogni fondamento. Le esperienze di altri Paesi dimostrano l’esatto contrario. Laddove la sanità viene regolamentata principalmente da leggi di mercato la spesa sanitaria è altissima e la qualità dell’assistenza media molto inferiore a quella italiana. E che dire dell’assunto in base al quale un medico che abbia molti assistiti addirittura danneggi i propri pazienti? Un’affermazione lesiva della dignità dei medici e assolutamente destituita di alcun fondamento. Paesi di lunghissima tradizione in ambito di sanità pubblica, come il Regno Unito, consentono un limite di pazienti per ogni General Practitioner molto superiore a quello italiano. Chi abbia anche solo minime conoscenze non avrà difficoltà a comprendere le motivazioni di tali scelte. Un medico che ha molti pazienti ha un’esperienza mediamente maggiore nell’affrontare casi più rari in forza di un semplice ragionamento statistico.
Ma ancora più grave è la visione che il cittadino sia una sorta di consumatore di servizi sanitari che debba in qualche modo ottenere alle migliori condizioni da parte del medico di medicina generale, tenendolo continuamente sotto scacco con lo spauracchio della revoca. È una visione assolutamente distorta del rapporto medico paziente e del ruolo e della funzione della medicina generale che è propedeutica a un utilizzo appropriato e corretto delle risorse sanitarie, un deterrente al consumismo sanitario tanto costoso quanto improduttivo e poco solidale.