M.D. numero 36, 29 novembre 2006

Editoriale
Interventi di circostanza: male italiano del Ssn


Il Servizio Sanitario Nazionale ha di nuovo il mal di ricetta. Il problema è stato sollevato dal Garante per la concorrenza, secondo il quale, se è vero che anche nel comparto sanitario la variabile dei consumi è parte integrante, anche in questo ambito bisogna agire seguendo i due principi maestri del mercato: evitare il conflitto d’interessi e liberare la concorrenza. Per sfuggire al rischio di controllo del sistema da parte delle aziende farmaceutiche, testimoniato dalla minaccia di sospendere “temporaneamente” le sponsorizzazioni di convegni per i medici destinati alla loro formazione, con un taglio che ammonterà almeno a 300 milioni di euro l’anno, il buon Garante indica una cura infallibile. In una lettera a Governo e decisori vari ha suggerito che i medici vadano obbligati a prescrivere il principio attivo o a indicare nella ricetta la possibilità per il paziente di acquistare un farmaco generico a costo più basso, fatta salva la facoltà al medico di poter comunque specificare per motivi clinici l’eventuale “non sostituibilità” del medicinale prescritto.
Ma non sarebbe meglio riprendere il problema della governance del sistema nel suo complesso, compiendo scelte magari impopolari, ma complessive, invece di procedere con interventi-spot che gravano sulle spalle di un solo attore, il medico? La domanda radicale da porsi è: il medico è libero di prescrivere la specialità che vuole, oppure le condizioni “ambientali” sono talmente cogenti che gli interessi industriali del nostro Paese sono troppo più forti di lui? Chiedere al medico di essere lui l’arbitro della scelta, costringendolo a prescrivere il principio attivo e ad indicare la sostituzione al farmacista, come è stato anche detto da rappresentanti della categoria, ha il sapore della scorciatoia, ma anche della rivalsa su un settore produttivo del Paese tra i pochi il cui fatturato, tra il 2001 e il 2005, è cresciuto del 34.3% e gli addetti del 21.3%.
Tra i provvedimenti-tampone più popolari riesumati in queste settimane da imprese e medici c’è il benedetto ticket sulla ricetta: forbice imparziale sui consumi finali, che responsabilizza il paziente imponendogli di pensare bene a ciò che fa quando si rivolge al suo medico. Ma siamo sicuri che questo scarico di responsabilità rafforzi la medicina generale? Una forte medicina delle cure primarie non emerge spontaneamente, come la professione ha avuto modo di ribadire anche dal congresso Wonca di Firenze: richiede appropriate condizioni nel sistema sanitario per mettere i professionisti delle cure primarie nelle condizioni adatte ad assumere la responsabilità della salute delle persone che assistono. Una concreta valorizzazione organizzativa, ma anche la cultura che la medicina generale esprime nell’approccio ai problemi di salute, rappresenterebbe la migliore risposta possibile alla crisi di sostenibilità dei sistemi sanitari. C’è qualcuno in questo Paese disposto a crederci, non solo a parole?