M.D. numero 36, 29 novembre 2006

Farmaci
Terapia delle infezioni da virus erpetici: focus su famciclovir
di Nicoletta Cassano e Gino Antonio Vena - Clinica Dermatologica II, Università degli Studi di Bari

Famciclovir - profarmaco di penciclovir - presenta un’azione rapida e mirata nel bloccare la replicazione virale. Il favorevole profilo di tollerabilità ne rende sicuro l’impiego in popolazioni di pazienti particolari,
come anziani in politerapia e immunocompromessi


Le molecole disponibili per il trattamento delle infezioni da virus erpetici di maggiore interesse dermatologico (virus Varicella zoster - VZV, e virus Herpes simplex - HSV di tipo I e II) sono aciclovir, valaciclovir (profarmaco di aciclovir), famciclovir (profarmaco di penciclovir) e brivudin. Tutti i farmaci sono attivi sui tre virus erpetici, ad eccezione di brivudin, il cui spettro di attività è rivolto contro VZV e HSV-1, anche se il farmaco è registrato soltanto per il trattamento dell’Herpes zoster.
In questa breve revisione sarà focalizzata l’attenzione sui rilievi farmaco-terapeutici salienti di famciclovir, valutando eventuali differenze con gli altri antivirali.

Impiego clinico


La riattivazione del VZV, responsabile dell’Herpes zoster, si verifica in circa il 20% della popolazione generale nell’arco della propria esistenza. Il rischio aumenta con l’aumentare dell’età del soggetto: in oltre la metà dei casi, infatti, risulta interessata la fascia di età compresa tra 50 e 70 anni. Altri fattori implicati nell’insorgenza dell’Herpes zoster sono rappresentati da stress psico-fisici, neoplasie (soprattutto linforeticolari), immunosoppressione iatrogena e immunodepressione.
Una caratteristica clinica rilevante dell’Herpes zoster è rappresentata dal dolore, che ha un decorso piuttosto imprevedibile. In molti casi il dolore regredisce parallelamente alla guarigione del rash o poco dopo, mentre in altri casi la fase acuta può cedere il passo a una forma cronica di nevralgia post-erpetica (NPE). Anche il rischio di NPE e di dolore più duraturo e intrattabile aumenta con l’età. Vengono riconosciuti altri fattori di rischio di NPE, quali severità del dolore prodromico e del dolore associato al rash, estensione del rash, sesso femminile e localizzazione oftalmica.
Gli studi sull’Herpes zoster sottolineano l’importanza di un intervento precoce con antivirali non soltanto per limitare il danno acuto, la disseminazione, la contagiosità e le complicanze, ma anche per fare fronte al dolore e alla NPE, con un rilevante vantaggio in termini di rapporto costo/beneficio, tenuto anche conto del fatto che la gestione della NPE è complessa e non di rado frustrante.
Famciclovir è registrato per il trattamento dell’Herpes zoster al dosaggio di 250 mg per tre volte al dì (3/die) per 7 giorni, con la possibilità di raddoppiare la dose a 500 mg 3/die per 7 giorni in caso di Herpes oftalmico e nei soggetti a rischio di NPE e per 10 giorni negli immunocompromessi.
L’analisi degli studi clinici testimonia il positivo impatto di famciclovir sull’Herpes zoster acuto e sulla NPE. Questi risultati evidenziano inoltre che il controllo della sintomatologia dolorosa si determina più rapidamente con la dose di 500 mg 3/die e che l’effetto sulla risoluzione della NPE è ancora più positivo nei pazienti con più di 50 anni, notoriamente più a rischio.
Inoltre, dati indiretti sembrano suggerire alcune differenze a favore di famciclovir rispetto ad altre molecole in termini di miglioramento della NPE (figure 1 e 2).
Per quanto concerne l’Herpes genitale, famciclovir è attivo sia nel trattamento dell’infezione primaria e ricorrente sia nella soppressione delle recidive dell’immunocompetente e dell’immunocompromesso. La terapia soppressiva, fondamentale per la gestione di pazienti con un numero frequente di recidive, impedisce la trasmissione del virus anche in soggetti asintomatici. Un recente studio ha posto in rilievo la superiorità rispetto al placebo nell’Herpes genitale recidivante di uno schema posologico alternativo di famciclovir, somministrato alla dose di 1000 mg 2/die per un solo giorno. Questo schema, al momento ‘off-label’, risulterebbe vantaggioso nel migliorare la compliance dei pazienti al trattamento.
Considerando altre possibilità di impiego ‘off-label’ di famciclovir, un recente studio controllato ha dimostrato l’utilità di 1500 mg in singola dose o in due dosi da 750 mg per un solo giorno, entro un’ora dalla comparsa dei sintomi, nel trattamento delle recidive di Herpes labiale. Vari schemi posologici si sono dimostrati utili nella profilassi dell’infezione da HSV dopo procedure di laser resurfacing.

Farmacocinetica e meccanismo d’azione


La molecola di famciclovir è molto stabile nel tratto gastroenterico e subisce un rapido e completo assorbimento, che appare prevedibile e non modificato dai pasti; la biodisponibilità è costante e molto ampio è il volume di distribuzione tissutale. Già questi aspetti mettono in luce le prime differenze con gli altri analoghi nucleosidici, dal momento che l’assorbimento di aciclovir manca di prevedibilità, e quello di valaciclovir è dose-dipendente, suscettibile di saturazione e influenzabile da ioni organici. Inoltre, la stabilità di valaciclovir nel lume gastroenterico potrebbe risentire delle variazioni del pH. Famciclovir viene convertito rapidamente e pressoché completamente in penciclovir. La biodisponibilità di penciclovir derivato da famciclovir è di circa il 77%, piuttosto alta se la si confronta con quella di aciclovir derivata da aciclovir come tale (10-20%) e anche dal suo profarmaco valaciclovir (54%).
Il meccanismo d’azione degli analoghi della guanosina, aciclovir e penciclovir, condivide aspetti comuni, coinvolgendo gli stessi target molecolari virali: timidina-chinasi e DNA-polimerasi. L’azione dei farmaci ha luogo unicamente in cellule infette, in quanto prevede l’attivazione preliminare specifica da parte della timidina-chinasi virale e non comporta tossicità nei confronti di cellule in attiva replicazione non soggette a infezione. L’attività antivirale consegue all’incorporazione dei composti attivi (trifosfato) nel DNA del virus a opera della DNA-polimerasi virale. Esistono tuttavia delle differenze tra aciclovir e penciclovir. In primo luogo, l’affinità maggiore di penciclovir per la timidina-chinasi si traduce in una conversione facilitata nella forma attiva, rapida (in circa un minuto) e stabile nel tempo, a differenza di aciclovir-trifosfato, che si forma invece dopo circa 1 ora e subisce una drastica riduzione dopo il raggiungimento del picco.
Di contro, la maggiore affinità di aciclovir-trifosfato nei confronti della DNA-polimerasi virale potrebbe giustificare il rapido consumo intracellulare di aciclovir-trifosfato la cui attività, tra l’altro, declina con la caduta dei livelli plasmatici, mentre l’attività di penciclovir-trifosfato a livello intracellulare è persistente in maniera indipendente dai livelli plasmatici.
Tutti questi presupposti si traducono in profonde differenze nell’emivita intracellulare, che risulta per penciclovir di circa 7-11 ore in cellule infettate da VZV, 10 ore in cellule infettate da HSV-1 e 20 ore in cellule infettate da HSV-2, mentre è al massimo di 1 ora in cellule infettate da VZV, HSV-1 e HSV-2 per aciclovir (e quindi anche valaciclovir). Alcuni dati interessanti possono essere desunti da studi su modelli animali, che hanno mostrato l’effetto più rapido, completo e duraturo di famciclovir rispetto a valaciclovir, anche in condizioni di immunodepressione o in caso di somministrazione ritardata.
Un ulteriore dato di rilievo, non condiviso da aciclovir, è la capacità di penciclovir di indurre apoptosi in vitro nelle cellule infette, che potrebbe essere almeno in parte responsabile della maggiore attività nei modelli animali. L’induzione della morte programmata delle cellule infette potrebbe, infatti, favorire la delimitazione del focolaio d’infezione e la persistenza di un’attività replicativa residua.
Per quanto riguarda brivudin, una differenza sostanziale rispetto agli altri antivirali è che esso è un analogo della timidina, fatto che giustifica le interazioni con il 5-fluorouracile o altri derivati pirimidinici, a differenza degli analoghi della guanosina, come riportato in tabella 1.



Profilo di tollerabilità


La tollerabilità di famciclovir è molto buona, paragonabile a quella del placebo negli studi clinici.
L’indipendenza dell’enzima responsabile dell’ossidazione di famciclovir dal citocromo P450 giustifica l’assenza di interazioni con i numerosi farmaci metabolizzati tramite questa via. Il profilo di tollerabilità viene pertanto preservato anche in pazienti sottoposti a politerapia, inclusi gli immunocompromessi. Come per gli altri analoghi della guanosina, si deve considerare la possibile riduzione della clearance da parte di farmaci escreti per via renale, come probenecid.
Rispetto alle interazioni farmacologiche riportate nelle schede tecniche degli antivirali, non sono emerse ulteriori novità a parte la possibilità che l’interazione tra micofenolato mofetil e valaciclovir sia probabilmente in grado di indurre effetti clinicamente rilevanti, come suggerito dalla descrizione di un caso di neutropenia verosimilmente correlata all’assunzione contemporanea dei due farmaci.
Un’epatopatia cronica ben compensata non richiede cambiamenti nella dose di famciclovir, come dimostrano valutazioni effettuate in soggetti con epatite cronica, alcolismo cronico e cirrosi biliare primitiva. D’altra parte, i numerosi studi con famciclovir in soggetti con epatite HBV-correlata sono un’indiretta conferma della tollerabilità in corso di epatopatia. Di contro, sono necessari aggiustamenti posologici in caso di insufficienza renale, come accade per gli altri analoghi della guanosina. A questo proposito si stanno accumulando sempre più segnalazioni legate alla neurotossicità di aciclovir o valaciclovir prevalentemente in pazienti con insufficienza renale.
Alcuni autori ritengono che la neurotossicità indotta da aciclovir in corso di insufficienza renale sia imprevedibile e possa verificarsi anche con bassi dosaggi.
Nella tabella 1 sono riassunte informazioni sul profilo di tollerabilità degli analoghi nucleosidici.
In conclusione, considerando l’insieme dei dati finora disponibili, il profilo di tollerabilità di famciclovir rimane favorevole, cosa che rende il farmaco ancora più sicuro in popolazioni di pazienti particolari, come gli anziani e gli immunocompromessi, inclusi i pazienti HIV-positivi.