M.D. numero 36, 29 novembre 2006

Pratica medica
Dalla diagnosi infausta di tumore polmonare a quella più benigna di actinomicosi
di Marcello Pugliese - Medico di medicina generale, specialista in Cardiologia, Donnici Inferiore (CS)

SC, che ha 88 anni, è uno dei miei primi assistiti. Nell’aprile 2006, vengo chiamato dai familiari perché nella sua abitazione, a riposo e improvvisamente, ha perso conoscenza per alcuni secondi e ha manifestato afasia e impossibilità a muovere l’arto superiore sinistro. Ex fumatore, non iperteso né diabetico né dislipidemico, da oltre 60 anni è portatore di valvulopatia mitralica e aortica, per la quale fu esonerato dal servizio di leva. L’assenza quasi completa di sintomi di rilievo a riposo e nel compiere attività fisica di grado medio-severo hanno sempre motivato il paziente a rifiutare il mio invito e quello degli specialisti cardiologi a sottoporsi a valutazione cardiochirurgica per la programmazione dell’intervento correttivo, preferendo la terapia conservativa con ACE-inibitori, sartani, diuretici, antiaggreganti.


Visita domiciliare
Anamnesi: il paziente ha una forte familiarità cardiopatica con numerosi casi familiari di valvulopatie congenite o acquisite.
I primi accertamenti specialistici strumentali eseguiti oltre 20 anni fa dimostravano l’esistenza di insufficienza mitralica e tricuspidalica di media entità ed insufficienza aortica di entità lieve-media, con conservazione degli indici di funzionalità ventricolare, assenza di trombosi endocavitarie e persistenza di ritmo sinusale.
Esame obiettivo: ipotensione (PA 80/60 mmHg), tachiaritmia cardiaca (f.v.m. 132/m), assenza di segni di stasi polmonare.
Chiedo quindi l’intervento dell’ambulanza del 118 per l’immediato trasferimento del paziente nel vicino ospedale per la verosimile presenza di accidente vascolare tromboembolico.
Nel frattempo eseguo un ECG che conferma l’esistenza di fibrillazione atriale ad alta frequenza in assenza di segni di necrosi miocardica e di aritmie ventricolari e che mi consente di praticare le terapie farmacologiche del caso per ridurre la frequenza ventricolare e la sindrome da bassa portata.

Ricovero ospedaliero e diagnosi

  • Esami neuroradiologici: confermano l’esistenza di lesione ischemica unica a livello della capsula interna destra (che presenta una completa regressione alla TAC effettuata prima della dimissione, così come una completa regressione si ottiene per i segni e sintomi fisici del danno neurologico).
  • Esami ematochimici: tutti nella norma.
  • Rx torace: conferma cardiomegalia (già presente nei radiogrammi degli anni precedenti).
  • Ecocardiografia: conferma l’esistenza della patologia valvolare plurima, ma in assenza di trombosi endocavitaria.
La stessa fibrillazione atriale, verosimile causa dell’ischemia cerebrale acuta, regredisce quattro ore circa dopo il ricovero. Il paziente viene quindi dimesso con diagnosi di ictus cerebrale ischemico in soggetto con fibrillazione atriale parossistica e valvulopatia mitro-aorto-tricuspidale.

Programmazione dell’intervento cardiochirurgico


A questo punto, dopo l’instaurazione della terapia anticoagulante orale atta a prevenire nuovi episodi tromboembolici, propongo una consulenza per la valutazione cardiochirurgica.
Viene ovviamente posta indicazione all’intervento correttivo sulle tre valvole cardiache danneggiate.
Anche il mio paziente, conscio dei rischi ai quali andrebbe incontro rifiutando l’intervento, accetta la soluzione terapeutica.
Si programma pertanto il ricovero presso il centro cardiochirurgico della città vicina per l’intervento correttivo. Il ricovero viene effettuato puntualmente circa un mese dopo l’episodio cerebrovascolare, con l’iter diagnostico stabilito per tale tipo di condotta chirurgica.

Riscontro di presumibile patologia oncologica


Tre giorni dopo il ricovero ricevo una telefonata del figlio del paziente, il quale mi avvisa delle dimissioni anticipate del padre, in quanto non operabile per la presenza di un tumore polmonare con grossolane metastasi epatiche.
Mi informa anche che, poiché gli oncologi consultati poco prima della dimissione sono stati categorici e hanno sconsigliato qualsiasi terapia antiblastica a causa dell’età del padre e dell’estensione della malattia, intende fare visitare il genitore da un altro oncologo per avere un’ulteriore, anche se a suo dire inutile, conferma della diagnosi.
Resto ovviamente sorpreso e sconcertato per l’imprevista comparsa della grave patologia, che fa saltare tutti gli interventi terapeutici previsti e fa presagire un exitus inevitabile e in tempi brevi e chiedo al figlio di tenermi informato.
La settimana successiva il figlio ritorna in ambulatorio, riferendomi che anche il secondo oncologo ha confermato la diagnosi e ha consigliato di non praticare alcuna terapia radiante o chemioterapica vista l’età e il quadro clinico e di praticare, al limite, solo la cosiddetta “terapia Di Bella”. Infatti mi presenta un foglio di carta intestata di un collega con la prescrizione di una decina di farmaci, chiedendomi se qualcuno di questi fosse prescrivibile a carico del Ssn.
Blocco però la sua foga prescrittiva e inizio a chiedere notizie più particolareggiate sulle condizioni del padre.
Mi riferisce che all’atto del ricovero presso il centro cardiochirurgico il padre presentava un severo stato di deperimento organico associato a persistente febbricola, astenia, anoressia e tosse con escreato macchiato di sangue.
Noto la cartella degli esami che porta con sé e gli chiedo di poterla visionare.
Mi consegna il faldone quasi con sufficienza e con espressione del viso a significare: "Tanto hanno già visto tutto illustri oncologi e clinici. Cosa può capire di più un semplice medico di famiglia?"”.

Cartella clinica


Dalla cartella clinica del ricovero in cardiochirurgia si evidenziano:
  • Esame obiettivo addominale: epatomegalia con fegato debordante 2-3 dita sotto l’arcata costale, non dolente, con margine duro e arrotondato.
  • Esami ematochimici: tutto nella norma, eccetto VES 30. Marcatori oncogeni negativi.
  • Ecocardiogramma mono- e 2d con colordoppler: conferma dell’esistenza di insufficienza valvolare mitralica e tricuspidale medio-severa e insufficienza valvolare aortica di media entità. Frazione di eiezione 52%. Normali gli indici di contrattilità e i diametri endocavitari ventricolari. Dilatazione biatriale.
  • Rx torace: accentuazione della trama bronco-vasale con riconversione del circolo verso gli apici. A livello della regione medio-apicale sinistra lesione a margini e densità irregolari che richiede ulteriori approfondimenti specialistici e strumentali.
  • Consulenza pneumologica: bronchite cronica. Verosimile neoplasia bronchiale con interessamento pleurico. Si consiglia TAC spirale di polmoni e fegato.
  • TAC ad alta risoluzione torace e addome con mdc: neoformazione di circa 5 cm di diametro del campo polmonare medio-apicale sinistro, a margini irregolari, che sfiora il foglietto pleurico e non manifesta variazioni durante l’iniezione del mdc. A livello epatico, nei segmenti 1-2-3, si reperta grossolana formazione di circa 8 cm che comprime i tessuti circostanti, di densità inferiore a quella del parenchima circostante, uniformemente iperdensa dopo iniezione di mdc. L’esame orienta per la presenza di neoplasia polmonare primitiva con secondarismo epatico. Si consiglia l’esecuzione di ulteriori accertamenti per la stadiazione clinica del tumore.

Dubbi diagnostici

Il referto della TAC, effettivamente, emette una diagnosi che mi inchioda letteralmente alla sedia ma, notando il bustone giallo contenente le lastre dell’esame, chiedo di poterle visionare. Il figlio mi passa le lastre con la stessa aria di sufficienza di prima ma stavolta, con mio grande stupore, aggiunge: “I due oncologi consultati hanno detto che non c’era bisogno di guardarle, visto il referto, e in effetti non le hanno neanche guardate!”.
Posiziono le lastre sul diafanoscopio e inizio a sudare freddo alla vista della lesione di 5 cm nel polmone sinistro e dell’altra di 8 cm a livello epatico. Però, seppure io sia Mmg e non radiologo o pneumologo od oncologo, il fiuto e l’esperienza (che ogni Mmg sviluppa nel corso di anni di attività in prima linea) iniziano a farmi sorgere una serie di dubbi che alla fine, alla luce della conoscenza diretta del paziente, dei suoi trascorsi clinici e degli esami che ho appena visionato, mi fanno sbottare: “A me questo non sembra un tumore con metastasi”.
Al figlio (esterrefatto e che probabilmente comincia ormai a dubitare della mia sanità mentale oltre che delle mie capacità professionali), propongo di ricoverare il padre presso il locale ospedale pneumologico per ulteriori accertamenti e, dopo una lunga ed estenuante contrattazione (ostacolata dalla concezione che ormai il destino del mio paziente appare segnato inesorabilmente), ottengo l’assenso del figlio, forse sicuro di potere dare un’inutile ma severa lezione a un semplice Mmg.
Contatto personalmente il responsabile del reparto di oncologia pneumologica esponendogli il caso. Programmiamo il ricovero per il giorno successivo.

Diagnosi definitiva


Il paziente viene dimesso dopo 15 giorni, tempo necessario per ripetere tutti gli esami di routine e quelli specialistici, nuove TAC di torace ed addome, broncoscopia, esame dell’espettorato, esame bioptico di polmone e fegato.
La diagnosi di dimissione è: “broncopolmonite actinomicotica a focolaio unico nel campo medio-basale sinistro, verosimilmente acquisita in ambiente ospedaliero, in soggetto valvulopatico. Angioma epatico”.

Terapia e risoluzione del caso


La terapia antimicotica iniziata durante il ricovero e proseguita per un periodo adeguato ha consentito, a distanza di due mesi, durante i quali sono stati eseguiti tutti i controlli del caso, di verificare la completa scomparsa della lesioneno polmonare.
La ripresa delle condizioni fisiche, il giudizio pneumologico di guarigione clinica e la nuova positiva valutazione cardiochirurgica, invece, hanno consentito al mio paziente di essere nuovamente inserito nella lista d’attesa per essere sottoposto a intervento cardiochirurgico di correzione della valvulopatia mitro-aorto-tricuspidale, in modo da potersi godere una serena vecchiaia.