M.D. numero 37, 6 dicembre 2006

Professione
La qualità come sfida per la categoria
di Anna Sgritto

Al centro dell’ultimo Congresso nazionale Simg accanto al tema del governo clinico, che resta un obiettivo centrale della politica della Società scientifica, si è fatta strada un’inaspettata proposta per definire un documento condiviso all’interno della professione delle priorità da sottoporre alla conferenza sulle cure primarie, annunciata per il prossimo anno dal ministro della Salute

Un’attenzione continua, quella dedicata dalla Società Italiana di Medicina Generale nei confronti della Clinical Governance (CG). Anche quest’anno al centro del 23° Congresso nazionale Simg, svoltosi a Firenze, ritroviamo il tema del governo clinico quale strumento per il miglioramento e la valutazione della qualità delle cure, che, come sottolineato dal presidente Claudio Cricelli, rimane l’obiettivo centrale della politica della Società scientifica in coerenza con gli indirizzi di politica sanitaria generale del Paese. Avendo già posto al centro dei precedenti convegni nazionali la cornice teorica e le possibili applicazioni organizzative e gestionali della CG nella quotidianità della professione, il Congresso è stato caratterizzato dal confronto tra l’impostazione del sistema di programmazione e controllo e il livello di percezione e attuazione da parte dei professionisti, sugli obiettivi non solo in termini economico-finanziari, ma anche clinico-assistenziali e sugli indicatori da utilizzare.
“Il tema dell’efficienza e della qualità delle cure non è più differibile e di questa priorità hanno maggiore consapevolezza anche i politici”, ha commentato Cricelli a latere della lettura del messaggio di saluto inviato al Congresso dal ministro Livia Turco, in cui si sottolineava che la CG non può essere considerata un mero “riequilibro” tra esiti clinici, obiettivi di salute e sostenibilità del sistema. Ma secondo il ministro deve essere intesa come sintesi della qualità, cioè espressione dell’integrazione dei caratteri di ammodernamento espressi dal sistema e su quanto costruito in qualità, senza dimenticare che al centro di tale sistema c’è il paziente. Il ministro ribadisce quanto più volte espresso dall’inizio del suo mandato e cioè che si è a una svolta obbligatoria per l’ammodernamento del Ssn e che la CG affida ai professionisti una fetta importante di tale passaggio che non si può dare per scontato e in cui il Mmg è fondamento centrale.
La politica quindi in qualche modo “passa la parola alle professioni” coinvolte nel funzionamento del Ssn. Un invito certo non facile da accettare in una realtà quotidiana in cui più che la qualità è la quantità a fare da padrona, svilendo la professione dei Mmg attraverso la considerazione del loro operato quale fonte di spreco e di innalzamento della spesa sanitaria. Professionisti quindi da tenere sotto controllo con continui “richiami” e prospettive sanzionatorie per inaproppriatezza prescrittiva.
Ma il presidente della Simg, pur soffermandosi su tale contesto, ha sottolineato la necessità di non confondere i livelli di risposta che la professione è chiamata a dare: “Una cosa sono i messaggi da indirizzare verso “le istituzioni” deputate al controllo della spesa e altra cosa quelli inerenti il modello di sistema che coinvolge direttamente la medicina generale (MG)”.
Accogliere la sfida della qualità, secondo il presidente della Simg, significa comprendere quali sono gli elementi che possono fare della MG un interlocutore affidabile e accettabile, con cui non sarà più possibile instaurare rapporti schizofrenici, legittimati dalla stessa sindrome presente nella professione. #Una sindrome che più che integrare le diversità e le specificità rappresentate dalla MG ha lasciato che queste fossero fonte di inalienabili distinguo così da fornire una visione parcellizzata e penalizzante della medicina generale e dei professionisti che la esercitano. Steccati che ne hanno generato altri tra i cui effetti bisogna annoverare anche lo iato tra le cure di primo e secondo livello.
Un’analisi e una autocritica che tra le righe fa intendere che il tempo delle contrapposizioni tra le associazioni della MG non ha più ragione d’essere.
La competizione finora intercorsa in nome di un’egemonia di campo, rilevatasi importante e significativa per la crescita culturale della Disciplina, non ha prodotto però i risultati sperati in termini di crescita d’autorevolezza.

Appello al confronto


A testimoniare la necessità di un’inversione di tendenza nei rapporti tra i professionisti che rappresentano la MG è stata anche la presenza al Congresso Simg di Giacomo Milillo, neo-segretario Fimmg. Condividendo complessivamente l’analisi di Cricelli, si fa promotore insieme al leader della Simg di questo nuovo processo. Ciò che si delinea è una medicina generale quale comunità di professionisti che, senza rinunciare alle proprie diversità, hanno l’esigenza e la necessità di costituire un’unità nella progettazione, di concorrere a un risultato condiviso. Per questo si auspica a un confronto costruttivo, all’opportunità del dialogo.
Ma per poter dar vita a questo nuovo corso, il presidente della Simg invoca una pausa “rituale” in cui le diversità intrinseche di chi la comunità della medicina generale rappresenta non siano messe da parte, ma non vengano esibite: “L’errore - sottolinea Cricelli - è stato non riuscire a mettere in comune queste diversità, a tradurle cioè in forza per tutta la professione”.

Clinical Governance: obiettivi futuri


Quali obiettivi per la Simg e per tutta la medicina generale nei prossimi anni dopo le iniziali esperienze di Clinal Governance? È la domanda a cui ha tentato di rispondere il vicepresidente Simg Ovidio Brignoli.
Naturalmente i primi protagonisti a prendere il timone in mano sono quei medici che, come tutti i medici della Simg in rete, potranno diventare consapevoli del valore dei dati presenti nei database, essere disponibili ed aperti al confronto sui dati, coinvolgere staff e colleghi sulla valutazione dei dati, rivedere sistematicamente i dati per generare modifiche dei comportamenti, fare regolarmente un confronto con la precedente attività, con i dati dei colleghi e con quelli nazionali.
Se per ridefinire il proprio ruolo è indispensabile mettersi in relazione con le esperienze di “buona pratica clinica”, e il cambiamento “è frutto dei mutamenti dei percorsi di cura”, i Mmg dovranno partire da sé, chiedendosi che cosa è necessario migliorare, ciò che succede ogni giorno e cercando sempre le cause dei problemi.
Brignoli suggerisce ai Mmg una strategia in quattro tappe.
1. Migliorare l’accesso dei pazienti:

  • comprendendo la domanda (quanti pazienti vorrebbero essere visti);
  • organizzando la gestione della domanda (visita, telefono, mail);
  • sviluppando un piano per le emergenze prevedibili e imprevedibili;
  • comunicando di continuo e chiaramente i cambiamenti al personale e ai pazienti.

2. Migliorare la gestione dei pazienti cronici, cioè:

  • identificarli;
  • valutarne la complessità (case mix);
  • stratificarne il rischio per identificare i bisogni e gli obiettivi di cura;
  • monitorare gli interventi fatti;
  • organizzare le chiamate e i richiami periodici.

3. Promuovere l’autocura e l’autogestione dei pazienti:

  • valutando con essi il tipo e le modalità di erogazione delle informazioni;
  • individuando e valutando insieme quali malattie o condizioni necessitano di educazione e di autogestione.

4. Migliorare le cure con una sistematica valutazione del feedback dei pazienti rispetto all’organizzazione:

  • percezione rispetto all’accesso;
  • informazione sulla prevenzione e promozione della salute;
  • disponibilità e gentilezza dello staff;
  • pulizia e confort dello studio;
  • rispetto della privacy.

Ma anche rispetto agli aspetti clinici:

  • rapporti con il Mmg;
  • rapporti con l’infermiera;
  • rapporti con la segretaria.
Tutto questo a livello “macro” permetterebbe di sedimentare delle indicazioni più generali, che dovrebbero modellare i percorsi di governo clinico istituzionalizzati nel Patto della Salute, ma soprattutto riconosciuti nei percorsi di ridisegno delle cure primarie, in definizione da parte del ministero della Salute. Sarebbe dunque a partire dalla pratica, e non “dalla grammatica”, che si dovrebbero ridefinire:
1. Le forme organizzative (personale e strutture).
2. Le modalità formative (audit, formazione sul campo e FAD).
3. Una ricerca autonoma della medicina generale.
4. Un nuovo rapporto con i pazienti in tema di autogestione e autocura.
5. Nuovi strumenti per la gestione del rischio.