M.D. numero 37, 6 dicembre 2006

Rassegna
Cause e gestione del sanguinamento in corso di terapia ormonale sostitutiva
di Lino Del Pup - Oncologia Chirurgica Ginecologica, Istituto Nazionale Tumori, Aviano (PN)

Solo in un terzo dei casi di perdite ematiche atipiche durante l’uso dell’HRT sono presenti patologie organiche. Il mancato riscontro di una patologia non deve però fare interrompere l’approfondimento diagnostico, soprattutto tentando di ottenere una migliore compliance dalle pazienti, in quanto in maggioranza interromperanno il trattamento preoccupate dai sanguinamenti


Il 38% delle donne che usano la terapia ormonale sostitutiva (HRT) sequenziale e il 41.6% di coloro che assumono l’HRT combinata fanno almeno una visita ginecologica a causa di perdite ematiche inattese.
Rispettivamente più del 12% e del 20% di esse vengono sottoposte a una o più procedure invasive a causa del bleeding causato dalla terapia ormonale sostitutiva1 nel timore di patologie neoplastiche. Eppure nel più ampio trial randomizzato sull’HRT, lo studio WHI,2 il rischio relativo di carcinoma endometriale è addirittura tendenzialmente ridotto rispetto a chi non utilizza terapie ormonali (RR=0.83). Solo nel 27% dei casi di perdite ematiche atipiche durante l’uso della terapia sostitutiva vi sono infatti patologie organiche, quasi sempre benigne e raramente maligne,3 mentre nel 73% circa dei casi le indagini ginecologiche non rilevano alcuna causa macroscopicamente identificabile.
In questi casi va ipotizzato che si tratti di cause “non visibili” come la presenza di un endometrio “fragile”, di disturbi della coagulazione, di asincronia tra la steroidogenesi endogena e l’HRT, scarsa compliance alla terapia, inadeguato assorbimento o interazioni farmacologiche4 (tabella 1).
Il mancato riscontro di una patologia organica non deve fare quindi interrompere l’approfondimento diagnostico dicendo alla paziente, spaventata, che non ha nulla. Certo, circa tre quarti delle pazienti in HRT non presentano patologie ginecologiche, ma in maggioranza interromperanno il trattamento preoccupate di sanguinamenti quasi sempre innocui e quindi risolvibili personalizzando meglio gli schemi di HRT o tentando di ottenere una migliore compliance informandole e rassicurandole.5

Patologie organiche ginecologiche


Le cause organiche ginecologiche di bleeding vanno sospettate in ogni caso e le più frequenti sono fibromi sottomucosi, polipi e iperplasia endometriale.
Le cause cervicali sono maggiormente probabili nei casi in cui la perdita avvenga dopo il coito. L’adenomiosi è più frequente di quanto clinicamente e strumentalmente sospettabile, e la diagnosi è in genere solo anatomo-patologica (tabella 2).
Una volta riscontrata una potenziale causa bisogna proseguire sistematicamente la valutazione di tutte le altre, dato che queste possono coesistere.
Questo approccio è particolarmente importante quando l’entità del fattore causale di primo riscontro non sembra motivare interamente il bleeding.

Endometrio “fragile”


Le perdite ematiche possono essere dovute a fattori locali che determinano una particolare “fragilità” dell’endometrio in assenza di patologie organiche, ginecologiche benigne o neoplastiche.
I trattamenti combinati continui, per esempio, causano la formazione di un endometrio istologicamente anomalo, dovuto all’uso continuativo del progestinico, caratterizzato da una particolare fragilità dello stroma e dei vasi del microcircolo, con anomalie delle cellule endoteliali che sono meno numerose e più disperse e dei periciti.6 Questa è di gran lunga la principale causa di bleeding in corso di trattamenti combinati continui, non visibile ecograficamente, sospettabile isteroscopicamente e confermabile solo istologicamente.
Il meccanismo biochimico che determina l’eccessiva fragilità strutturale dell’endometrio può coinvolgere le metallo-proteinasi (matrix metalloproteinases o MMPs), una famiglia di enzimi attivamente coinvolti nel rimodellamento endometriale, che degradano la matrice extracellulare. Esse sono secrete come premetallo proteinasi inattive e sono attivate o meno a livello endometriale in base al rapporto relativo con i propri inibitori detti TIMPs (Tissue Inhibitors o MMPs).
Il meccanismo di controllo delle MMPs è complesso e vi sono coinvolti diversi tipi di cellule (mast cells, eosinofili, neutrofili e cellule stromali), attivatori locali (attivatori del plasminogeno, kallicreina, catepsina B), mediatori paracrini (interleukina-1 beta, transforming growth factor-beta, tumor necrosis factor-alfa) e fattori bloccanti (beta-2 macroglobulina e TIMPs).
Sono state documentate alterazioni di questi mediatori locali con conseguenti bleeding, in modo particolare nei primi mesi di assunzione della terapia ormonale sostitutiva.7
Una volta che appropriate indagini hanno escluso la presenza di patologie organiche, le donne che hanno sanguinamenti probabilmente legati a un endometrio “fragile” possono essere rassicurate soprattutto se tali sanguinamenti sono presenti nei primi mesi di assunzione, dato che hanno un rischio endometriale statisticamente ridotto, anche rispetto a chi non usa HRT.
Non vi sono indagini in grado di valutare attendibilmente i fattori locali che causano un eccessivo sfaldamento endometriale e mancano terapie eziopatogenetiche.
Il trattamento consiste nel rassicurare o nel tentare di cambiare terapia modificando la potenza relativa di estrogeno e progestinico o il tipo di farmaci.

Disturbi della coagulazione


Il sanguinamento endometriale può essere l’unico segno di una anomalia della coagulazione non ancora diagnosticata. I disturbi della coagulazione possono essere dovuti a cause congenite, come la malattia di von Willebrand, all’uso di farmaci antiaggreganti piastrinici o anticoagulanti o a patologie ematologiche, come per esempio le leucemie. Il trattamento dipende dalle cause e va condiviso con lo specialista ematologo o oncoematologo.

Asincronia con la steroidogenesi endogena


Nel periodo perimenopausale, anche in assenza di mestruazioni, nelle donne non ovariectomizzate vi è ancora un’attività steroidogenica ovarica, in genere variabile e a volte con potenziali sporadici cicli ovulatori.
Gli schemi sequenziali sono i più adeguati a mimare un ciclo naturale e sono di prima scelta. Le combinazioni fisse e di schemi posologici standard con l’aggiunta del progestinico in fase luteale si riferiscono a un ciclo “ideale” di 28 giorni con ovulazione verso il 14° giorno.
Le pazienti possono però avere due mestruazioni al mese, quella indotta dalla terapia e quella spontanea imprevedibile, sfasata, dovuta a ovulazioni o variazioni in calo della steroidogenesi endogena. In questi casi si può tentare di personalizzare il periodo di assunzione del progestinico, sincronizzandolo con l’ipotetica fase luteale, per esempio assumendo un progestinico da 14 a 2 giorni prima delle presunta periodica scadenza mestruale. Il grosso limite all’efficacia di questa strategia è legato alla notevole variabilità dei cicli in perimenopausa.
L’uso di contraccettivi ormonali combinati permette di bloccare eventuali ovulazioni, proteggere da poco probabili gravidanze indesiderate, ma soprattutto di avere un controllo del ciclo migliore dell’HRT.
Va però esclusa la presenza di controindicazioni, ricordando che la potenza estroprogestinica dei contraccettivi è in genere molto maggiore di quella dell’HRT e, quando si ritiene cessata la steroidogenesi autonoma, la paziente va convertita in HRT, se ne ha ancora le indicazioni.

Scarsa compliance all’HRT


Bisogna valutare sempre l’ipotesi che l’HRT non venga utilizzata correttamente, chiedendo esplicitamente alla donna quali sono le modalità di assunzione.
Gli studi sulla compliance indicano che il medico non deve sempre dare per scontato che le pazienti assumano il trattamento come prescritto. L’uso inadeguato di tutti i farmaci è infatti frequente, molto di più di quanto percepisca il medico, in quanto l’assunzione irregolare, ridotta ed eseguita con modalità dettate da criteri soggettivi viene in genere negata.8,9
Per l’HRT questo è un aspetto rilevante, spesso trascurato nell’anamnesi e particolarmente critico, in quanto ha come possibile conseguenza l’incremento del rischio di iperplasia e cancro endometriale fino a 15 anni dopo la sospensione.10 Infatti è proprio il progestinico a essere in genere “autoridotto”, in quanto può causare fastidiosi effetti collaterali e la sua riduzione non determina un significativo accentuarsi dei sintomi climaterici.
In pratica la paziente a volte scopre che saltando in parte o del tutto l’assunzione del progestinico si sente meno gonfia o con meno sintomi fastidiosi dal punto di vista psichico. La lettura del foglietto illustrativo dei progestinici induce a ridurre l’uso di questo componente fondamentale, con la conseguente inadeguata protezione endometriale: come per tutti i farmaci vi sono ampiamente descritti tutti i potenziali rischi, ma è solo il medico che deve informare sul rischio di cancro endometriale derivante dal mancato o parziale utilizzo.
Le principali strategie di gestione di questo aspetto sono l’informazione adeguata collegata all’impostazione del rapporto medico-paziente basato sulla fiducia: solo se la paziente ha un alto livello di fiducia dà un peso minore alle notizie contrastanti e allarmanti sull’uso della terapia ormonale sostitutiva che riceve da fonti alternative.11
Sono comunque preferibili gli estroprogestinici che contengono estrogeno e progestinico negli stessi confetti, a dosi fisse adeguatamente protettive per l’endometrio, non modificabili da parte della paziente e strutturate in modo da rendere difficili gli errori di assunzione.12 I sistemi transdermici contenenti anche il progestinico hanno importanti vantaggi per la compliance evitando gli effetti legati alla somministrazione orale e impedendo fisicamente di ridurre o omettere l’assunzione del progestinico.
Quando non vi sono prodotti con associazioni fisse soddisfacenti la personalizzazione degli schemi posologici effettuata da medico e basata sulla risposta clinica della paziente è fondamentale per fare in modo che la paziente abbia il massimo beneficio sintomatico e quindi prosegua la terapia seguendo schemi protettivi per l’endometrio.

Inadeguato assorbimento


Le patologiemo gastroenterologiche che determinano un malassorbimento, talvolta misconosciute, come per esempio il morbono celiaco, possono impedire l’adeguato assorbimento degli estroprogestinici e causare bleeding.
In questi casi le somministrazioni transdermiche o comunque non orali di estrogeno e progestinico, meglio se associati nello stesso prodotto, forniscono le migliori garanzie di protezione endometriale. Accanto a questo lo specialista gastroenterologo può aiutarci a individuare e trattare o escludere tali patologie.

Interazioni farmacologiche


Nel considerare tutte le possibili cause del bleeding in corso di HRT non va dimenticato di indagare sull’uso di farmaci concomitanti.
In particolare è utile chiedere se è in corso oppure se sono stati utilizzati antibiotici o altri farmaci, come per esempio gli induttori enzimatici.
Nello specifico, se vengono utilizzati gli antibiotici ad ampio spettro, questi possono alterare la flora intestinale e quindi l’assorbimento degli estroprogestinici orali.
I farmaci induttori enzimatici possono influenzare il metabolismo estrogenico. L’uso di impianti sottocutanei è attualmente rarissimo in Italia, ma va considerato che possono mantenere la loro attività endocrina anche anni dopo l’inserzione.13
In questi casi è prudente dare un progestinico mensile in fase luteale fino a quando per tre cicli consecutivi non vi sia amenorrea.
Va ricordato che l’uso concomitante di tamoxifene potrebbe essere una causa di bleeding in corso di terapia ormonale sostitutiva.4


Bibliografia


1. Ettinger B et al. Unexpected vaginal bleeding and associated gynecologic care in postmenopausal women using hormone replacement therapy: comparison of cyclic versus continuous combined schedules. Fertil Steril 1998; 69: 865–9.
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8. Del Pup L et al. La compliance all’HRT: analisi dei motivi dell’insuccesso dell’assunzione terapeutica nelle donne italiane. Menopausa. CIC Ed, Roma 1999.
9. Del Pup L et al. Gestire gli effetti collaterali dell’HRT. Terapie omonali in ginecologia. CIC Ed,
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10. Paganini-Hill A et al. Endometrial cancer and patterns of use of oestrogen replacement therapy:
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11. Del Pup L. Strategie per migliorare la compliance all’HRT. Congresso SIM 2003. CIC Ed,
Roma 2003.
12. Del Pup L. Estradiolo con nomegestrolo acetato: un modello originale di terapia ormonale. Contraccezione, Fertilità, Sessualità 2005; 13: 7-18.
13. Gangar K et al. Symptoms of oestrogen deficiency associated with supraphysiological plasma oestradiol concentrations in women with oestradiol implants. BMJ 1989; 299: 601-2.