M.D. numero 37, 6 dicembre 2006

Terapia
Intervento farmacologico su eccesso di peso e comorbilità
di Massimo Molinari - Medico Specialista in Medicina Interna, Siena

Programmare un idoneo trattamento farmacologico nei pazienti obesi o in sovrappeso nell’ambito della medicina di base consente di intervenire efficacemente anche sulle importanti comorbilità associate, con particolare
riguardo per i fattori di rischio cardiovascolare e per il diabete


All’obesità, problematica che nel mondo manifesta un evidente aumento dell’incidenza praticamente in tutte le fasce di età, sono correlati numerosi altri problemi. In Italia i dati epidemiologici riferiti al 2003 indicano che sono in sovrappeso il 42.1% degli uomini e il 25.8% delle donne e sono invece obesi il 9.3% degli uomini e l’8.7% delle donne. Questa condizione è ben rappresentata anche nelle fasce di età giovanili: infatti nei bambini e adolescenti sono sovrappeso/obesi il 26.6% dei maschi e il 24.8% delle femmine (www.iotf.org).
Un altro preoccupante aspetto è quello della comorbilità tra eccesso di peso corporeo e fattori di rischio cardiovascolari a impatto prognostico sfavorevole: alterazioni del metabolismo glucidico, che sovente evolvono in diabete mellito, condizioni dislipidemiche riguardanti praticamente tutte le frazioni lipidiche, innalzamento dei valori pressori o ipertensione arteriosa vera e propria, sono condizioni che con elevata frequenza accompagnano l’eccesso ponderale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità pone l’obesità al sesto posto nella classifica dei fattori di rischio per lo sviluppo di molte patologie. Aumentano infatti in maniera evidente il rischio di diabete, di ipertensione arteriosa e di dislipidemia, riducendo l’aspettativa di vita e aumentando sensibilmente il peso socio-economico complessivo.
Circa il 90% dei casi di diabete di tipo 2 è attribuibile all’eccesso di peso; in soggetti con insulino-resistenza, inoltre, l’inattività fisica amplifica l’impatto dell’aumento ponderale. Il rischio di ipertensione è 5 volte più elevato nei soggetti obesi rispetto ai normopeso e oltre il 75% dei casi di ipertensione è correlato all’eccesso di peso (Haslam DW, James WPTR. Lancet 2005; 366: 1197-1209). Infine, in soggetti con BMI>25 kg/m2 è frequente osservare un incremento della prevalenza di dislipidemia, fenomeno che appare più evidente nelle donne (Brown CD et al. Obes Res 2000; 8: 605-19).

Controllo di peso e comorbilità


Numerosi dati suggeriscono che la diminuzione del peso si accompagna a una importante riduzione di tutti questi fattori di rischio e, soprattutto, della mortalità da varie cause. Alcune evidenze suggeriscono, per esempio, una riduzione del 30-40% della mortalità correlata al diabete grazie a una diminuzione del peso corporeo, anche moderata (<10%) (Haslam DW, James WPTR. Lancet 2005; 366: 1197-1209), come anche una evidente normalizzazione del quadro lipidico (Hutton B, Fergusson D. Am J Clin Nutr 2004; 80: 1461-68). Una modesta perdita di peso può migliorare la funzionalità diastolica e influire positivamente e simultaneamente su numerosi fattori di rischio per coronaropatia, inclusa l’ipertensione, che viene ridotta in maniera tanto più evidente quanto più è marcato il calo ponderale, fino alla normalizzazione per perdite di peso importanti (67% dei soggetti sottoposti a chirurgia bariatrica) (Klein S et al. Circulation 2004; 110: 2952-67).

Il ruolo della medicina generale


Viste le dimensioni epidemiologiche dell’obesità il medico di medicina generale potrebbe ricoprire un ruolo di prevenzione determinante ai fini di un efficace contenimento delle conseguenze, soprattutto in quei pazienti obesi o semplicemente in sovrappeso che ancora non presentano evidenza di complicazioni, lasciando la gestione di queste ultime ai centri specialistici.
L’intervento del medico si può avvalere di due strategie complementari: intervento dietetico più attività fisica e, quando necessario, la prescrizione del farmaco. Orlistat, un inibitore della lipasi gastrointestinale che riduce l’assorbimento dei grassi alimentari del 30% circa, è attualmente l’unico farmaco prescrivibile dal medico di medicina generale non specialista che vuole affrontare il trattamento dell’obesità e sovrappeso.
Il farmaco dispone di una vasta letteratura scientifica che ha evidenziato in molti studi randomizzati e controllati con placebo di agire favorevolmente, oltre che sulla riduzione del peso, anche sulla glicemia e su tutti i parametri metabolici e cardiovascolari.
Come evidenziato dallo studio XENDOS, dopo i quattro anni di impiego, il rischio di progressione del diabete di tipo 2 si è ridotto del 37% rispetto a placebo (Miles JM et al. Diab Care 2004; 27: 155-161).
L’efficacia e la tollerabilità del trattamento con orlistat sono state inoltre verificate nell’ambito della medicina generale in uno studio di sorveglianza post marketing condotto in Germania su oltre 15mila pazienti obesi o in sovrappeso (BMI „28 kg/m2), affetti da comorbilità (il 41% dei pazienti era iperteso, il 34% dislipidemico e il 16% diabetico). Si tratta dello studio XXL, nel quale orlistat è stato impiegato alla dose di 120 mg tid, insieme a una dieta a basso contenuto di grassi e a un incremento dell’attività fisica (Wirth A. Diab Obes Metab 2005; 7: 21-27). Al termine dello studio, l’87% dei pazienti aveva perso >5% del peso iniziale e nel 51% il calo ponderale era >10%. Si osservava anche un marcato miglioramento dei fattori di rischio cardiovascolare, con effetti positivi che sono stati particolarmente evidenti nei pazienti che presentavano comorbilità correlate all’obesità. Tra i pazienti dislipidemici sono state registrate notevoli riduzioni del colesterolo totale (14%), del C-LDL (14%), dei trigliceridi (18%) e aumento del C-HDL (13%) (figura 1A). Tra i pazienti ipertesi la pressione sistolica media si è ridotta di 12.9 mmHg, da 155.0 mmHg dell’inizio dello studio a 142.1 mmHg; analogamente la pressione diastolica media si è ridotta da 92.2 a 84.6 mmHg (figura 1B).
Nei soggetti diabetici la glicemia si è abbassata del 15% al termine dello studio (figura 1C). Una quota abbastanza rilevante di pazienti ha potuto interrompere o ridurre l’assunzione di farmaci concomitanti: interruzione degli ipolipemizzanti nel 31% dei casi e riduzione del dosaggio in un ulteriore 15%; interruzione del trattamento antipertensivo nel 18% e riduzione del dosaggio nell’8%; sospensione del trattamento antidiabetico nel 16% e riduzione del dosaggio nel 18%.
Complessivamente, il 65% dei pazienti ha considerato il proprio stato complessivo di salute migliorato rispetto alle condizioni iniziali e i medici hanno descritto soddisfacente l’esito del trattamento per più del 90% dei pazienti.
L’entità dei risultati dello studio XXL, sia in termini di perdita di peso che di significativo miglioramento delle comorbidità, è stata sovrapponibile a quella degli studi randomizzati e controllati con placebo confermando come sia possibile migliorare efficacemente, con orlistat, il rischio cardiovascolare anche nel “mondo reale” della medicina generale.