M.D. numero 38, 13 dicembre 2006

Appunti
Deburocratizzare l’atto medico è un imperativo

Nel 1986 ottenni la convenzione per la medicina generale, aprii lo studio e mi iscrissi, dopo poco tempo, a uno dei maggiori sindacati di categoria.
Dopo qualche mese, giunse nella mia città l’allora segretario nazionale, foriero di importanti e vantaggiose novità professionali in auge all’epoca.
Rimasi colpito soprattutto da una frase, che lo stesso ripetette fino alla perforazione dei timpani: “Noi ci batteremo per la deburocratizzazione dell’atto medico”. Visto che gli adempimenti e gli obblighi burocratici erano già molteplici allora, la frase mi piacque molto e fui fiducioso che un giorno avremmo potuto raggiungere un accordo fra le parti, liberandoci dalla schiavitù di obblighi di firme, controfirme, note AIFA, certificazioni di malattia, ripetizioni di ricette, ecc.
Con il passare del tempo, mentre più mi addentravo nei tanti adempimenti della mia professione, mi rendevo conto che il lavoro burocratico anzicché diminuire aumentava a dismisura.
Leggi, leggine e decreti si susseguivano una dopo l’altra in un crescendo, che ci conduceva fino alla quasi alienazione.
Ci siamo lasciati imporre ogni sopraffazione, da qualunque parte giungesse, quasi a volere dimostrare che i medici di medicina generale fossero come un fantoccio di stoffa che puoi spostare da una parte all’altra, senza che si possa lamentare di niente.
È così una dopo l’altra, come le ciliegine, ci siamo fatti carico di tutto ciò che ai nostri amministratori sembrava abile a controllare le casse dell’assistenza sanitaria.
Il Deus ex machina, supercampione della pignoleria burocratica, non appena noi poveri medici recepiamo le più recenti disposizioni, ne partorisce subito altre, quasi a non darci la possibilità di essere colpiti da sicura narcolessia.
La maggior parte delle incombenze burocratiche sono state coniate non per razionalizzare un sistema e renderlo più efficiente, ma con la "presunzione" di potere ottenere un controllo, con annesso risparmio, della spesa sanitaria e soprattutto di potere sorvegliare i medici superprescrittori. Ma realtà vuole che non sia stato ottenuto il raggiungimento degli obiettivi prefissati, perché non si sono mai fatti i conti con il vissuto della professione e cioè con quanto i Mmg ogni giorno affrontano nei loro ambulatori. Eppure sarebbero bastati sistemi innovativi molto più semplici e di facile attuazione, che avrebbero certamente reso più scorrevole il nostro lavoro.
La verità è che i medici di medicina generale, nonostante siano grondanti di suggerimenti utili su come esemplificare tutti gli ingranaggi di una assistenza sanitaria che fa acqua da tutte le parti, non sono mai stati tenuti in giusto conto. Non sono mai stati interpellati per decisioni importanti, pur essendo i protagonisti principali di tutto il comparto sanitario.
È giunto il momento di rimboccarsi le maniche e con un paziente e certosino lavoro riuscire a riprendere le redini delle decisioni che realmente contano e che possano apportare quelle necessarie riforme auspicate dall’intera categoria. Il fine è un riordino del settore in maniera semplice ma efficace, contribuendo significativamente al reale risparmio della spesa e a una più serena gestione della nostra giornata lavorativa.

Francesco Nicolosi

Medico di medicina generale, Paternò (CT)


Ripetizione ricette: un’idea risolutiva

Buona parte dellšattivitā del medico di medicina generale consiste nella ripetizione di ricette per farmaci che, sebbene prescritti (in senso clinico e non burocratico) per terapie che devono durare mesi o anni, sono invece prescrivibili (in senso burocratico) solo in quantità sufficienti per poche settimane. La giustificazione data in complice accordo dai cosiddetti rappresentanti dei medici e dai burocrati è che in questo modo il medico di medicina generale ha un maggior controllo sulla patologia del paziente, avendo l’opportunità di una sua rivalutazione a scadenza più o meno mensile, ad ogni ripetizione di ricette.
La spiegazione reale, secondo Pulcinella, è un po’ diversa. Ai burocrati interessa rendere onerosa la prescrizione ai medici, nella speranza di indurli a prescrivere meno e ad alcuni medici interessa mantenere un controllo psicologico sul paziente, convincendolo della loro importanza e necessità con un’artificiosa dipendenza dalla loro penna (o, in tempi più recenti, dalla loro stampante). Che poi ci siano malattie nelle quali il controllo merita di essere settimanale se non giornaliero e altre nelle quali un controllo annuale basta e avanza, a questi signori non importa, come non importa il fatto che questa orgia di burocrazia vada ad aggravare inutilmente il già pesante carico di lavoro del Mmg. Dopo tutto, perché rinunciare a un alibi che consente di passare la giornata senza dovere sforzare i glutei per alzarsi dalla sedia? Se ci fosse però qualcuno nella sanità italiana che capisse qualcosa di informatica, questo alibi avrebbe i giorni contati. Infatti, con gran dispendio di pubblici denari, sono stati da tempo attivati vari sistemi di collegamento telematico tra medici, farmacie e Asl. Il loro impiego è tuttora privo di qualsiasi utilità clinica, ma con un minimo di buona volontà le cose potrebbero cambiare. Per esempio, al medico potrebbe essere data la facoltà di emettere ricette non per due, sei o qualsiasi altro numero di confezioni di un dato farmaco, ma per un dato farmaco da assumersi un certo numero di volte al giorno per un certo numero di giorni, con un limite dettato unicamente dalla scienza e dalla coscienza del medico. Sarà il farmacista che, ricevuta la ricetta, dispenserà al paziente il numero di confezioni che la legge consente, tenendo nota di quella consegna e mettendola “in rete” con gli altri farmacisti e con l’Asl in modo da sapere e far sapere (per evitare che la legge possa venire elusa cambiando farmacia) quando il paziente potrà presentarsi per il “refill”, anche senza portare con sé ricette, ma semplicemente mostrando la sua tessera sanitaria o un documento di riconoscimento. È una procedura che in altri tempi sarebbe stata un incubo per i poveri farmacisti, e quindi può essere stato giusto trasferire l’incubo sui medici; ma oggi, con i collegamenti telematici disponibili, basterebbe una minima modifica ai software attualmente utilizzati e il gioco sarebbe fatto. E sarebbe un gioco in tutti i sensi, anche per quanto riguarda la modifica, ottenibile regalando l’entrata al luna park a un qualsiasi giovane hacker oppure, cosa forse più gradita ai nostri politici, qualche centinaia di migliaia di euro alle software houses di cui i suddetti politici amano (chissà come mai...) servirsi.

Antonio Attanasio

Medico di medicina generale,
Mandello del Lario (LC)


Diventare dipendenti? Sì, se si vuole

Ho letto con favore l’articolo del collega Giuseppe Belleri (M.D. 2006; 34: 8) sul gioco dei massimali/ottimali e l’efficienza. Credo si possano ampliare le argomentazioni addotte e andare oltre.
Penso si possa diventare dipendenti, in modo facoltativo, delle aziende sanitarie uniche regionali (ASUR). Si potrebbe dare una paga base per 1.000 o anche 800 assistiti (i pazienti in più verrebbero a loro volta pagati). Diventare dipendenti comporta avere una 13esima e forse la 14esima. Fare ferie "vere" di 28 giorni e "scaricare" alla ASUR la scelta e la spesa per un sostituto.
I doveri li assolviamo già tutti.
Ma vi è un risvolto particolare e straordinario che andrebbe a tutto vantaggio dell’azienda regionale e del Ssn. Nel senso che il medico "forte" di una paga base pari ad 800/1.000 assistiti e al riparo da ogni ricusazione, potrebbe finalmente prescrivere o negare prescrizioni improprie di farmaci o di quelli richiesti impropriamente per conto terzi (parenti, amici); e anche prescrizioni di analisi ed esami radiologici superflui, visite specialistiche inutili, falsamente urgenti ecc. Si avrebbe certamente maggiore efficienza e un risparmio nella spesa sanitaria. Se così fosse potrei finalmente proferire al mio assistito senza alcun timore: “Questo esame, che richiede in quanto suggerito dalla vicina di casa, dalla TV, o dal parente acculturato è perfettamente inutile e non urgente, quindi non glielo prescrivo”.
È chiaro che non opto per la dipendenza obbligatoria. Chi vuole rimanere allo status quo è perfettamente libero di farlo. Credo che prescrivere la metà delle analisi, degli esami radiologici, dei giorni di malattia INPS sia "buona musica" per le orecchie delle direzioni ASUR o Inps o Inail che sia. Sappiamo tutti che per "fidelizzare" un paziente, farmaci, giorni di malattia o di infortunio sono elargiti non sempre appropriatamente, visto che è esperienza comune di molti quella di vedere prescritto da altri colleghi ciò che si era legittimamente deciso di non prescrivere secondo scienza e coscienza.
Certamente l’ASUR potrebbe fare tutti i controlli che vuole sul Mmg dipendente, potrebbe fare gli stessi controlli che fa sui medici dipendenti. A proposito, ma quali sono? Ho un vuoto di memoria

Luciano Zaccari

zaccariluciano@tiscali.it

Punture - Una favola attuale
C’era una volta un Re, circondato dai soliti vassalli. Qualcuno di questi ultimi, investito da regale mandato, decise di occuparsi della salute dei sudditi e così decretò che si poteva curare la gente facendo risparmiare soldi all’erario. Con questa mission e con un bagaglio culturale-economico di tutto rispetto andò alla ricerca del destinatario di tali incombenze e cioè di colui che doveva applicare quanto decretato per risanare le casse del reame.
Dopo lunga e laboriosa ricerca, dopo ampie consultazioni, lo trovò: “il medico di medicina generale - dichiarò - è la persona giusta al posto giusto per portar a casa il risultato”. E così lo nominò "al centro del Ssn". E per raggiungere il regale obiettivo, al Mmg fu dato tutto l’aiuto necessario in un clima di serena opportunità di lavoro: linee guida, criteri di appropriatezza prescrittiva, bugiardini, note e quant’altro i luminari del momento potevano produrre.
Il Mmg poteva inoltre contare sulla formazione e sull’aggiornamento professionale, a proprie spese. Utilizzare strumenti di alta tecnologia computerizzata, in medicina di gruppo o di rete. Servirsi della Guardia di finanza per controllare o farsi controllare la spesa, minuto per minuto. Rapportarsi con l’Asl per le indicazioni alle cure in “offerta speciale”. Colloquiare col paziente per informarlo anche delle attenzioni del Re e del governatore verso la salute dei sudditi e su come conservarla. Poteva consultare sempre il commercialista aggiornato e saltuariamente l’avvocato per i propri conti in sospeso, per esempio conguagli e richieste di ripetizione di somme per una cattiva tenuta degli elenchi assistiti.
Soprattutto poteva contare sui sindacati, però solo se firmatari di tutto quanto il Re e il suo Consiglio decidesse.

Raimondo La Verde

Medico di medicina generale, Pomezia (Roma)