M.D. numero 1, 24 gennaio 2007

Appunti
Un altro balzello per i cittadini presunti sani

L'anno nuovo ha portato un’altra sgradita sorpresa a quei cittadini che forse non godono di buona salute e non sono poi tanto vecchi (quindi la maggior parte): 10 euro di ticket aggiuntivo per ogni ricetta di accertamenti clinici. Fatti salvi gli esenti per patologia e gli oversessantacinquenni, il “resto del mondo”pagherà un balzello di circa ventimila lire del vecchio conio per ogni ricetta emessa dal Mmg per accertare il suo stato di salute. Un’iniquità che discrimina sempre i soliti noti e che, a mio avviso, non costituisce certo un deterrente alla richiesta di esami inutili (se questo era lo scopo). Al contrario. Per esempio, un giovane adulto che voglia controllare il colesterolo spenderà non più 2 euro, ma 12 per un solo esame. Siccome una ricetta può contenere 8 esami, gli converrà richiederne altri 7 per minimizzare l’impatto economico del nuovo balzello. Mettiamo poi il caso di un operaio padre di famiglia monoreddito che soffra di “mal di stomaco”, a cui è prescritta una gastroscopia per chiarirne le cause, pagherà quasi cento euro così ripartiti: gastroscopia più biopsia 36 euro a cui vanno sommati i 10 euro del nuovo balzello, esame istologico 36 euro più 10 per un totale di 92 euro. Probabilmente conoscendo questo “preventivo” più di qualche operaio padre di famiglia monoreddito deciderà di tenersi il “mal di stomaco” o di curarlo senza appurarne l’esatta natura.
Per quanto concerne il ticket per i codici bianchi al Ps lo estenderei anche alla guardia medica, ma bisogna informare bene la popolazione su cos’è un codice bianco e avere dei comportamenti omogenei che non prestino il fianco a discriminazioni: ho visto attribuire a un ragazzo con otalgia e acufeni da trauma acustico un codice bianco e un codice verde a una sua coetanea con una semplice lombalgia.

Gianluca Rossi

Medico di medicina generale
Belluno


Utap: calamità chiamata miracolo

L'articolo del collega Mele dal titolo “Il miracolo Utap della provincia di Vicenza” (M.D. 2006; 36:13), ha attirato il mio interesse di medico alquanto dubbioso sui risultati positivi di questo nuovo modello organizzativo della medicina convenzionata. Come novello Saulo sulla via di Damasco, eccomi pronto alla conversione. Leggo di una sede centrale messa a disposizione dalla Asl (mi chiedo quale sia il costo della gestione) in cui i pazienti possono recarsi in caso di urgenza. Suppongo quindi che il proprio medico non ottempera più alle urgenze. Mi domando se per il paziente con sintomi a carattere di urgenza è forse meglio essere visitato in un ambulatorio distante dal proprio paese piuttosto che nel proprio domicilio. Leggo di Mmg con specializzazione messa a disposizione del gruppo, non si specifica se gratis o meno, ma ci voleva l’Utap per avere questa disponibilità? Leggo della possibilità di accedere alla cartella clinica da parte dei medici della continuità assistenziale. È palesemente ridicolo se non tragicomico che un medico di guardia o del 118, nel bel mezzo di ictus, infarti, coliche, ecc. si attardi flemmaticamente a collegarsi al cervellone informatico con il suo computer portatile ultimo modello per avere notizie anamnestiche indubbiamente utili in altro contesto. Vengo a conoscenza dello strabiliante potere di leggere in tempo reale i referti dei ricoverati. Mi limito a suggerire che una visita fugace in ospedale o una telefonata al collega internista sarebbe molto più esaustiva e appagante di asettici referti on line. Dulcis in fundo: per questi gravosi compiti, per queste innovazioni avveniristiche, ogni medico percepirà un aumento nel suo stipendio di ben 270,00 euro e la Asl sborserà complessivamente ben 3.360,00 euro. Altro che miracolo, l’Utap, con la sua organizzazione spersonalizzante, l’informatizzazione esasperata, lo spreco di risorse, i parametri economici e statistici come fine ultimo, le prolungate e intermittenti pause di lavoro come fine intermedio, la parcellizzazione dei compiti e delle responsabilità, i probabili contrasti professionali, la confusione dei ruoli e soprattutto la perdita progressiva e ineluttabile del rapporto di fiducia con i pazienti è il de profundis della medicina di famiglia.

Franco Scartozzi
Medico di medicina generale
Monte San Pietrangeli (AP)


Prescrizioni degli specialisti: una precisazione

Vorrei rispondere al collega Spini (M.D. 2006; 36:16-17) che giustifica gli specialisti che “consigliano” la prescrizione dei farmaci al Mmg, anzicché prescriverli loro stessi sul ricettario Ssn. Il suo argomento è che lo specialista, anche attraverso l’interrogazione del paziente, non ha la garanzia di conoscere il background patologico e le eventuali allergie o interazioni con le terapie in corso, e quindi evitando la prescrizione diretta obbliga il paziente ad acquisire il parere più documentato del suo Mmg. È vero, ma...
Stante l’imprecisione normativa su che cosa si intenda in Italia per “ricetta medica”, il foglio intestato che lo specialista consegna al paziente con la descrizione della visita, la formulazione della diagnosi e l’indicazione del farmaco o dei farmaci “consigliati” costituisce “ricetta”. Molti pazienti porteranno senz’altro quel foglio al loro medico per farsi trascrivere i farmaci sul ricettario Ssn, ma altri lo presenteranno direttamente al farmacista per acquistare i medicinali a proprie spese. I rischi di cui si preoccupa Spini sono quindi risparmiati solo ai poveri diavoli (il che è in fondo una giusta nemesi), ma anche ai benestanti taccagni. Coloro che ritengono che la salute valga qualche decina di euro rimangono esposti a tutti i rischi di allergie e interazioni possibili e immaginabili. La soluzione potrebbe essere quella prospettata in passato, ma mai rispettata, di consegnare al paziente il referto in busta chiusa e sigillata, indirizzata al medico curante. Questa soluzione però non è più attuabile, dato che la legislazione sulla privacy riconosce oggi il diritto del cittadino di conoscere “in ogni momento” i dati sensibili che gli si riferiscono, da chiunque siano generati e conservati.
La prescrizione mediante “consiglio”, poi, tanto più quando giustificata dalle considerazioni di Spini, separa lo specialista da ogni responsabilità, non solo legale (che può far comodo), ma anche clinica e culturale. I compiti terapeutici non sono adempiuti semplicemente scrivendo su un foglio il nome di un farmaco. Se quel farmaco, di cui abbiamo letto su qualche rivista o sentito parlarne a qualche congresso, è venduto solo in Cina, la nostra prescrizione o il nostro consiglio non hanno senso. È dovere professionale del prescrittore prescrivere o consigliare solo quei farmaci che sono effettivamente disponibili, tenuto conto anche delle norme di legge vigenti. Utilizzare le ricette Ssn implica essere e mantenersi a conoscenza di queste norme. Affidare ad altri l’utilizzo dei ricettari Ssn significa invece perdere dimestichezza con gli aspetti reali e concreti della farmacoterapia, facilitare equivoci, e generare attrito fra i pazienti e i colleghi, violando così più di un articolo del Codice deontologico.
L’alibi dell’ignoranza delle condizioni di salute generali del paziente (storia clinica, terapie in corso, ecc.) dovrebbe avere vita breve. I dati sanitari dei pazienti, che oggi risiedono nella testa o nel computer dei Mmg, saranno tra non molto (e in parte lo sono già) residenti nei server centrali delle Asl o delle Regioni, a disposizione non solo dei ragionieri e dei ficcanaso di tali enti, ma anche dei medici. Gli schemi accentratori e monopolistici attualmente in vigore nel Ssn prevedono accessi, previo assenso del cittadino, solo al Mmg e ai medici ospedalieri, ma è auspicabile che questo schema sia presto superato e che questi sistemi, pagati con i soldi di tutti i cittadini, non siano appannaggio solo di alcuni attori della scena sanitaria. Al cittadino, che ha il diritto di consentire o negare l’accesso ai suoi dati, che il medico sia il suo medico curante, il medico del pronto soccorso ospedaliero, lo specialista pubblico, oppure un qualsiasi altro medico non potrebbe interessare di meno. Esistono già, utilizzabili tramite internet, database criptati, ad accesso tramite password o smart card, in cui i pazienti possono conservare i loro dati sanitari da rendere disponibili ai soli medici di loro gradimento. Se il Ssn insisterà a monopolizzare per i propri medici l’accesso ai dati dei pazienti, impedendo ai cittadini di indicare anche medici diversi, prima o poi perderà la guerra. In ogni caso è ineluttabile che tra non molto qualsiasi specialista, a maggior ragione del Ssn, ma non solo, potrà consultare i dati sanitari del paziente altrimenti “sconosciuto” che ha davanti e il timore di prescrivere “al buio” non sarà più giustificato.

Antonio Attanasio
Medico di medicina generale
Mandello del Lario (LC)