M.D. numero 2, 31 gennaio 2007

Rassegna
Esercizio fisico e prevenzione cardiovascolare
di Vincenzo Contursi - Medico di medicina generale, Bari, Responsabile Nazionale Dipartimento di Cardiologia AIMEF

È dimostrato che un’attività fisica regolare produce benefici nella prevenzione delle malattie cardiovascolari in soggetti di ogni età e l’effetto benefico è confermato anche in prevenzione secondaria del paziente cardiopatico.
Il Mmg deve però avere cura di disegnare un programma personalizzato e di indirizzare tali pazienti in “palestre protette”, previa valutazione cardiologica


I cambiamenti socio-economici indotti dalla rivoluzione industriale dagli anni Cinquanta in poi hanno generato “inattività fisica” in modo direttamente proporzionale al benessere sociale, a cominciare dall’età evolutiva, in cui i bambini avevano spazi e tempi idonei per muoversi liberamente in giochi spontanei e non organizzati dagli adulti.1
È così emersa una condizione clinica, definita dagli anglosassoni “subhealth”, cioè sottosalute, al limite tra la normalità e una patologia metabolica vera e propria, la cui ricaduta sul rischio cardiovascolare globale è oramai da tempo scientificamente comprovata.
Infatti, i dati che collegano lo stile di vita sedentario con un aumentato rischio cardiovascolare provengono da numerose linee di evidenza, compresi studi sperimentali, osservazionali e clinici.2-22
L’inattività fisica è un fattore di rischio cardiovascolare indipendente, che approssimativamente aumenta del doppio il rischio di malattia coronaria (CHD).2
Inoltre la sedentarietà favorisce spesso il manifestarsi di altri fattori di rischio cardiovascolare, quali il sovrappeso, la sindrome metabolica, l’ematocrito alto e valori di frequenza cardiaca e di pressione arteriosa tendenzialmente più elevati, tutte condizioni che sono correlate a un rischio aumentato di infarto del miocardio, stroke e mortalità cardiovascolare.7-10
Per contro, l’attività fisica rallenta negli uomini la progressione dell’aterosclerosi coronarica definita angiograficamente3 e numerosi studi osservazionali, condotti sia sugli uomini4 sia sulle donne in età fertile5 e in menopausa6 hanno stabilito che fitness e attività fisica durante il lavoro e il tempo libero riducono il rischio di CHD.
È quindi dimostrato che l’adozione di un programma di attività fisica regolare è in grado di ridurre il tono simpatico con effetti benefici sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa oltre a migliorare il profilo metabolico8,11,12 e il suo valore nella prevenzione degli eventi cardiovascolari è stato ampiamente documentato13, 14 e sostenuto dalla comunità scientifica.15,16

Tabella 1 - Effetti benefici dellšesercizio fisico nella prevenzione cardiovascolare

1. L’esercizio fisico regolare previene/ritarda lo sviluppo
di ipertensione arteriosa e riduce la PA

  • Dopo un esercizio fisico isolato (con effetto protratto per un giorno) di 5-7 mmHg
  • Durante un programma di esercizio regolare (con effetto costante) di 11 mmHg in media per la PAS e di 8 mmHg per la PAD

2. L’esercizio fisico regolare migliora il profilo metabolico glico-lipidico del paziente iperteso

  • Aumenta le HDL
  • Riduce le LDL
  • Riduce i trigliceridi
  • Riduce la glicemia
  • Riduce la resistenza all’insulina/iperinsulinismo

3. L’esercizio fisico regolare migliora la funzione cardiovascolare

  • Riduce l’ipertrofia ventricolare sinistra
  • Riduce l’ispessimento della parete arteriosa
  • Riduce la rigidità arteriosa
  • Migliora la funzione endoteliale

Benefici cardiovascolari dell’attività fisica

I parametri grazie ai quali è possibile verificare l’effetto benefico dell’esercizio fisico sono illustrati in tabella 1.
La letteratura scientifica disponibile ci consente oggi di trarre alcune importanti considerazioni:

  • l’attività fisica regolare riduce i valori di pressione arteriosa;17,18
  • migliora il profilo lipidico;17,19
  • previene l’insorgenza del diabete mellito di tipo 2.20,21
Inoltre, l’attività fisica migliora la funzione endoteliale, inducendo un aumento delle funzioni vasodilatatrici e vasomotorie22,23 e gioca un importante ruolo antitrombotico, riducendo la viscosità ematica e il livello di fibrinogeno.23,24
Infine, l’attività fisica regolare si accompagna a una marcata riduzione del tono simpatico, documentata sia dalla riduzione della frequenza cardiaca e delle catecolamine plasmatiche e urinarie, sia da studi di analisi della variazione dell’intervallo R-R all’ECG.11,12

Tipologia dell’esercizio fisico e tipologia dei soggetti


Sulla base di queste premesse appare prioritario per il medico di famiglia indirizzare i propri pazienti verso uno stile di vita che preveda lo svolgimento di un’attività fisica regolare, sana, senza sforzi inadeguati; stile di vita da adottare a maggior ragione da parte di quei soggetti con rischio cardiovascolare aggiuntivo rispetto alla popolazione generale.
Ma, benché questo tipo di approccio rappresenti il più fisiologico dei metodi per prevenire gli eventi cardiovascolari, esistono ancora oggi diverse questioni aperte e problemi di cui tenere conto:
1. quale è il livello di intensità ottimale dell’allenamento fisico?
2. esiste un criterio comune per l’esatta definizione di esercizio fisico a bassa, moderata e alta intensità?
3. l’esercizio va differenziato in rapporto alle diverse categorie di rischio cardiovascolare?
4. il paziente anziano beneficia allo stesso modo del training fisico?
Di certo tutte le principali evidenze scientifiche25-28 testimoniano che i benefici - in termini di ridotta mortalità cardiovascolare - conferiti dall’esercizio fisico, sono proporzionali al livello di intensità e frequenza dello stesso sino a un livello massimo, quantificabile con un consumo medio di 3.500 kcal/settimana; superato tale limite si assiste a un’inversione del trend con ridimensionamento dei benefici26-28, sino a diventare un fattore di rischio aggiuntivo di eventi coronarici quando l’allenamento ad “alto impatto” si applica a pazienti ipertesi.28

Tabella 2 - Ipertensione e modalità di svolgimento dell’attività fisica

1. Intensità Moderata: <60% VO2max (70% della FC max teorica per età)
2. Frequenza Preferibilmente giornaliera; almeno 4 volte a settimana
3. Durata 30-60 min, continui o accumulati durante la giornata
4. Tipo Esercizio con impegno degli arti inferiori, aerobico, ritmico,
di moderata resistenza: brisk walking (passo svelto o marcia
in pianura), ciclismo in pianura, cyclette a basso carico, nuoto);
jogging solo in casi selezionati

Canadian Hypertension Education
Program Evidence-Based Recommendations, 2005

Attività fisica nel paziente iperteso

In tema di ipertensione arteriosa, sono state pubblicate recentemente dall’American College of Sports Medicine18 e dalla Canadian Hypertension Education Program Evidence-Based Recommendations Task Force29, delle raccomandazioni per le modalità di svolgimento dell’attività fisica regolare o “sport-terapia” nei pazienti ipertesi adulti, in assenza di malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica, stroke) e complicanze renali (tabella 2).
Premesso che un costante allenamento psico-fisico è considerato lo stimolo più appropriato per la conservazione e lo sviluppo dei vari fattori (cardiovascolari, neuromuscolari, osteoarticolari) dell’efficienza fisica (physical fitness), per “sport-terapia” nella prevenzione cardiovascolare si intende un programma regolare e sistematico di allenamento aerobico o di endurance caratterizzato da:
  • lavoro muscolare di qualità dinamico o isotonico (ritmiche contrazioni e decontrazioni dei complessi muscolari degli arti);
  • di intensità moderata, dal 40% al 60% del massimo consumo di ossigeno e con frequenza cardiaca inferiore al 70% dei valori massimi teorici;
  • della durata di 30-60 minuti al giorno, continui o accumulati nell’arco della giornata;
  • con una frequenza giornaliera o di almeno 4 giorni alla settimana.
Le attività fisiche più indicate sono: brisk walking (passo svelto o marcia in pianura), cycling (ciclismo in pianura, cyclette a basso carico), swimming (nuoto).
Tabella 3 - Modificazione dello stile
di vita del paziente iperteso
L’esercizio fisico regolare deve fare parte di un programma complessivo di intervento sullo stile di vita del paziente iperteso:
1. Riduzione del peso (Body Mass Index <25 kg/m2 )
2. Riduzione della circonferenza
addominale (<102 cm negli uomini
e <88 cm nelle donne)
3. Corretto approccio dietetico:
• ridotto apporto di alcol (<30 g/die)
• ridotto apporto di sodio (uso del sale dietetico)
• ridotto apporto di colesterolo
• adeguato apporto di potassio,  magnesio e calcio
Gli adattamenti metabolici generali che l’attività fisica induce (obesità-sovrappeso, ridotta tolleranza al glucosio, ipercolesterolemia-iperdislipidemia) devono comunque essere parte di un intervento articolato sullo stile di vita del paziente iperteso (Therapeutic Lifestyle Change) (tabella 3) per la correzione di tutti i fattori di rischio cardiovascolare modificabili.18,29,30-33

Attività fisica nel paziente cardiopatico


Gli adattamenti miocardici, vascolari e periferici muscolari permettono a un soggetto affetto da cardiopatia ischemica stabilizzata, dopo un allenamento aerobico, di svolgere un esercizio fisico a uno stesso carico di lavoro sottomassimale con un più basso doppio prodotto (FC x PA) e con una richiesta miocardica di ossigeno inferiore. Si eleva così la soglia di lavoro in cui compare lo squilibrio tra richiesta e apporto di ossigeno miocardico, si eleva la soglia dell’angina da sforzo, si riducono le crisi e il rischio a lungo termine di eventi coronarici.35 Anche in cardiopatici ischemici con insufficienza cardiaca cronica, un programma di allenamento, svolto anche a domicilio, dopo otto settimane è in grado di migliorare la tolleranza allo sforzo e il consumo di ossigeno.36
Nel paziente coronaropatico è necessario quindi non confondere l’azione protettiva dell’allenamento fisico con l’azione scatenante dello sforzo fisico intenso. Paradossalmente, nel cardiopatico stabilizzato selezionato e sottoposto a programma dosato e controllato di sport-terapia, il rischio da esercizio fisico appare inferiore a quello di sportivi non selezionati e sovrapponibili per età e fattori di rischio.37,38
Tuttavia la prescrizione sport-terapeutica in questi pazienti ha la stessa dignità e presenta le stesse responsabilità, anche dal punto di vista medico-legale, di un trattamento farmacologico o chirurgico. Per cui tale prescrizione deve stabilire la qualità e la quantità di esercizio fisico, lo schema di allenamento, le controindicazioni e i rischi del “sovradosaggio” di esercizio.
Questo è il principale motivo per cui è consigliabile che il medico di famiglia, pur avendo a cura che il suo paziente coronaropatico segua un adeguato programma di attività fisica, lo indirizzi a un’attività in palestra “protetta” previa valutazione cardiologica.
Le attività di fitness in palestra “non protetta” presentano rischi legati all’ambiente, all’idoneità delle attrezzature, agli istruttori (assenza di uno standard di valutazione professionale), all’eterogeneità dei partecipanti, per cui il paziente è esposto a un’eccessiva variabilità dell’impegno cardiovascolare e metabolico, molto spesso con massimale nettamente superiore alla soglia aerobica.

Attività fisica nell’anziano


Recenti dati epidemiologici25,26,34 confermerebbero i benefici dell’attività fisica anche nei soggetti anziani, e non solo in termini di morbilità cardiovascolare,39 ma anche di declino funzionale e di mortalità per tutte le cause.40
Anche l’attività fisica occasionale (una volta alla settimana) e a bassa intensità (passeggiata) è stato confermato di grande valore per la longevità e il benessere generale dell’anziano.41 La conseguenza pratica delle evidenze menzionate è che tra le misure di prevenzione generale nei pazienti anziani si deve includere l’adozione di un stile di vita attivo, incoraggiando anche il semplice movimento fisico (passeggiare) per il mantenimento dello stato di salute.

Conclusioni


Questa revisione della ampia letteratura disponibile ci conduce alle seguenti conclusioni:
1. l’esercizio fisico produce benefici generali nel prevenire le malattie cardiovascolari e nel prolungare lo stato di salute e la longevità;
2. nei pazienti ipertesi un programma di attività fisica regolare è in grado di produrre benefici globali sul rischio cardiovascolare non ottenibili con qualsiasi monoterapia farmacologica;
3. i benefici dell’attività fisica sono confermati nella prevenzione secondaria del paziente cardiopatico, avendo cura di disegnare un programma personalizzato;
4. i benefici dell’esercizio sono ottenibili in ogni età, inclusi gli anziani, e appaiano migliorare con l’avanzare dell’età;
5. l’effetto sulla longevità e sulla prevenzione cardiovascolare è proporzionale all’intensità dell’esercizio fisico sino a un livello moderatamente alto di attività, superato il quale si assiste a un declino dei benefici ottenibili con un’attività più leggera. Comunque l’aspettativa di vita rimane migliore rispetto ai soggetti sedentari.



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