M.D. numero 4, 14 febbraio 2007

Proposte
Per un nuovo assetto delle cure primarie
di Salvatore Valore - Segretario regionale Sindacato Medici Italiani, Catania


Sul riordino delle cure primarie si assiste a un proliferare di possibili soluzioni atte a rendere più efficace la gestione della domanda di salute sul territorio. Ma affinché ciò sia veramente realizzabile la politica deve rendersi conto, non solo a parole ma con i fatti, che gli attori dell’induzione alla domanda sono molteplici e tali devono essere i responsabili del controllo della spesa

Il bisogno di salute percepito dal cittadino interagisce in maniera significativa col tradizionale rapporto di fiducia medico-paziente, da essere la fonte primaria dell’acuirsi o meno della tensione nel rapporto. È questa ormai la realtà quotidiana nella medicina generale.
Il “controllo” della domanda e dell’offerta sta nel sapere governare la domanda, ma il punto debole di tale assioma è racchiuso proprio nella complessità del ruolo del Mmg che deve convertire il bisogno in domanda esplicita di prestazioni medico-sanitarie, ma di ciò egli non è più il protagonista assoluto. Infatti esaminando il bisogno si constata che si differenzia in diversi livelli:

  • Quello gestito autonomamente dall’assistito.
  • Quello gestito dal Mmg che fornisce la prestazione di base.
  • Quello gestito dallo specialista con la prestazione di secondo livello e che attiva altre forme di domanda.
Il cittadino-consumatore reclama sempre più l’accesso diretto a una miriade di prestazioni, prima ancora di aver espresso i suoi bisogni al Mmg, forte dell’appoggio o del suggerimento (a volte involontario) dello specialista.
Quindi il Mmg è il vaso di coccio del sistema. Proprio per questa caratteristica, si configura come potenziale terreno di colonizzazione da parte di altri attori professionali, in quanto:
a. Il rapporto di fiducia si basa sulla scelta/revoca.
b. La revocabilità è un mezzo di regolazione del sistema, ma anche strumento per influenzare la qualità dell’assistenza.
c. La revocabilità condiziona i comportamenti e le scelte professionali. La revoca viene utilizzata talvolta in senso opportunistico o al fine di indurre prestazioni da parte dell’offerta specialistica (cambio di medico).
d. La facoltà di scelta/revoca condiziona gli equilibri relazionali del triangolo Mmg, assistito, specialista.

Gli step per il cambiamento
1. La direzione regionale delle cure primarie come organismo di programmazione.
2. Il Dipartimento delle cure primarie con il compito di organizzazione e controllo nelle aziende territoriali.
3. Interazione tra ospedale e territorio attraverso la condivisione dei percorsi diagnostico-terapeutici e protocolli comportamentali.
4. L’informatizzazione del sistema.
5. Un nuovo assetto della MG che promuova e privilegi le forme organizzate per bacino di utenza (quartiere).
6. Integrazione tra Mmg, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale, specialisti ambulatoriali e ospedalieri
7. Incentivi per:
• Educazione Sanitaria
• Prevenzione e medicina di iniziativa
• Screening
• Incentivi per prestazioni specialistiche concordate e riconosciute
• Gruppi di eccellenza certificati e valutati
• Accesso alla didattica e alla ricerca
8. Una nuova struttura della remunerazione che superi la quota capitaria.
9. Un nuovo rapporto tra il Mmg e il cittadino che superi la scelta-revoca.
10. Passaggio dalla complessità alla qualità:
• Distretto funzionante
• Prontuario farmaceutico regionale
• Nomenclatore tariffario semplificato
• Informatizzazione integrata ospedale-territorio
• Formazione finalizzata per obiettivi
Questioni sottovalutate

Il dibattito sul governo della domanda ha sottovalutato, a mio avviso, questi elementi socio-relazionali che hanno importanti riflessi sulle reali possibilità del Mmg di esercitare un effettivo controllo unidirezionale sui processi che lo coinvolgono.
Il protagonismo dell’utente-consumatore si esprime in tre fenomeni.
1. Richieste esplicite: “fare tutti gli esami”.
2. Accesso diretto al II livello
3. Nuove forme di traduzione del bisogno (auto-diagnosi, auto-medicazione, auto-gestione).
Tutto ciò può determinare (ove non l’avesse già fatto) scarsa attendibilità della medicina generale, non essendo essa inquadrata come specialità.
Appare chiaro che la medicina generale è al servizio della medicina specialistica (ospedaliera, convenzionata o privata), e diventi il “collo dell’imbuto” attraverso il quale si vuole fare passare tutta l’assistenza territoriale (prescrizione).
Viene sempre più spesso detto e scritto che il Mmg e il territorio devono diventare protagonisti del nuovo Ssn. Ma più che al centro del sistema, il Mmg mi sembra sia messo al centro della scena, a fare la “bella figurina” o se si preferisce il “cestino” dove si buttano tutti i problemi senza possibilità di gestirli e risolverli.
In primis bisogna cominciare dall’organizzazione e interazione tra ospedale e territorio. Per questo è necessario creare un nuovo modello attraverso la condivisione di metodi e risultati e lo scambio di esperienze e la chiarezza degli ambiti di responsabilità nelle varie fasi di assistenza.
A tal fine bisogna formulare un nuovo processo di comunicazione.
Abbiamo due modelli a confronto: il primo già strutturato e collaudato nei secoli per l’assistenza agli acuti (ospedale). Il secondo per l’assistenza ai cronici (territorio), da mettere ancora a regime rispetto alla normativa già esistente.
C’è perciò una debolezza intrinseca del secondo, indotta da sostanziali differenze e divergenze tra le competenze e le conoscenze che sono richieste nell’ospedale e nel territorio.
Si è innescato un circuito anomalo, cresce la domanda per i cronici, ma l’offerta e le risorse sono prevalentemente disponibili per gli acuti.
Il distretto non è più uno spazio amministrativo-circoscrizionale da amministrare, oggi è una comunità, un luogo di relazioni che deve proporsi e dare risposte organizzative e di indirizzo per gestire le cronicità.
Siamo coscienti che nella medicina generale ci sono delle incongruenze e delle lacune, ma non c’è sicuramente malafede. Anzi esistono sforzi notevoli per dare dignità ad un lavoro che fino ad oggi è stato visto come un ripiego professionale.
è necessario quindi chiedere alla politica “ascolto” o, meglio, la consapevole e non rimandabile disponibilità di ascoltare per puntualizzare quali evoluzioni e prospettive ha la medicina generale.
Ecco alcune proposte al riguardo che potrebbero rappresentare un miglioramento della qualità del lavoro del Mmg e del sistema a lui affidato.
1. Insegnamento universitario della medicina generale, orientato al paziente e non più alla patologia, perché i giovani colleghi conoscano la disciplina, i ruoli, le funzioni professionali e sociali che essa dà, tanto da non interpretare più la medicina generale come un ripiego, ma come una scelta.
2. Autonomia e indipendenza della disciplina.
3. Scuola di Formazione Regionale in medicina generale, che colmi i bisogni formativi e stimoli la crescita del Mmg, promuova nuove conoscenze e nuove tecnologie, e lo solleciti alla necessità di una formazione continua, perché il Mmg è uno specialista trasversale, non quello che scrive le ricette.
4. Istituzione degli ospedali di insegnamento.
5. Definire il Gold Standard della medicina generale.
6. Determinarne i compiti.
7. Mettere a punto gli indicatori di qualità da incentivare per:
n avere un sistema di recording;
n gestire un corretto rapporto con gli specialisti;
n attuare personalmente stili di vita salutari;
8. Possibilità di premiare il merito. Per fare questo, uno strumento potrebbe essere quello di riequilibrare i rapporti di sapere/potere con gli altri attori professionali attraverso le forme associative in grado di offrire risposte specifiche ed esaurienti:
n promozione e incentivazione di gruppi di eccellenza;
n creare un sistema di premi in cui i Mmg siano incentivati a qualificarsi.
9. Stabilire regole per evitare il conflitto con gli altri medici, aventi ruoli diversi all’interno dello stesso sistema di cure.
10. Stabilire e definire scelte chiare tra territorio e ospedale.
11. Possibili risorse aggiuntive.
Resta in primis il fatto che la politica dovrà riconoscere che non siamo i soli a poter controllare la spesa.