M.D. numero 4, 14 febbraio 2007

Rassegna
Calcitriolo e osteoporosi
di Ranuccio Nuti, Giuseppe Martini, Luigi Gennari, Fabrizio Valleggi, Daniela Merlotti, Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica - Università degli Studi di Siena

Il calcitriolo rappresenta una valida alternativa per il trattamento dell’osteoporosi e delle sue forme secondarie, nonché per la riduzione delle fratture

I due nutrienti più importanti per la salute dell’osso sono il calcio e la vitamina D. La ridotta assunzione di calcio può essere associata ad una ridotta massa ossea e ad osteoporosi, mentre una grave e cronica deficienza di vitamina D determina osteomalacia, una malattia metabolica dell’osso caratterizzata da una diminuita mineralizzazione della matrice ossea e da aumentato tessuto osteoide.
La più importante fonte di vitamina D è la pelle, dove viene prodotta grazie all’azione della luce ultravioletta sui precursori steroidei. La vitamina D è anche presente in alcuni alimenti sia vegetali (vitamina D2 o ergocalciferolo) sia animali (vitamina D3 o colecalciferolo), quali il pesce (salmone, sardine, tonno), la carne (fegato), uova e funghi selvatici. Viene trasportata al fegato legata a una specifica
a-globulina (vitamina D binding protein) e in piccola parte ad albumina e lipoproteine; nel fegato viene metabolizzata a 25(OH)D, che rappresenta la più importante forma di deposito in quanto ha una lunga emivita.
Nel rene la 25(OH)D viene ulteriormente metabolizzata dall’enzima 1a-idrossilasi ad 1,25(OH2)D o calcitriolo, l’ormone responsabile degli effetti biologici. Il legame del calcitriolo al recettore della vitamina D (VDR), un recettore nucleare per gli ormoni steroidei, attiva VDR stesso che interagisce con il recettore retinoideo X (RXR) e forma il complesso VDR-RXR-cofattore, che si lega agli “vitamin D response elements” nella regione promoter di geni bersaglio al fine di regolare la trascrizione dei geni stessi.
Il calcitriolo è il più importante metabolita biologicamente attivo della vitamina D, e i principali regolatori della sua produzione sono l’ormone paratiroideo (PTH), la 1,25(OH)2D stessa, e l’apporto dietetico di calcio e fosfato. Gli organi bersaglio per la 1,25(OH)2D circolante sono essenzialmente tre: l’intestino, le ghiandole paratiroidi e l’osso. Gli effetti della 1,25(OH)2D sul metabolismo minerale sono caratterizzati da:
1. aumentato assorbimento intestinale di calcio che determina un incremento del calcio sierico;
2. diminuzione dei livelli circolanti di PTH sia attraverso l’inibizione diretta della secrezione di PTH dalle ghiandole paratiroidi sia in modo indiretto per l’aumento dei livelli sierici di calcio;
3. diminuito riassorbimento osseo (principalmente dovuto ad una riduzione del riassorbimento osseo PTH-mediato);
4. aumentata formazione ossea.1
Quando lo stato vitaminico D è nella norma, il piccolo intestino assorbe circa il 30% del calcio alimentare. In caso di insufficienza vitaminica l’assorbimento intestinale del calcio si svolge principalmente attraverso un percorso extracellulare, passivo, che limita l’assorbimento complessivo del calcio a circa il 10-15% dell’apporto dietetico.
La sintesi cutanea di provitamina D è massima in estate e minima in inverno, ed esiste una associazione inversa tra basse concentrazioni di 25(OH)D e latitudine. Quando i valori circolanti di 25(OH)D cadono al di sotto di 30 ng/ml si ha un aumento della secrezione di PTH2 con aumento del riassorbimento osseo che se dura nel tempo può risultare in osteopenia.
La patogenesi della perdita ossea correlata all’età è in parte dovuta a un ridotto assorbimento di calcio da parte dell’intestino dovuto all’invecchiamento e a una diminuita sintesi di 1,25(OH)2D da parte del rene per una perdita, sempre correlata all’età, della capacità dell’1a-idrossilasi renale di rispondere al progressivo innalzamento del PTH.3
Inoltre il tempo di esposizione solare generalmente si riduce con l’età e la sintesi endogena di vitamina D diminuisce nelle persone anziane anche a causa dei cambiamenti trofici dell’epidermide.4-5 È stato dimostrato come le donne osteoporotiche siano caratterizzate da un ridotto assorbimento di calcio quando confrontate con controlli della stessa età.6
La deficienza di vitamina D può essere confermata attraverso la misurazione sierica di 25-idrossivitamina D (25(OH)D). Nei pazienti con osteomalacia i livelli sierici di 25(OH)D sono solitamente al di sotto dei 5-6 ng/ml e spesso indosabili. Le principali cause di deficienza di vitamina D sono: una scarsa esposizione alla luce solare, una diminuzione della sintesi cutanea di vitamina D, una dieta carente e una diminuita idrossilazione renale. La deficienza subclinica, caratterizzata da livelli circolanti di 25(OH)D compresi tra 6 e 30 ng/ml viene definita come insufficienza. L’insufficienza di vitamina D, in seguito all’aumento della secrezione di PTH necessario per mantenere adeguati livelli plasmatici di calcio, può determinare un incremento della perdita ossea e quindi del rischio di frattura. Ne consegue che negli anziani è necessario un adeguato apporto sia di calcio e soprattutto di vitamina D al fine di preservare la massa ossea e prevenire l’osteoporosi.7,8

Evidenze dalla letteratura su calcitriolo e osteoporosi


Le forme di vitamina D 1a-idrossilate, l’1,25-diidrossicolecalciferolo o calcitriolo, e l’1a-idrossicalciferolo o alfacalcidolo, rappresentano valide alternative per la prevenzione dell’osteoporosi.9 Entrambi i composti stimolano infatti l’assorbimento intestinale del calcio e la risposta è dose dipendente. Essi determinano anche una soppressione della secrezione del PTH.
A livello osseo, il calcitriolo determina una diminuizione del riassorbimento osseo con effetti stimolanti sulla neoformazione ossea. A tale riguardo, un recente studio eseguito in vitro ha suggerito che il calcitriolo potrebbe incrementare la sensibilità degli osteoblasti agli stimoli degli ormoni gonadici (17beta-estradiolo e diidrotestosterone) e anche al raloxifene.10 Inoltre, gli incrementi dei livelli sierici di osteocalcina osservati negli uomini trattati con 1,25(OH)2D e gli studi su animali che dimostrano un aumentato numero di precursori degli osteoblasti nel midollo osseo durante la somministrazione di 1,25(OH)2D confermano l’ipotesi secondo cui le anormalità nella produzione e nella distribuzione scheletrica di 1,25(OH)2D possono contribuire alla diminuita funzione degli osteoblasti e alla diminuita formazione ossea.11
In donne con recente frattura del femore si hanno livelli ossei
di 1,25(OH)2D marcatamente ridotti, così come ridotti sono i livelli circolanti di 25(OH)D, facendo quindi presupporre un effetto diretto della vitamina D sulla qualità dell’osso.12 A tale proposito, sono stati valutati gli effetti del calcitriolo sul topo SAM-P/6, un modello di osteoporosi senile ormono-indipendente caratterizzato da ridotta formazione ossea. La densità minerale ossea incrementava rapidamente di circa il 30% nei topi trattati, mentre si riduceva in modo significativo nei controlli. L’istomorfometria eseguita sui topi trattati ha dimostrato che il calcitriolo è in grado di aumentare il volume osseo e altri parametri della qualità dell’osso, come la velocità di formazione dell’osso subperiostale, mentre non ha dimostrato effetti significativi sull’osso trabecolare. Il trattamento con calcitriolo riduce anche il numero degli osteoclasti a livello della lacuna di erosione.13
Sono stati condotti numerosi trial clinici su pazienti osteoporotici usando calcitriolo o altri metabolici idrossilati della vitamina D quali l’alfacalcidolo alle dosi comprese tra 0.25 e
2 µg/die. Tali composti hanno dimostrato complessivamente di avere un effetto positivo sulla massa ossea. Una metanalisi ha mostrato un consistente effetto, statisticamente significativo, della vitamina D idrossilata sulla BMD con dosi al di sopra di 0.43 µg/die, con effetto complessivo migliore rispetto al trattamento standard con vitamina D.14
Più recentemente è stato dimostrato un effetto globale sulla prevenzione della perdita di massa ossea in pazienti in terapia con corticosteroidi con una riduzione significativa dell’incidenza delle fratture, sia di quella vertebrali sia non vertebrali.15 Gli effetti terapeutici sembrano essere di tipo farmacologico, piuttosto che fisiologico, e quindi indipendenti dallo stato vitaminico D. I potenziali effetti collaterali di questi trattamenti, quali l’ipercalcemia e il deterioramento della funzionalità renale, sono rari a basse dosi (fino a 0.5 µg/die) ma più frequenti ad alte dosi (1-2 µg/die). Per questo motivo il trattamento con calcitriolo richiede il monitoraggio delle concentrazioni sieriche di calcio e della funzionalità renale diversamente da quanto richiesto con la terapia con vitamina D.
È comunque da sottolineare come i trial clinici condotti negli anni passati allo scopo di valutare l’efficacia del calcitriolo nell’osteoporosi post-menopausale e senile hanno fornito risultati contrastanti sia per le differenze nel disegno degli studi che per il dosaggio di farmaco usato.16-21
Da alcuni studi emerge che la finestra terapeutica del calcitriolo è abbastanza ristretta: mentre 0.4 µg/die sono sufficienti per aumentare l’assorbimento di calcio in molti pazienti, una dose di 0.5 µg/die o maggiore è efficace in quasi tutti i pazienti con appropriato apporto dietetico di calcio.9,22,23 Non dovrebbe però essere superata la dose di 0.8 µg/die per non incorrere nel rischio di ipercalcemia. Alla dose compresa tra 0.5 e 0.8 µg/die il calcitriolo si è dimostrato capace di incrementare la BMD in vari distretti scheletrici (total body e rachide lombare).
Per quanto concerne la capacità antifratturativa, una metanalisi di tutti i principali studi condotti ha evidenziato come il calcitriolo sia in grado di ridurre in misura significativa soprattutto le fratture, in particolare quelle vertebrali (figura 1),16 mentre altri studi hanno mostrato una tendenza positiva, ma non del tutto significativa per le fratture non vertebrali.17 E ancora, in uno studio controllato, utilizzando dosi di 0.5 µg di calcitriolo al giorno è stato possibile dimostrare che l’incidenza di fratture vertebrali si riduceva in donne con osteoporosi post-menopausale con meno di 5 fratture vertebrali, ma non in quelle con più di 5 vertebre fratturate.16
Un più recente trial clinico randomizzato ha infine investigato gli effetti della terapia con calcitriolo ed estrogeni sulla BMD, sull’incidenza di cadute e sul rischio di frattura.24 Nei tre anni di trattamento è stata dimostrata una ridotta incidenza di cadute e fratture vertebrali sia nel gruppo trattato con solo calcitriolo sia nel gruppo trattato con estrogeni più calcitriolo, rispetto al placebo. Fra gli altri parametri il trattamento con calcitriolo ha anche determinato una riduzione del tempo impiegato per alzarsi da una sedia e una riduzione del tempo di cammino (figura 2).



Calcitriolo e osteoporosi secondarie


La terapia con calcitriolo si è dimostrata efficace anche nelle forme secondarie di osteoporosi, sia nell’osteoporosi da glucocorticoidi sia nella perdita ossea conseguente a trapianto di cuore, polmoni e fegato.15,25-30
In uno studio condotto su pazienti sottoposti a trapianto di cuore, la somministrazione di calcitriolo alla dose di 0.5 µg/die per 12 mesi si è rivelata in grado di minimizzare la perdita ossea a livello della spina lombare e del femore, con una differenza comunque statisticamente significativa rispetto al gruppo placebo, nel quale al termine del follow-up è stata rilevata una riduzione della massa ossea di circa il 3-6% (figura 3).26
Il meccanismo d’azione del calcitriolo potrebbe essere correlato alla correzione dell’iperparatiroidismo secondario e alle sue proprietà immunomodulanti.16



Calcitriolo in associazione con altri farmaci antiosteoporotici


Un importante ruolo per il calcitriolo è stato proposto anche come terapia aggiuntiva ai bisfosfonati e agli estrogeni nel trattamento dell’osteoporosi senile. In uno studio condotto in donne osteoporotiche trattate con la sola terapia estrogenica oppure con l’associazione estrogeni-calcitriolo è stato dimostrato come l’azione degli estrogeni sulla densità ossea delle donne osteoporotiche possa essere significativamente implementata con l’impiego di calcitriolo (figura 4). Sotto il profilo fisiopatologico questo effetto può essere giustificato dal fatto che il calcitriolo migliorando l‘assorbimento intestinale del calcio è in grado di ridurre ancora una volta la secrezione paratiroidea e quindi di incrementare l’osso corticale (figura 5).31,32
Il calcitriolo esercita anche molteplici effetti pleiotropici, tra i quali quello sulla forza muscolare e sulla coordinazione neuromuscolare potrebbe risultare importante nella riduzione del rischio di frattura, in associazione all’effetto sulla massa ossea.33,34

Altri effetti positivi del calcitriolo sono legati alla prevenzione e al trattamento di patologie diverse quali la psoriasi e alcune malattie autoimmuni come la sclerosi multipla. Infine è da ricordare come il calcitriolo sia stato inserito in protocolli terapeutici per la cura di alcune neoplasie.



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