M.D. numero 4, 14 febbraio 2007

Riflettori
Ssn inglese: un benchmark duro a morire
di Francesco Nicolosi - Medico di medicina generale, Paternò (CT)


La riforma del nostro Ssn negli ultimi anni si è ispirata al modello anglosassone, ma la scelta non si è dimostrata vincente. Malgrado ciò, il National Health Service resta un punto di riferimento da cui si continua ad attingere

Da diversi anni esiste un fenomeno sommerso e da tutti sottovalutato: l’espatrio volontario di medici nostri connazionali nel Regno Unito.
Non immaginate di vedere fatiscenti carrette del mare che attraversano notte tempo il canale della Manica, straripanti di camici bianchi. Tutto questo sta accadendo, non certo per darwiniane esigenze di ripopolamento della specie umana nella terra d’Albione, bensì per rinfoltimento della specie sanitaria.
Il Sistema sanitario inglese (NHS) è carente sia di medici sia dell’intera filiera di tutto il comparto sanitario.
Sono garantiti, a cura di Agenzie specifiche del settore, regolari contratti a tempo indeterminato (permanent) o limitato (locus), di solito fino a un anno, dove nel pacchetto oltre l’occupazione, s’intende, è compreso anche l’alloggio.
Tutto ciò è allucinante, in un Paese che intraprese, intorno agli anni ’70, un grande progetto di riforma sanitaria molto ambizioso, dove venivano presentate scelte alquanto coraggiose, di netta rottura con il passato e con l’introduzione di molteplici cambiamenti del tutto innovativi per l’epoca.

General Practice


Focalizziamo l’attenzione in particolare sulla strutturazione del comparto della medicina generale, che è quello di cui ci occuperemo, tralasciando volutamente gli aspetti riguardanti gli altri livelli di assistenza sanitaria anglosassone.
Lo studio di un General Practitioner (Gp) può essere organizzato singolarmente o in gruppo (per una popolazione non inferiore a 7.000 abitanti). Il Gp lavora cinque giorni la settimana (da lunedì a venerdì) e può utilizzare uno di questi giorni (di solito il mercoledì), per l’aggiornamento (obbligatorio) da espletarsi mediante l’approfondimento fornito da materiale informatico online o frequentando corsi teorico-pratici ospedalieri nelle aree di maggiore interesse clinico.
Il generalista inglese eroga nel proprio ambulatorio numerosi servizi alla propria utenza, dai comuni esami di laboratorio al Pap test, eseguito dalla collaboratrice di studio, fino a esami ecografici o radiografici standard di semplice esecuzione.
Dall’88 è in vigore il PACT (Prescribing Analysis and CosT), sistema informatico che ha lo scopo di controllare e verificare su base quantitativa e qualitativa composizione e costi delle prestazioni effettuate e che trasferisce mensilmente i dati richiesti con invio telematico.
Esistono, inoltre, una rete di ispettori, istituiti per attuare una serie di verifiche programmate sul corretto funzionamento degli studi di medicina generale, che certificano il livello delle prestazioni erogate, l’adesione ai protocolli e/o ai piani sanitari nazionali nonché l’aderenza al contenimento della spesa (budget).
I medici che si macchiano di eventuali “sforamenti” nella gestione delle risorse, contravvenendo al rispetto degli accordi sui bilanci programmatici di spesa annuale prevista, sono invitati a presentare nei rispettivi distretti di competenza una convincente relazione, atta a spiegare i percorsi e le procedure seguite per il perseguimento degli obiettivi anche se in questo caso non sono valsi ad evitare il superamento del proprio budget.
Nei casi più fortunati, il medico o il gruppo che a fine anno dimostrino di avere raggiunto gli obiettivi prefissati, vengono gratificati con ricompense (non in denaro), consistenti nel rinnovo dei beni strumentali di maggior utilizzo (apparecchiature che concorrono ad elevare gli standard qualitativi delle prestazionali ambulatoriali) o incentivi a favore della ristrutturazione o ammodernamento degli studi professionali. Nel caso improbabile di un mancato utilizzo della somma del “premio” questa è reincamerata nel capitolo di spesa disponibile per l’anno successivo.

Affinità elettive?


Soffermandoci su tale strutturazione si noterà quanta materia è stata attinta negli anni dai nostri colleghi d’oltre Manica e quante di queste novità sono state adattate via via o stanno per esserlo alla realtà del sistema sanitario italiano, alcune giunte già a buon fine, altre no.
La riforma del nostro Ssn si è sempre ispirata al modello anglosassone, la scelta però non si è dimostrata vincente, tant’è che i mali del nostro Paese in campo sanitario persistono ancora e forse sono identici a quelli del NHS.
Il Governo Blair ha tentato negli ultimi anni un colpo di coda per cercare di risalire la china, puntando su un grande e ambizioso progetto di riforma, destinando a questo ingenti somme di denaro pubblico, onde ottenere intanto una inversione di tendenza sulla enorme voragine apertasi da diversi anni indotta dalla carenza di vocazioni mediche. Quattro Gp su dieci decidono di andare in pensione prima del raggiungimento del termine previsto a causa di estenuanti sovraccarichi di lavoro. Questo curioso fenomeno, sicuramente senza precedenti nella storia dei sistemi sanitari europei, sta conducendo lentamente al collasso il NHS per carenza di linfa vitale rappresentata dal ricambio generazionale, cosa che in Italia ancora per fortuna non accade.
Ai britannici è venuto a mancare il desiderio di frequentare scuole di medicina e sono sempre meno gli studenti che ne fanno domanda, così almeno riportava il British Medical Journal qualche anno fa.
Per colpa di un sistema sanitario che sprofondava sempre più, nell’opinione pubblica prendeva corpo un futuro alquanto nebbioso, dalle prospettive di lavoro molto incerte, tanto da spingere le giovani matricole a scegliere indirizzi didattici diversi dalla medicina.
Per arginare questo fenomeno furono elaborate nuove strategie con un progetto avveniristico accompagnato da un grande sforzo economico che avrebbe dovuto assicurare al Paese in breve tempo un grande livello di informatizzazione, con lo scopo di riuscire ad alleggerire il carico della macchina burocratico-amministrativa, nello stesso tempo apportare un maggiore snellimento nelle procedure e conferire speditezza al lento cammino della riforma.
La seconda parte di questo progetto ha previsto l’orientamento della maggior parte delle risorse disponibili a favore dello sviluppo della ricerca genetica. Questo perché gli inglesi hanno intuito che è lì che si giocherà in futuro tutta la partita riguardante l’individuazione, la conoscenza e quindi la sconfitta di molte delle malattie fra le più devastanti per il genere umano, sia dal punto di vista della sofferenza che da quello meramente economico per l’alta incidenza dei costi sulla sanità pubblica.
Da queste proiezioni genetiche, gli inglesi sperano di identificare dei codici o delle mappe da cui poter trarre gli auspici su come anticipare l’evolversi delle malattie epidemiologicamente più diffuse in termini di morbilità e mortalità che affliggono da più tempo il nostro pianeta e affinare così le armi, i percorsi e le strategie vincenti da seguire per gli anni a venire.

Il senso dell’emulazione italiana


Stante così le cose, sorgono legittimamente diverse domande. Perché si è deciso in Italia di voler emulare a tutti i costi gli inglesi? Perché abbiamo importato, spacciandoli per nostri, molti principi della riforma sanitaria della Gran Bretagna? Vogliamo, forse, diventare come loro, fino ad arrivare al loro stesso baratro? Vale ancora quell’adagio che recita: un male se lo conosci lo eviti? Se la risposta è sì, perché non ci discostiamo in tempo da questa scelta prima che sia troppo tardi?
Rivendichiamo la nostra italica autonomia di pensiero e di comportamenti, finiamola una buona volta con l’esterofilia gratuita e a tutti i costi, e creiamo delle solide basi che possano traghettarci in un futuro non molto lontano dove gli “inglesi” finalmente potremmo essere noi e tutti cercheranno di imitarci!