M.D. numero 5, 21 febbraio 2007

Appunti
Essere medico è proprio una gran soddisfazione!

E' da un po’ che me ne sto ritto davanti al portone con la mia borsa, come uno scolaretto con la cartella, aspettando che chi mi ha chiamato si degni di aprire. Può darsi che sia andato a fare la spesa. Dal marciapiede, dall’altro lato della strada, qualcuno mi saluta. È Giovanni, mio ex compagno delle elementari. Va a spasso tutto felice col suo nipotino. Sono tre anni che è in pensione. Se lo merita. Ha iniziato a lavorare una decina di anni prima di me. Un lavoro duro, logorante, pagato male. Faceva il tornitore in una piccola officina. Sabato e domenica liberi, ma otto ore di lavoro, tutti i giorni, a parte le ferie d’agosto. Un lavoro sporco, a contatto con olio di macchina e limatura di ferro. Roba da distruggere un uomo. Per fortuna ce l’ha fatta a raggiungere la pensione, la ditta non aveva più bisogno di lui e gli ha regalato un paio d’anni di contributi. Adesso al suo posto hanno preso un extracomunitario. Giovanni ha avuto due figli, che gli sono molto legati. Quando tornava a casa alle cinque dal lavoro, li aiutava a fare i compiti. La domenica li portava in montagna e, quando la squadra locale giocava in casa, andavano allo stadio. Poi il maggiore si è sposato e gli ha regalato un nipotino che Giovanni segue ancor più di quanto ha seguito i suoi figli. Tranne però il venerdì e il sabato sera, va con la moglie a ballare, come ha sempre fatto da quando si sono conosciuti.
“Complimenti, Giovanni! Che bel nipotino!” gli dico. “E tu nipotini non ne hai?” mi chiede.
No, caro Giovanni, nipotini non ne ho ancora. Mi sono sposato tardi, dopo che ho finito l’università, quando tu ormai eri già sposato da sei o sette anni e lavoravi già da dieci. Quando tu avevi già quasi pagato il mutuo agevolato per la casa in cooperativa, io stavo ancora pagando i debiti dell’università. Di treni ne ho presi tanti per andare a studiare, ma ne ho anche persi tanti. Non solo non ho potuto comprare la casa col mutuo agevolato perché non ero un operaio, ma anche perché non guadagnavo ancora e non avrei potuto pagarmi neppure il mutuo sebbene agevolato. Ma quando ho iniziato a guadagnare, il prezzo delle case, quelle sul libero mercato perché a me toccavano solo quelle, è schizzato alle stelle. I primi tempi io e mia moglie abbiamo abitato in una casa di ringhiera, vera casa da operai, altro che la tua. E quando finalmente abbiamo avuto un figlio, io l’ho visto il giorno che è nato e poi saltuariamente qualche sera, tornando a casa dal lavoro. Di sabato ho sempre lavorato. E la domenica per qualche anno sono riuscito a portarmi mio figlio a messa, poi non ce l’ho più fatta. Allo stadio non ci sono mai andato, né da solo né con mio figlio, costava troppo, e la domenica pomeriggio era l’unico momento libero per leggere le riviste mediche. In compenso, devo ammetterlo, il mio è un lavoro pulito rispetto al tuo. Sarà anche vero che i primi anni, quando lavoravo come ostetrico, mi son beccato in faccia di tutto, ma dopo è stata tutta un’altra cosa. I miei pazienti, a parte qualcuno, non sono sporchi di olio di macchina come i pezzi che lavoravi tu. Al massimo possono puzzare un po’, avere qualche piccola malattia infettiva, roba da poco. E le soddisfazioni? Vuoi mettere il tuo pezzo ben tornito con una mia ricetta ben fatta, che il paziente porta via e non torna a dirmi “Dottore, ha sbagliato, io volevo andare dal fisiatra, non dall’ortopedico”? Quando riesco a imbroccare una ricetta mi sento veramente realizzato.
Ti capisco quindi che di tornire metalli non ne potevi più. Io sarei morto di noia dopo i primi due giorni del tuo lavoro. È stata davvero una fortuna che ho potuto fare il medico, il sciur dutur! Ed è una fortuna che il mio datore di lavoro non mi regala due anni di contributi, che anzi sta pensando, d’accordo con i miei sindacati, di trattenermi al lavoro per altri dieci anni. Mio figlio quest’anno o l’anno prossimo magari mi darà un nipotino, ma chi ha voglia di crescerlo? Non ho certo voglia di fare il nonno, io che non ho mai fatto il padre.
È giusto quindi che quei giovani medici che sono in fila in attesa del mio posto rimangano lì ad attendere. Mica sono extracomunitari, dopo tutto. Non hanno bisogno di lavorare. Io invece sì. Come potrei vivere senza pazienti, come questo qui che mi chiama a casa e poi va a fare la spesa? Senza i decreti del ministero, le circolari della Asl, le note AIFA, i moduli per i pannoloni?
Giovanni, sei un povero sfigato. Hai vissuto una vita incolore, in una casa in cooperativa, dietro a un tornio, con due figli con cui hai dovuto parlare, che hai dovuto educare, ai quali hai dovuto comunicare il tuo modo di pensare e i tuoi valori, con una moglie che hai dovuto scarrozzarti tutti i venerdì e i sabati in balera. E adesso sei in pensione, inutile alla società, a parte forse a questo tuo nipotino. Io invece sono ancora utile alla Asl, al farmacista e al paziente che deve farsi trascrivere l’esenzione. Io ho vissuto senza l’assillo di figlino e nipotino, senza consolazioni proletarie tipo i tuoi giri di valzer con la moglie, io mi sono dedicato tutto alla scienza e alla professione e a pagare le banche. Io sì che ho vissuto bene. Povero Giovanni, se anche tu avessi studiato!

Antonio Attanasio,
Medico di medicina generale
Mandello del Lario (LC)