M.D. numero 5, 21 febbraio 2007

Contrappunto
Per un nuovo assetto delle cure primarie
di Vincenzo Giordano - Medico di medicina generale, Modigliana (FC)


Il ruolo del Mmg quale produttore e collettore sul territorio di informazioni sanitarie deve essere riconosciuto in primis dal medico stesso e rivendicato quale specificità professionale. Va inoltre reclamata la necessità di selezionare i dati raccolti in termini di qualità, un deterrente alla forte spinta di trasformare il medico di famiglia in un tuttologo-superman

L'articolo del collega Giancarlo Aulizio (M.D. 2006; 38: 6-7) è una lucida disamina dei problemi sull’evoluzione in corso del lavoro del Mmg e sulle dinamiche che vi sono sottese. Intorno alle nuove aggregazioni di Mmg (Casa della Salute, NCP, UTAP, ecc.) regna infatti grande confusione: i “dialetti” parlati dalle diverse Regioni, d’opposto orientamento politico, la difforme velocità con cui esse si muovono da Nord a Sud, fanno temere una Babele di modelli organizzativi che potrebbe riprodurre in futuro, a livello interregionale, l’incomunicabilità dei dati sanitari che oggi si cerca faticosamente di superare a livello intra-regionale. Tuttavia, un tratto comune caratterizza le linee di sviluppo tracciate da alcune Regioni e, in particolare, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna: i cospicui investimenti finanziari destinati alla creazione e al funzionamento di collegamenti telematici orizzontali (fra i Mmg e fra questi e le figure professionali operanti nella stessa aggregazione locale) e verticali (connessione con l’anagrafe regionale e il “concentratore” dei dati provenienti dalle strutture di ricovero e laboratori di analisi regionali).
Si è riconosciuta l’importanza critica della disponibilità dei dati sanitari come supporto del governo clinico a tutti i livelli dell’assistenza, con ritardo rispetto ad altri Paesi in cui si è cominciato a percorrere questa strada circa venti anni fa. Da noi si parte solo adesso, con l’aggravio ulteriore della necessità di omogeneizzare una congerie di preesistenti sistemi di gestione e raccolta dati. Questi si sono sviluppati anarchicamente nell’assenza di una qualsiasi cornice normativa e di indirizzo che stabilisse, a livello nazionale/regionale, standard condivisi.
Ovvia l’importanza della raccolta dei dati sanitari ai fini epidemiologici, gestionali, organizzativi e distributivi di risorse non infinite, mi soffermo quindi sugli aspetti più propriamente clinici.
L’enorme sviluppo delle specialità mediche, degli esami di laboratorio e della diagnostica ha radicalmente mutato durante gli ultimi cinquant’anni l’attività professionale del medico di famiglia. Sempre più spesso il Mmg deve tenere le fila di un procedimento diagnostico che vede il concorso di numerosi altri professionisti, deve coordinare colleghi che hanno del paziente una visione approfondita in un settore specifico, ma parcellare, e alla fine far combaciare i vari elementi del puzzle.
La raccolta dei dati sanitari del singolo assistito, quindi, non può essere un processo passivo, di semplice accumulo di referti di esami e visite specialistiche, di prescrizioni di farmaci, di cartelle cliniche ospedaliere, ma deve configurarsi come elaborazione attiva da parte dell’unico professionista territoriale che, per la peculiarità del suo rapporto con il pazienteno, è in grado di farlo. In caso di accumulo passivo il rischio è quello per il quale negli USA è stato coniato, più di quindici anni fa, il terroristico termine di A.I.D.S. (acronimo di “sindrome da difetto di anti-informazione”) proprio per mettere in guardia dalla possibilità che un eccesso di dati, crudi e scollegati fra loro, possa infine tradursi nella equivalenza: troppi dati = nessuna informazione.

Tutelare il profilo professionale


Il ruolo basilare del Mmg, come “produttore” e collettore, sul territorio, di informazioni sanitarie riguardanti il proprio assistito, nonché di contestuale elaboratore delle stesse per il processo diagnostico-terapeutico e per l’attività comunicativa verso gli altri erogatori di assistenza, deve essere riconosciuto in primis dal medico stesso e rivendicato poi quale specificità del suo ruolo. Ancor più adesso che politici e amministratori si stanno impegnando, con fermezza e adeguato utilizzo di risorse finanziarie, in questo difficile salto di qualità dell’assistenza sanitaria.
È anche vero che quest’attività di metabolizzazione dei dati sanitari da parte del Mmg, soggetta e sottoposta al grado di collaborazione offerto dal paziente, è tanto proficua quanto onerosa in termini di tempo. Mi chiedo allora se non sia auspicabile che alle nuove aggregazioni di Mmg, allargate agli specialisti ambulatoriali, alla continuità assistenziale, agli operatori sociali di riferimento, le autorità sanitarie chiedano un forte impegno sulla estensione e sulla qualità dei dati raccolti, spina dorsale del governo clinico, invece che spingere su una improbabile (e secondo me fuorviante) trasformazione del medico di famiglia in un tuttologo-superman, ecografista-cardiologo-pneumologo, ecc.?
Senza togliere la possibilità a quei colleghi che, avvalendosi del personale infermieristico utilizzabile nei NCP avanzati, vogliano cimentarsi, sulla base dei loro specifici interessi professionali, volontariamente, nell’utilizzo in ambulatorio d’apparecchiature aggiuntive più o meno sofisticate, dovrebbe essere chiaro che quest’attività non può essere sostitutiva degli esami specialistici veri e propri, ma semplice ausilio diagnostico e, soprattutto, non deve inficiare il compito preminente e peculiare “umanistico” del medico di famiglia.