M.D. numero 5, 21 settembre 2007

Dialoghi clinici
Approccio riabilitativo alle patologie reumatiche
Medicina Generale a cura di: Carmela Zotta Medico di famiglia, Milano Responsabile Nazionale Dipartimento di Reumatologia AIMEF
Specialistica a cura di: Tiziana Nava, Fisioterapista, Docente universitario di Fisioterapia Università Bicocca (MI), San Raffale (MI), Insubria (VA)

La diversità tra medicina generale e specialistica può essere fattore di arricchimento della pratica medica, se a prevalere è il momento dialogico, all’insegna della complementarietà, focalizzata sulle esigenze concrete che la gestione di una problematica fa emergere nella quotidianità.
M.D. propone, di volta in volta, un confronto tra le due discipline, fatto di domande precise e di risposte condivise.

I pazienti affetti da malattie reumatiche sono sempre più frequenti nello studio del medico di famiglia, che si trova nella necessità di diagnosticare correttamente la patologia e affiancare alla terapia farmacologica un’adeguata scelta riabilitativa. Il sinergismo d’azione del medico di famiglia con il fisioterapista è un presupposto indispensabile per permettere al paziente, attraverso l’acquisizione di un percorso educazionale, di gestire in prima persona la patologia.

A chi si deve rivolgere il Mmg per impostare un corretto programma riabilitativo?
Il fisioterapista, che effettua la sua preparazione in ambito universitario conseguendo una laurea specialistica, è in grado di fornire una valutazione funzionale obiettiva e neutrale per l’individuazione di una chiara strategia terapeutica, secondo le principali scuole riabilitative.


La lombalgia è tra i disturbi di più frequente osservazione in medicina generale. Nel caso gli accertamenti escludano patologie a carico del rachide qual è il programma riabilitativo più corretto?

In prima istanza è necessario che venga effettuata una valutazione globale del paziente per individuare le cause che hanno determinato la lombalgia. Si tratta di individuare le strutture responsabili del disturbo: dorso curvo/piatto, perdita della corretta lordosi lombare, dismorfismi posturali (displasia d’anca, disallineamento delle creste iliache, ginocchia valghe/vare, piedi piatti/cavi, traumi pregressi). Dopo avere effettuato la valutazione si stabiliscono gli obiettivi terapeutici per definire l’approccio riabilitativo più efficace.
Una valutazione così complessa è necessaria per evitare indicazioni riabilitative fuorvianti, che possono ritardare il processo di guarigione o comprometterlo. È il caso del paziente affetto da lombalgia e con ginocchia valghe inviato in palestra dove viene sottoposto a esercizi mirati principalmente al potenziamento del piano addominale per scaricare la colonna, trascurando la causa primaria.

Qual è un caso di lombalgia da trattare con particolare attenzione?
Può accadere che all’origine di una lombalgia ci sia in realtà un’accidentale distorsione di caviglia: in questo caso per potere camminare senza dolore il paziente usa un comportamento antalgico, caricando l’altro arto inferiore e contemporaneamente elevando il cingolo scapolare controlaterale alla caviglia lesa.
Inconsapevolmente egli provoca un duplice danno a livello scapolo-omerale e al passaggio dorso-lombare della colonna, che rappresenta il fulcro della diagonale che unisce la caviglia lesa alla spalla controlaterale.
Invece del dolore iniziale alla caviglia, che va in remissione, il paziente lamenta il secondario dolore alla schiena.

In questi casi è possibile prevenire la lombalgia con un trattamento riabilitativo?
L’esempio riportato è illuminante per rimarcare il fondamentale ruolo dell’anamnesi effettuata dal medico di famiglia.
È importante che in presenza della distorsione di una caviglia il Mmg non si preoccupi solo dell’evento locale, ma anche dei futuri sviluppi, consigliando al paziente sedute di terapia posturale.

In cosa consiste la terapia posturale?

La terapia posturale è a tutti gli effetti una rieducazione: a livello biomeccanico interviene sulle strutture muscolo-scheletriche riequilibrando le alterazioni muscolari, a livello neurofisiologico correggendo la postura e la gestualità derivata. Inoltre il paziente viene educato a una corretta gestione del suo corpo.

La terapia posturale può essere utile anche nei pazienti anziani?
In particolare nell’anziano la terapia posturale interviene ricreando il giusto equilibrio muscolare: è nota la tendenza dei soggetti anziani a curvarsi in avanti, aumentando il rischio di cadute con tutti i problemi conseguenti. In questo caso il fisioterapista, oltre a intervenire sui giusti equilibri muscolari, crea le condizioni per un corretto potenziamento muscolare che va a contrastare le ipostenie tipiche dell’anziano, presupposti necessari per programmi per il recupero dell’equilibrio.

Quando e come è opportuno intervenire per prevenire i danni legati all’età?
La prevenzione va effettuata nei bambini per eliminare i dismorfismi, nelle donne in età perimenopausale per limitare i danni legati all’osteoporosi e sulla popolazione maschile e femminile adulta per prevenire l’artrosi secondaria.

È indicato l’esercizio fisico nei casi in cui non sia stato possibile attuare alcun tipo di prevenzione e il paziente accusi dolori di origine muscolo-scheletrico?
L’esercizio fisico è consigliabile con moderazione solo al termine di un percorso riabilitativo, volto a ripristinare la corretta postura; se svolto prima di questa fase, rischia di scatenare o aggravare processi infiammatori già in corso e di accentuare i dismorfismi in atto. Un discorso a parte si può fare con la ginnastica respiratoria, la riabilitazione in acqua, le cosiddette ginnastiche dolci, le tecniche di rilassamento. Questi procedimenti sono indicati in presenza di connettiviti, artriti, artrosi, osteoporosi, nelle spondiloartriti e nei reumatismi extrarticolari, sia come supporto al riequilibrio posturale sia strumento per il benessere del paziente.

Con quale criterio il fisioterapista valuta il paziente con patologia a carico dei tendini per stabilire la prassi terapeutica?
La tendinite è definita come la situazione in cui si ha un danno tendineo sintomatico con lesione vascolare e risposta infiammatoria, caratterizzata da dolore, edema (locale o diffuso) e impotenza funzionale. Le patologie da iperuso hanno cause multifattoriali di tipo intrinseco ed estrinseco. I fattori di rischio intrinseci riguardano le caratteristiche biologiche dell’individuo come alterazione dell’allineamento dei segmenti scheletrici, o gravi squilibri posturali, menomazioni della funzione muscolare, età e sesso. I fattori di rischio estrinseci sono legati al contesto sociale in cui l’individuo interagisce.
Ne sono esempio il tipo di occupazione, il tipo e intensità di sport praticato. Le tendinopatie correlate all’attività lavorativa riguardano per il 59% le donne in una fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni e per il 41% gli uomini tra i quarantacinque e i cinquant’anni.
Per una corretta valutazione il fisioterapista deve raccogliere il maggior numero di informazioni cliniche rilevanti per escludere la presenza di controindicazioni al trattamento riabilitativo, confermare l’ipotesi diagnostica (funzionale) di partenza, individuare i fattori di rischio, i fattori prognostici e, ovviamente, definire gli obiettivi e le strategie del programma riabilitativo.

Nelle fasi iniziali di tendinopatia è presente dolore intenso. Quali precauzioni è opportuno suggerire?

Nelle fasi iniziali il paziente deve adottare semplici precauzioni.
Sospendere l’attività fisica, quindi riposo funzionale. Solo occasionalmente sono necessarie restrizioni più radicali (tutorino notturni e/o diurni nel caso di tendinite del polso, ecc).
Applicare il ghiaccio se sono presenti tumor e calor e se la zona interessata lo consente.
Il programma di recupero è basato sul trattamento/cambiamento dei fattori predisponenti; i problemi posturali primitivi o secondari si giovano di tecniche posturali, della presa di coscienza del proprio corpo (yoga, metodo Feldenkrais o Alexander).
L’attività fisica aerobica e l’esercizio fisico in generale sono ottimi e imprescindibili coadiuvanti.
È importante imparare a riconoscere i primi sintomi legati all’iperuso dell’articolazione interessata, individuando nelle abitudini scorrette la risoluzione rapida. Infatti se questi fattori predisponenti sono immediatamente compresi portano a una facile soluzione del problema; un ritardo di comprensione rende invece la guarigione più complessa. Va inoltre precisato che l’individuazione delle cause che portano alla sintomatologia permettono al paziente di intraprendere un processo educazionale, condizione necessaria per individuare uno stile gestuale, comportamentale, e quindi di vita corretto e compatibile con l’attività.
L’applicazione di un protocollo riabilitativo ha significato se coadiuvato da un supporto farmacologico (FANS e/o analgesici) che completano il piano terapeutico globale.

Come si sviluppa l’intervento riabilitativo nelle fasi avanzate?
La guarigione tendinea avviene nel corso di un anno. Il programma riabilitativo è efficace nella riduzione del dolore e nel ritorno alla normale attività sportiva e/o lavorativa. I pazienti che si sottopongono precocemente al trattamento riabilitativo possono ottenere risultati entro sei-dieci settimane, mentre quelli che iniziano in uno stadio ormai cronico possono aspettarsi la guarigione entro tre-sei mesi.
La prassi da seguire contempla le seguenti indicazioni:

  • ghiaccio per 15/20 minuti più volte al giorno;
  • fisioterapia strumentale: in alcuni casi l’uso di laserterapia, ultrasuoni e magnetoterapia può essere di aiuto nel favorire il processo di guarigione;
  • correzione dei fattori di rischio evidenziati dalla valutazione funzionale: uso di taping, tutori e/o ortesi, sospensione o modifica della attività lavorativa e/o della postazione di lavoro, trattamento della rigidità o debolezza degli altri muscoli.
Con quale criterio si sceglie l’utilizzo del taping e qual è il suo ruolo?
La tecnica del taping neuro-muscolare nasce nel 1973 dall’intuizione di un chiropratico giapponese (Kenzo Kase), nell’ambito dei processi corporei naturali di autoguarigione. Egli partì dal presupposto che si potesse aiutare la funzione muscolare con un’assistenza esterna, in particolare con un nastro elastico. Intorno agli anni Novanta viene introdotto l’uso del primo nastro chiamato “kinesio taping”.
Il taping neuro-muscolare e il bendaggio funzionale sono due prassi terapeutiche che agiscono sul dolore locale facilitando il recupero di posture più corrette e a livello articolare nelle problematiche capsulo-legamentose come supporto meccanico di scarico, di sostegno, di correzione e di stabilizzazione; a livello muscolo-tendineo svolgono un’azione di rinforzo, di stabilizzazione e di scarico funzionale.
Grazie ai meccanismi riflessi cute-muscolo, creano le condizioni per un’azione correttiva sulla gestualità distrettuale permettendo di accelerare i tempi di recupero, affiancandosi nell’azione a una tecnica rieducativa neuromotoria. Inoltre, favoriscono sia il sistema analgesico endogeno sia la facilitazione neuromuscolare, ciò favorisce una migliore risposta neuro-artro-muscolare, facilitando i relativi processi di guarigione mantenendo sempre un certo grado di libertà articolare e prevenendo le complicanze derivanti da una forzata immobilità, intervenendo sulla propriocettività.

Qual è l’indicazione all’utilizzo della tecnica massoterapica?

Il massaggio costituisce uno dei possibili approcci terapeutici preliminare ad altre tecniche, in quanto crea le condizioni favorevoli al rilassamento muscolare e predispone positivamente il paziente. È importante che non venga massaggiata la zona algica, ma le parti adiacenti: per esempio nel caso di un’epicondilite, la tecnica deve essere eseguita a livello della spalla, del dorso e dell’arto controlaterale.
Una metodica che agisce indirettamente sul problema è la manipolazione della fascia, che trova il suo impiego d’elezione nel trattamento dei reumatismi extrarticolari e in particolare nei dolori miofasciali. L’utilità del massaggio profondo in molte patologie delle parti molli (borsiti, tendinopatie) viene segnalata da diverse scuole (Troisier, Cyriax, ecc).
La manipolazione fasciale, a differenza di altre metodiche, non va a trattare i tessuti periarticolari o radicolari, ma risale dalla sede del dolore articolare, centro percettivo, alla muscolatura che muove l’articolazione centro di coordinazione.

Quali altre tecniche hanno significato nel progetto riabilitativo delle tendinopatie?
È opportuna l’applicazione di tecniche settoriali e globali.
Per quanto riguarda le tecniche settoriali, il “pompage” è una tecnica solitamente ben gradita al paziente: attraverso manovre dolci e rilassanti, permette il recupero dell’elasticità del tessuto fibroso, la nutrizione della cartilagine, distende i tessuti molli, rigenera i tessuti e rimuove la stasi.
La rieducazione posturale globale è un metodo di fisiochinesiterapia che considera la postura come l’espressione di un armonico gioco fra i segmenti corporei, determinato da un equilibrio delle forze muscolo-tendinee che interagiscono tra loro sia nel compimento del gesto sia nella locomozione. Tale interazione è determinata dall’integrazione di gruppi muscolari finalizzati all’atto motorio grazie a un lavoro muscolare in contrazione isotonica eccentrica dei muscoli accorciati e in contrazione isotonica concentrica di quelli rilassati.
Importante è affiancare metodi di rilassamento che servono soprattutto come terapia del dolore, anche in fasi acute, e come prevenzione anti-stress nelle fasi di remissione. Essi stimolano la produzione di endorfine e insegnano attraverso semplici esercizi a scindere il fattore dolore dal fattore ansia.
Il paziente deve essere coinvolto in un programma educativo volto al raggiungimento della consapevolezza della propria condizione, alla comprensione e partecipazione attiva del percorso terapeutico e alla gestione autonoma del medesimo.