M.D. numero 5, 21 febbraio 2007

Farmaci
Telmisartan: profilo di un sartano sui generis
di Roberto Fogari - Dipartimento di Medicina Interna, Clinica Medica II, IRCCS Policlinico S. Matteo, Università di Pavia

Il favorevole profilo farmacocinetico di telmisartan spiega l’effetto antipertensivo persistente fino a 24 ore dopo la somministrazione, effetto confermato da vari studi clinici. Inoltre telmisartan migliora il profilo glico-metabolico, contribuendo a ridurre ulteriormente il rischio cardiovascolare

Gli antagonisti dell’angiotensina II (sartani) rappresentano la più recente classe di farmaci per il trattamento dall’ipertensione arteriosa e dello scompenso cardiaco nonché per la prevenzione di numerose complicanze cardiovascolari.
Il meccanismo d’azione di questi farmaci consiste nell’antagonismo selettivo e specifico del recettori AT1 dell’angiotensina II (Ang II), responsabile della maggior parte dei suoi effetti cardiovascolari, permettendo al tempo stesso la concomitante stimolazione dei recettori AT2 da parte dell’Ang II disponibile, prodotta sia dall’ACE sia attraverso altre vie enzimatiche, il che comporta un’azione protettiva a livello degli organi bersaglio.
Nonostante le molecole appartenenti a questa classe agiscano con lo stesso meccanismo d’azione, esse tuttavia differiscono fra loro per struttura chimica e per profilo farmacocinetico, il che non è privo di importanti ripercussioni sulla loro efficacia1-3.
Tra i vari AT1 bloccanti telmisartan si distingue per un profilo farmacocinetico molto favorevole dovuto ad almeno tre specifiche caratteristiche. Anzitutto l’elevata lipofilia consente a telmisartan una maggior diffusione attraverso le membrane cellulari con penetrazione in compartimenti tissutali profondi e ne giustifica il più elevato volume di distribuzione rispetto agli altri farmaci della stessa classe (espressione della capacità di distribuzione del farmaco nell’organismo). Inoltre telmisartan si lega in maniera maggiore al recettore AT1 e se ne distacca lentamente; per l’insormontabilità di legame al recettore AT1, il legame che il farmaco instaura con il recettore non è influenzato negativamente dall’incremento dei livelli di Ang II. La terza caratteristica peculiare di telmisartan è rappresentata dalla elevata emivita (circa 24 ore), il che giustifica tanto l’efficacia quanto la durata dell’effetto antipertensivo, che persiste anche nelle prime ore del mattino successive all’assunzione del farmaco, ore nelle quali è elevato il rischio di notevoli rialzi pressori, che come ormai dimostrato da numerosi studi è strettamente correlato con l’aumento del rischio di infarto del miocardio ed ictus ischemico4-5.
Lo studio PRISMA-I (the Prospective Randomized Investigation of the Safety and efficacy of telMisartan versus ramipril using Ambulatory blood pressure monitoring)6 è uno studio multicentrico, prospettico, randomizzato, che ha verificato, in una popolazione di soggetti affetti da ipertensione lieve-moderata, l’efficacia e la tollerabilità di una terapia di 14 settimane con telmisartan confrontata con ramipril.
Dai risultati ottenuti mediante monitoraggio ambulatoriale della pressione nelle 24 ore (ABPM) è emerso che entrambe le molecole sono in grado di ridurre la pressione sisto-diastolica media, ma che la riduzione è consistentemente più elevata con telmisartan e che la differenza con il ramipril si amplifica proprio nelle ultime 6 ore dell’intervallo di somministrazione, quelle a maggior rischio di eventi cardiovascolari.
Che il vantaggio ascrivibile a telmisartan nello studio appena citato sia dovuto alla specificità della molecola piuttosto che ad un effetto di classe è dimostrato dai risultati dello studio MICADO (Sustained antihypertensive activity of telmisartan compared with valsartan)7, un trial randomizzato in doppio cieco avente lo scopo di confrontare la copertura antipertensiva ottenuta nelle prime ore del mattino con telmisartan (40-80 mg/die) e valsartan (80-160 mg/die), sia dopo somministrazione regolare che dopo salto di una dose (un’evenienza purtroppo frequentemente riscontrabile soprattutto nel paziente in politerapia). Questo studio ha dimostrato la superiore efficacia antipertensiva di telmisartan in entrambi i casi, suffragandone pertanto l’impiego nei pazienti aventi scarsa compliance al trattamento per dimenticanza.
In particolare, analizzando i profili pressori delle 24 ore ottenuti con ABPM, si è osservato che nelle ultime 6 ore di registrazione la riduzione della pressione diastolica media era di 7.5 mmHg con telmisartan contro 6.0 mmHg con valsartan (p=0.0044) e quella della pressione sistolica era di 11.1 mmHg con telmisartan rispetto a 9.1 mmHg con valsartan (p=0.0066); la pressione diastolica media delle ultime 6 ore dopo salto di dose pari a 6.7 mmHg con telmisartan rispetto a 4.6 mmHg con valsartan (p<0.0001) e la sistolica media delle ultime 6 ore dopo salto di dose pari a 9.8 mmHg con telmisartan rispetto a 7.1 mmHg con valsartan (p<0.0001).
Un’ulteriore conferma di quanto osservato dallo studio MICADO viene dai dati preliminari di uno studio italiano in cui è stata confrontata l’efficacia di telmisartan e di olmesartan associati ad idroclorotiazide a basso dosaggio (12.5 mg) valutata attraverso il monitoraggio pressorio 24 ore. I risultati hanno evidenziato che nelle 24 ore la riduzione della pressione sia sistolica che diastolica è risultata significativamente maggiore con telmisartan (p<0.01), ma soprattutto che tale superiorità è stata particolarmente evidente nel periodo notturno, cioè nelle ore più lontane dall’assunzione del farmaco8 (figura 1).
L’ultima caratteristica in grado di dar luogo a differenze sostanziali tra i vari sartani è rappresentata dagli effetti farmacologici aggiuntivi non mediati dai recettori AT1, né conseguente all’abbassamento pressorio come ad esempio quelli glitazone-simili legati alla stimolazione dei recettori nucleari PPAR-g, localizzati prevalentemente a livello delle cellule adipose, che controllano la regolazione della trascrizione di più geni che sono coinvolti nel metabolismo glico-lipidico e che mediano gli effetti anti-diabetici quali il miglioramento della condizione di insulino-resistenza, l’abbassamento della glicemia e della trigliceridemia9-11.
È stato osservato che telmisartan a dosaggi terapeutici ha un’affinità di gran lunga superiore rispetto agli altri sartani12 su questi recettori e ciò potrebbe essere dovuto all’elevata lipofilia della molecola che facilita la sua diffusione fino al nucleo cellulare, ove risiedono questi recettori, giustificandone la stimolazione.
Telmisartan, peraltro, per la sua peculiare struttura chimica, non agisce come i tiazolidinedioni da agonista totale bensì da agonista parziale dei recettori PPAR-g: per questa ragione, il sartano è in grado di migliorare il profilo glico-metabolico del paziente diabetico iperteso senza causare ritenzione idrica e promuovere l’incremento ponderale.
Per tutti questi motivi, il trattamento con telmisartan si configura come un’opzione molto efficace nell’ottica della riduzione globale del rischio cardiovascolare in quanto è in grado di affiancare all’efficacia antipertensiva la potenzialità di migliorare alcune anomalie metaboliche che contribuiscono in maniera rilevante al rischio cardiovascolare.



Bibliografia


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