M.D. numero 5, 21 febbraio 2007

Focus on
Governo clinico in nome dell’integrazione e della condivisione delle responsabilità
di Monica Di Sisto

Con una relazione-fiume alle commissioni Affari sociali della Camera e Sanità del Senato, il ministro della Salute ha chiarito i contorni delle proposte e ha annunciato che il tanto atteso disegno di legge delega sul riequilibrio dei poteri e delle responsabilità nel sistema delle cure, la cosiddetta ‘governance clinica’, arriverà in Parlamento in primavera.

Il ministro della Salute Livia Turco ha rotto gli indugi e definito una road map, che non comprimerà nella delega il potere pieno delle Regioni di decidere in materia di governance, attribuito loro dalla Costituzione federalista, ma la disegnerà in dettaglio attraverso un gruppo di lavoro con gli esperti dei governatori che avranno il compito di salvaguardare le competenze locali ma di mettere ordine nei sistemi organizzativi del territorio italiano. “Si tratta di un intervento - ha spiegato Livia Turco durante le audizioni parlamentari - non di riforma, ma di miglioramento della precedente legge, con l’apporto di Governo e Regioni insieme, come avvenuto per il Patto per la salute”. Un provvedimento necessario perché, secondo il ministro, il governo clinico può contribuire a integrare l’esigenza di garantire l’omogeneità delle prestazioni erogate, l’innalzamento in tempi rapidi dei livelli di sicurezza delle prestazioni, la rivalutazione del merito professionale e la ridefinizione delle norme sul reclutamento della dirigenza.

L’emergenza “made in Mmg”
A fronte delle difficoltà registrate sul territorio da parte dei servizi offerti in ospedale di Pronto soccorso e prima risposta, il sistema della continuità assistenziale, l’ex guardia medica, invece, sembra funzionare. E anche bene. È questa, dati alla mano, la realtà descritta dai Mmg nel corso del Congresso straordinario della Fimmg, tenutosi il mese scorso a Roma.
Nel convegno Fimmg si sono forniti numeri molto lusinghieri sull’attività del settore negli anni dal 1998 al 2004, che dimostrano un incremento del 78% del numero delle visite, passate da 5.267.993 nel 1998 a 9.389.400 nel 2004. Un aumento delle prestazioni registrato, peraltro, a fronte di un ridimensionamento del servizio.
Basti pensare che, solo nel confronto tra il 2003 e il 2004, il numero totale dei medici della continuità assistenziale è diminuito di 1.137 unità (- 8%), così come sono diminuiti del 5% il numero delle sedi (-154) e del 6% le ore lavorate (-1.226.026 ore). Sono diminuiti i ricoveri prescritti rispetto alle visite effettuate, evidenziando così una appropriata ed efficace risposta assistenziale del sistema. “Questi dati - ha sostenuto Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg - non sono casuali, ma fortemente legati alle scelte politiche di grande rivalutazione del servizio e del ruolo degli operatori che, in particolare nel 2003 e nel 2004, si sono concretizzate in molte Regioni attraverso la definizione di accordi decentrati”. Accordi che “rappresentano il punto di svolta nella politica verso il sistema di continuità assistenziale, che ha trovato una naturale sintesi nell’ACN 2005. Accordo che ha posto le basi per l’effettiva realizzazione dell'assistenza nell’arco delle 24 ore”.

E in merito alle prestazioni erogate, il ministro non ha mancato di dire la sua sulla questione spinosa dell’emergenza urgenza, assurta di recente agli onori della cronaca, attraverso una lettera inviata ai governatori: “È necessario verificare la possibilità di integrare con indicazioni più stringenti l’attuale organizzazione e le specifiche procedure contemplate nei piani di emergenza territoriale predisposti dalle diverse Regioni. Appare perciò opportuno che siano adottati da parte delle Regioni provvedimenti cogenti che garantiscano la massima integrazione tra ospedale e territorio e che siano finalizzati a superare interpretazioni eccessivamente rigide dei protocolli di pronto soccorso che, seppur dettati da direttive di intervento basate sull’appropriatezza, possono dare luogo a disfunzioni nelle operazioni di soccorso e creare disorientamento e sfiducia nei cittadini rispetto a un servizio, quello del 118, che rappresenta uno dei punti di eccellenza del nostro Ssn”.
Per il ministro, inoltre, è “urgente un confronto Governo-Regioni che ponga al centro l’esame dell’attuale situazione dei servizi di emergenza, a 10 anni dalla loro effettiva attivazione”. Un confronto da cui “scaturiscano indirizzi e protocolli operativi che consentano un migliore funzionamento del sistema di emergenza-urgenza sanitaria, nelle sue molteplici articolazioni. A partire dal Pronto soccorso, dall’efficienza e dalla funzionalità delle ambulanze, fino alla garanzia di un’effettiva continuità assistenziale territoriale - ha sottolineato però il ministro - con un più stringente coinvolgimento dei medici di famiglia, della guardia medica e delle strutture territoriali”.

I desiderata del ministro


In occasione delle audizioni parlamentari, ma anche degli interventi sui media, il ministro per la Salute ha descritto fin nel dettaglio sia il merito, sia il calendario di riunioni con medici, personale e Ordini professionali, che dovrebbero arrivare a ridisegnare, entro la primavera, la governance clinica. Secondo il ministro il governo clinico e assistenziale, che dunque dovrebbe portare a riarticolare ruolo e prestazioni di ospedale e territorio, può contribuire a integrare una serie di bisogni del sistema, ma anche di cittadini e medici:

  • l’esigenza di assicurare omogeneità, per qualità, quantità e requisiti minimi di sicurezza ed efficacia, alle prestazioni su tutto il territorio nazionale;
  • la necessità di passare rapidamente a percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali costruiti sull’appropriatezza e sulla centralità del paziente;
  • il dovere di procedere con rapidità all’innalzamento dei livelli di sicurezza delle prestazioni attraverso l’introduzione di tecnologie di prevenzione del rischio di malpractice;
  • l’urgenza di cominciare a costruire il secondo pilastro del Ssn, quello della medicina del territorio, a partire dalla riorganizzazione e promozione delle cure primarie e della integrazione socio-sanitaria, con la presa in carico e la continuità dell’assistenza nell’arco delle 24 ore e sette giorni su sette;
  • l’opportunità di aprire il sistema, nella sua interezza, alla cultura della valutazione, puntando con decisione sulla utilizzazione di indicatori di esito e valutazione in termini di obiettivi di salute conseguiti, più che di sommatoria di prestazioni erogate;
  • l’esigenza di aumentare la trasparenza, a cominciare dalla rivalutazione del merito professionale e dalla ridefinizione delle norme sul reclutamento della dirigenza e sulla progressione di carriera: condizione per assicurare al Ssn le migliori competenze, rilanciare le politiche del personale, incidere sul rapporto tra sanità e cattiva politica, ridare fiducia ai cittadini;
  • dare effettività alla centralità del paziente, consapevoli che il sistema ha un impegno che va oltre la corretta informazione nei suoi confronti.

I pilastri del riammodernamento

Ma il ministero della Salute si è spinto anche più avanti, proponendo alcune misure di “riammodernamento” del Ssn. Pilastri del progetto, illustrati ai rappresentanti degli Ordini professionali dal sottosegretario alla Salute Serafino Zucchelli, saranno la condivisione, la responsabilizzazione e il dovere di rendere conto di come saranno investiti. I principi fondativi del nuovo sistema di Governance dovranno vedere coinvolti tutti gli attori del Ssn. E sulla corresponsabilizzazione delle scelte strategiche si potrà dare vita a un sistema articolato e complesso: ogni livello sarà legato agli altri e ogni operatore sarà chiamato a dare il proprio apporto professionale e di competenze, sia in ospedale sia sul territorio. Obiettivo finale è quello “di fornire ai cittadini le prestazioni adeguate della più elevata qualità possibile in relazione ai fondi disponibili”.
Zucchelli, illustrando i principi di base del progetto, ha dichiarato che modello di riferimento è stato il Nice, il National Institute for Clinical Excellence del Regno Unito. Ente che ha il compito di emanare direttive e linee guida sul technology assessment, sulle pratiche basate sulle prove e su elementi di salute pubblica. Un esempio che va studiato per adattarlo alla realtà sanitaria italiana. Daltronde l’interlocutore primario del ministero in quest’opera di modernizzazione sono le Regioni e vanno quindi rispettate le modifiche costituzionali che hanno assegnato loro specifiche competenze normative in materia di sanità.
Il compito del Nice, secondo il ministero, potrebbe essere ricoperto dall’Assr (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), che tra i suoi compiti ha quello di elaborare e aggiornare le linee guida, seguire e monitorare i processi di prevenzione e gestione del rischio connesso alle attività sanitarie, fornire indirizzi e valutazioni sull’Ecm, verificare e promuovere la qualità professionale nei servizi ai cittadini.
La medicina generale deve entrare a pieno titolo nel processo di governo clinico. Lo hanno chiesto a gran voce fin dai primi incontri i sindacati dei Mmg a confronto con il testo del disegno di legge delega. Anche la FNOMCeO ha detto la sua.

Fimmg


I Mmg della Fimmg plaudono alla “concertazione” voluta dal ministro, ma sollecitano più attenzione alle cure territoriali. “Se da una parte il documento è in sostanza condivisibile sul piano teorico, in esso manca una chiara collocazione della medicina generale che dovrebbe avere un ruolo fondamentale nel processo di clinical governance” spiegava la Fimmg in uno dei primi commenti al testo. Faceva anche rilevare che nella prima versione del documento si dichiarasse la necessità che tutti gli operatori, medici e non, dell’ospedale e del territorio, fossero coinvolti nel processo. Ma poi “quando si passa ai momenti decisionali, più di ‘governo’ che di ‘governance’ si fa praticamente riferimento alla sola dirigenza medica, che è formalmente riferibile solo al mondo della dipendenza”. Di qui la proposta del sindacato: far precedere a qualsiasi riflessione sul governo clinico una altrettanta riflessione sul perfezionamento dello stato giuridico della medicina convenzionata. In caso contrario, per il sindacato, si vanificherebbero gli sforzi di rimettere al centro del Ssn gli interessi del cittadino, promuovendo la qualità dell’assistenza.

Snami


Anche lo Snami è entrato subito nel merito del disegno di riforma, ma con un approccio che nasce dalla sua storia e si concentra, dunque, su due aspetti diversi: l’autonomia dei Mmg e la tutela del rapporto di fiducia con i pazienti. Le nuove regole, ha più volte sostenuto, “devono prevedere una minore ricattabilità del Mmg, sia da parte del paziente sia dell’organizzazione sanitaria, e una maggiore responsabilizzazione del paziente per un sereno rapporto di fiducia reciproco”. Così si può anche prevedere la creazione di percorsi diagnostico-terapeutici concordati e non vincolanti, proposti nella loro declinazione a livello nazionale, articolati nei loro contenuti a livello regionale e resi applicativi a livello distrettuale. Perché siano efficaci e non penalizzanti, secondo Snami, occorre però “che tutti i medici siano coinvolti nella gestione del sistema con i loro rappresentanti di distretto, che si devono far carico di raccogliere le criticità del loro territorio e proporre ai responsabili del distretto le soluzioni attuative, nello spirito dei PdT concordati”. Tutto ciò non può prescindere da un riconoscimento economico adeguato per chi poi dovesse assumersi responsabilità propositive.

SMI


Cumi-Aiss, la componente ‘generalista’ del nuovo agglomerato sindacale dei medici italiani SMI, a confronto con la proposta della clinical governance sin dall’esordio ne aveva sottolineato una generale identità di vedute sulla necessità di mantenere una impostazione di fondo: l’aziendalizzazione intesa come prospettiva di ricerca di efficienza e di economicità. C’è accordo anche su cosa bisogna evitare, cioè l’ennesima riforma azzera tutto, ma c’è anche la coscienza dell’urgenza di avviare una seria razionalizzazione, migliorando alcuni aspetti istituzionali e organizzativi. Lo SMI ha chiesto un riordino legislativo che riguardi il governo delle aziende che superi il “monocratismo assoluto” del direttore generale. È importante una nuova politica sanitaria del territorio, e una differente impostazione del ruolo degli ospedali. Va ridotto il gap geografico tra Nord e Sud. Bisogna intervenire con un riequilibrio tecnologico-strutturale, su quella che è ancora una vera e propria “questione meridionale della sanità”. SMI pone poi come condizione prioritaria l’aumento delle risorse da prevedere per il comparto, che, a differenza di ciò che si dice, sono ancora insufficienti rispetto alla media europea. Bisogna portarle fin sopra il 7% del PIL. Un innalzamento importante nella logica di una sanità vista non come voce di spesa, ma come investimento e leva di sviluppo del Paese.

Fp Cgil


La prima scelta condivisa dai medici di Fp Cgil è quella di assegnare ai direttori generali l’obiettivo di migliorare qualità e assistenza e non più di rispondere solo a criteri economici e di efficienza. La centralità dei dipartimenti e dei distretti dovrà portare un impegno a tempo pieno del direttore.
Per il territorio, però, va avviato un processo che porti alla nuova figura del “medico delle cure primarie”, sempre in convenzione, ma integrato nell’azienda. Un nuovo ruolo dovrà essere giocato anche dagli specialisti ambulatoriali e dai medici dipendenti. Necessari correttivi ai percorsi formativi dei medici e ai rapporti Ssn-Università per un’integrazione territoriale: il personale non docente dovrà essere contrattualizzato nella sanità e si dovrà rendere omogenea l’età della pensione tra dirigenti Ssn e medici universitari. La mancanza di una proposta sul precariato, infine, è una grave lacuna da colmare. Secondo Fp Cgil, va attuata la Finanziaria 2007 e risolta per legge la questione della precarietà medica nelle convenzioni.

FNOMCeO


Obiettivi di qualità ben precisi da assegnare a tutti i soggetti della governance della salute italiana: Regioni, direttori delle aziende, capi dipartimento, distretti, dipartimenti di cure primarie, singoli professionisti. Questo il principale obiettivo che, secondo FNOMCeO, si dovrebbe dare il Ssn se davvero si vuole riorganizzare ed affrontare più concretamente l’emergenza-errore. L’Ordine punta a una concreta gestione dell’errore, che pure condivide essere tra le spinte più cogenti per un ammodernamento del sistema nel suo complesso. Gli strumenti dei quali suggerisce l’uso sono, però, quelli di una cultura “positiva” e di soluzioni extragiudiziali. Nuovo ruolo anche per l’Assr, che dovrebbe essere trasformata in un organismo di riferimento per la buona pratica clinica. Il documento FNOMCeO, presentato al sottosegretario Zucchelli, avanza proposte molto precise anche sotto il profilo organizzativo: casa naturale della governance, secondo l’Ordine, dovrebbe essere il dipartimento e la sua espressione più diretta dovrebbe garantirla il collegio di direzione. Il direttore generale “oggi dominante”, dovrebbe uscire dalla riforma profondamente ridimensionato, anche in un’ottica di trasparenza e di efficacia nella selezione degli incarichi di direzione.

Ottimismo dopo il confronto


Queste le posizioni del confronto istituzionale. Dopo i primi ‘giri di tavolo’ compiuti dal Governo, le rappresentanze dei Mmg hanno espresso tutte soddisfazione e un pizzico di ottimismo in più rispetto ai mesi scorsi. La scelta condivisa che rimane al centro del confronto tra categorie e ministero, senza se e senza ma, è quella del rilancio dell’assistenza territoriale e delle cure domiciliari nell’ambito del distretto, anche attraverso la formazione. Tema, quest’ultimo, che cementa la rinnovata unione con la quale le rappresentanze mediche si sono presentate, fino ad oggi, insieme ai tavoli istituzionali. La forte necessità espressa è quella di individuare delle nuove forme organizzative che integrino tutte le figure del Ssn in una presa in carico dei pazienti più completa e complessa. Inoltre nell’incontro con Zucchelli di fine di gennaio, come in tutti i successivi confronti formali e informali, si è parlato anche di case della salute, una delle soluzioni organizzative che saranno presto sperimentate grazie ai fondi previsti dalla legge Finanziaria. Gli ostacoli più cogenti da parte pubblica si intravedono, invece, intorno al tema delle “funzioni dirigenziali” per i Mmg, rispetto al rilancio delle responsabilità nelle cure territoriali. Il Governo non ha anticipato alcuna preclusione, ma si è riservato un supplemento di approfondimento. I sindacati saranno comunque riconvocati. Al di là delle proposte FNOMCeO, tutte le professioni hanno concordato sull’esigenza di lavorare con il ministero al chiarimento dei ruoli per un maggior coinvolgimento nel sistema. Da qui l’impegno a mettere a punto un testo su cui lavorare per arrivare a una delega compiuta al Governo tra la metà di marzo e i primi giorni di aprile.