M.D. numero 6, 28 febbraio 2007

Note stonate
Stress da prescrizioni farmaceutiche
di Filippo Mele, Medico di medicina generale, Policoro (MT)


Nelle voci che possono dare origine al burn out dei Mmg dovrebbe essere annoverata anche quella di “stress da farmaci”. Non passa giorno che in merito alla prescrizione di medicinali (ma solo quelli a carico del Ssn) non si materializzi una novità: dalla prescrizione obbligatoria dei generici, al tetto di spesa, alle note “tipo Aifa” regionali, alle nuove note Aifa, al numero di pezzi da prescrivere, all’attenzione all’appropriatezza, al budget. E, se non bastasse, a rincarare la dose si mettono anche le notizie dei media che accusano i cittadini italiani di avere cestinato nel 2006 1,8 miliardi di euro di pillole. Un bailamme di news e cifre da far girar la testa. Ma forse per rendere più chiara la situazione basta soffermarci su alcuni momenti “topici” della giornata di un Mmg che lavora in una medicina di gruppo con segretaria

Il dottore è appena arrivato quando si presenta la collaboratrice di studio con ricette da firmare. Camice, computer e via con le firme. In una ricetta, però, c’è un farmaco con la nota 66. Alt! Occorre verificare se l’assistito ha effettuato almeno una radiografia da cui dimostra di avere un po’ d’artrosi. Anche se oggi non è in fase algica, almeno una “pezza a colore”, in caso di contestazioni, c’è l’ho. Il paziente, però, ha ottenuto un’altra prescrizione 20 giorni fa. No, non si può fare una nuova ricetta perché le dosi del farmaco prescritto in precedenza coprono l’arco di terapia di 30 giorni. Siamo già alla prescrizione di 6 confezioni. Una può comprarla a spese sue, tanto costa pochi euro. Ed eccosi palesato il primo “contest” della giornata di un medico di famiglia italiano.
Ma non fa in tempo a godersi la soddisfazione di aver superato la prima mina che si ritrova su un altro campo esplosivo: la nota 48, innescata dalla prescrizione di un inibitore di pompa protonica. La segretaria, però, ha verificato che è stata eseguita dal richiedente una esofago-gastroduodenoscopia entro l’anno con diagnosi di esofagite e malattia da reflusso. Meno male, pericolo scampato, effettua la prescrizione anche se il farmaco non è quello dei desiderata della Asl.
Entra un pazienteno con mal di denti e ascesso. Antibiotico, generico e di basso costo, e antidolorifico. “Dottore, sta facendo la ricetta bianca?”. “Già, lo Stato non passa i farmaci per il mal di denti, il mal di testa, la tosse, la diarrea, le vene varicose e via discorrendo”. Il Mmg, dopo questa “rituale” domanda a ogni compilazione di ricetta non del Ssn, sciorina al paziente di turno quasi tutto quel che il servizio sanitario fa pagare agli assistiti.
Due secondi di tranquillità per controllare le ricette compilate dalla segretaria, ed ecco che si manifesta l’errore: “2 scatole di un alfa litico, 14 compresse, una per dì”. E rivolgendosi alla segretaria: “Quante volte le devo ricordare che si può prescrivere solo un pezzo, massimo 2 nel caso la terapia non superi i 20 giorni”?
Nell’elenco non poteva mancare la prescrizione ospedaliera da ricopiare. Si tratta di un farmaco contro l’osteoporosi. La paziente, 65 anni, senza storia di menopausa precoce né fratture “spontanee”, porta la documentazione relativa alla sua ultima Moc. Sinora è andata avanti con la sua compressa settimanale con i campioni fornitele dal dottore. Questa volta, però, ha una pretesa in più: “Lo specialista mi ha detto che dal 25 gennaio scorso mi può prescrivere il farmaco con il Ssn”. Un click nel cervello, il dottore prende visione della la nota 79 rinnovata. La legge e confronta i valori di riferimento del T- score della Bmd femorale con quelli della Moc. Questi ultimi sono superiori a quelli indicati dall’Aifa e non vi sono neanche i fattori di rischio associati. Spiega il perché deve contraddire quanto dichiarato dallo specialista e la paziente poco convinta gli risponde: “Dottore, non è che se prescrivete poche medicine vi danno gli incentivi?”. Altro che rapporto di fiducia, la diffidenza aleggia incontrastata. Lo stress e il burn out sono al massimo in neanche mezz’ora di lavoro. E siccome questo è l’andazzo, il livello di tolleranza e la capacità empatica diventano parole prive di senso a mano a mano che fluisce l’orario di studio. Ma la ciliegina sulla torta arriva con l’informatore scientifico che dopo la canonica “informazione” dà sfogo al suo disagio professionale esternando la precarietà del suo lavoro messo in seria crisi dai tagli continui alla spesa farmaceutica.
Mal comune mezzo gaudio? E sì, una magra consolazione, e intanto la demotivazione professionale cresce ogni giorno di più.