M.D. numero 7, 7 marzo 2007

Editoriale
Lčitalico puzzle dellčassistenza sanitaria


Spezzatino Italia: è il quadro dell’Italia della sanità disegnato dal Rapporto Osservasalute 2006, redatto all’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane, che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma e che si avvale della collaborazione di oltre 200 ricercatori su tutte le articolazioni dell’assistenza
del Belpaese. È vero: siamo un Paese longevo e abbastanza in salute, infatti abbiamo un’aspettativa di vita alla nascita di 83.7 anni per le donne e 77.7 per gli uomini. Ma un piccolo segnale che qualcosa non va come dovrebbe lo abbiamo dalla ripartizione regionale del dato: a vivere più a lungo, infatti, sono i marchigiani, mentre la Campania si trova nella condizione più svantaggiata. Un segnale questo che ci costringe ad aprire gli occhi su un dato di fatto rispetto al quale c’era qualche sospetto già da tempo: un grave problema per il Ssn, ma anche per i cittadini che ne vengono tutelati, è rappresentato dalla devoluzione delle responsabilità delle cure. Pensiamo solamente, per esempio, che la Lombardia per assicurare l’assistenza spende il 4.75% del suo Pil, la Campania l’8.95% e i risultati di salute per i cittadini, come evidenzia il Rapporto Osservasalute, non sono affatto scontati.
Le politiche regionali di assistenza sono molto distanti tra loro e anche in questo caso l’eccesso di devoluzione ha reso difficoltoso agli esperti persino il confronto tra i vari modelli.
Un’attenzione particolare questa edizione di Osservasalute l’ha dedicata alla gestione dei dipartimenti ospedalieri.
E grazie a un’indagine congiunta col ministero della Salute, ha analizzato queste strutture in più di 300 aziende sanitarie.
Il risultato è che una larga parte dei dipartimenti è costruita non intorno a percorsi di cura riferiti a raggruppamenti omogenei di pazienti, ma secondo il criterio della specializzazione, privilegiando ancora
le esigenze degli operatori piuttosto che quelle dei pazienti. Pochi team multidisciplinari quindi e scarsa attenzione a linee guida e standard assistenziali legati alla medicina delle evidenze.
L’antidoto che il ministero sembra voler proporre a tutto questo, con un’energia finora inedita, è un rinnovato impulso alle cure primarie, così urgente tanto da insediare una Commissione nazionale dedicata dove rappresentare tutte le forze e le esperienze, dalle più consolidate alle più innovative. Un percorso cui si affianca l’iniziativa congiunta della medicina generale che, cominciando a lavorare insieme tra sindacati e società scientifiche sulla formazione, ha l’ambizione, neanche troppo celata, di dire la propria con rinnovata forza sulle cure del territorio.
Se queste iniziative porteranno a una nuova stagione di diritti più uniformi alle cure in Italia, nel segno di una medicina generale più unita e, soprattutto, più considerata, è cosa tutta da vedere.
Ma se non ora, quando? Quando lo ‘Stivale’ avrà perduto qualche altro pezzo della sua tomaia?