Editoriale
L¹italico puzzle dell¹assistenza sanitaria
Spezzatino
Italia: è il quadro dell’Italia della sanità
disegnato dal Rapporto Osservasalute 2006, redatto all’Osservatorio
nazionale sulla salute nelle Regioni italiane, che ha sede presso
l’Università Cattolica di Roma e che si avvale della
collaborazione di oltre 200 ricercatori su tutte le articolazioni
dell’assistenza
del Belpaese. È vero: siamo un Paese longevo e abbastanza
in salute, infatti abbiamo un’aspettativa di vita alla
nascita di 83.7 anni per le donne e 77.7 per gli uomini. Ma
un piccolo segnale che qualcosa non va come dovrebbe lo abbiamo
dalla ripartizione regionale del dato: a vivere più a
lungo, infatti, sono i marchigiani, mentre la Campania si trova
nella condizione più svantaggiata. Un segnale questo
che ci costringe ad aprire gli occhi su un dato di fatto rispetto
al quale c’era qualche sospetto già da tempo: un
grave problema per il Ssn, ma anche per i cittadini che ne vengono
tutelati, è rappresentato dalla devoluzione delle responsabilità
delle cure. Pensiamo solamente, per esempio, che la Lombardia
per assicurare l’assistenza spende il 4.75% del suo Pil,
la Campania l’8.95% e i risultati di salute per i cittadini,
come evidenzia il Rapporto Osservasalute, non sono affatto scontati.
Le politiche regionali di assistenza sono molto distanti tra
loro e anche in questo caso l’eccesso di devoluzione ha
reso difficoltoso agli esperti persino il confronto tra i vari
modelli.
Un’attenzione particolare questa edizione di Osservasalute
l’ha dedicata alla gestione dei dipartimenti ospedalieri.
E grazie a un’indagine congiunta col ministero della Salute,
ha analizzato queste strutture in più di 300 aziende
sanitarie.
Il risultato è che una larga parte dei dipartimenti è
costruita non intorno a percorsi di cura riferiti a raggruppamenti
omogenei di pazienti, ma secondo il criterio della specializzazione,
privilegiando ancora
le esigenze degli operatori piuttosto che quelle dei pazienti.
Pochi team multidisciplinari quindi e scarsa attenzione a linee
guida e standard assistenziali legati alla medicina delle evidenze.
L’antidoto che il ministero sembra voler proporre a tutto
questo, con un’energia finora inedita, è un rinnovato
impulso alle cure primarie, così urgente tanto da insediare
una Commissione nazionale dedicata dove rappresentare tutte
le forze e le esperienze, dalle più consolidate alle
più innovative. Un percorso cui si affianca l’iniziativa
congiunta della medicina generale che, cominciando a lavorare
insieme tra sindacati e società scientifiche sulla formazione,
ha l’ambizione, neanche troppo celata, di dire la propria
con rinnovata forza sulle cure del territorio.
Se queste iniziative porteranno a una nuova stagione di diritti
più uniformi alle cure in Italia, nel segno di una medicina
generale più unita e, soprattutto, più considerata,
è cosa tutta da vedere.
Ma se non ora, quando? Quando lo ‘Stivale’ avrà
perduto qualche altro pezzo della sua tomaia?