M.D. numero 7, 7 marzo 2007

Ricerche
Impiego del computer e processo decisionale in medicina di famiglia
di Stijn Raven*, Giuseppe Maso**, Peter Lucassen*, Fabrizio Gangi***

* Radbound University Nijmegen, Department of Family Medicine
** Dipartimento di Medicina di Famiglia, Università di Udine
*** Medico di famiglia, Udine

Secondo quanto evidenziato dai risultati di un’indagine osservazionale su un gruppo di medici del Friuli-Venezia Giulia, la maggior parte dei Mmg percepisce più vantaggi che svantaggi nell’utilizzo della cartella clinica computerizzata. Ma ancora non è chiaro quanto la ricerca attiva delle informazioni in essa contenute influiscano sul metodo clinico e sui risultati della professione

L'informatica è entrata rapidamente negli studi dei medici di famiglia italiani e coloro che non la utilizzano sono ormai una rarità1,2. Si è realizzata, in pochi anni, una vera e propria rivoluzione che ha portato un modo completamente nuovo di lavorare.
Un nuovo metodo che ha prodotto, però, un allungamento del tempo delle visite3-5, ha creato più difficoltà nell’archiviazione dei dati4 e non ha dimostrato sicuri benefici per la pratica quotidiana e per la salute dei pazienti6,7.
Di certo la cartella medica informatizzata (CMI) migliora la compliance negli screening, ma non vi è, almeno per ora, alcuna prova diretta che il suo utilizzo diminuisca morbilità e mortalità dei pazienti seguiti dai medici di famiglia6. A differenza dei supporti decisionali informatizzati per cui è stata dimostrata una reale efficacia, per quanto riguarda la CMI non possiamo trarre ancora alcuna conclusione in merito: gli studi che abbiamo a disposizione sono tra loro troppo diversi, così come diversi sono i vari tipi di programmi presi in considerazione6.
Secondo i medici, la sostituzione degli archivi cartacei con la CMI presenta diversi potenziali vantaggi: la facile trasferibilità dei dati tra sanitari; la semplicità di estrapolazione degli stessi e il loro facile utilizzo per la ricerca; la capacità di monitorare gli effetti collaterali e le interazioni fra farmaci; l’agevole ricostruzione della storia del paziente e, non ultima, la chiara leggibilità di quanto registrato8. La CMI è utile per la continuità assistenziale e lo diverrà sempre più considerati i cambiamenti in atto nella organizzazione delle cure primarie (gruppi, part-time, guardie notturne ecc.)9-12.
Con il nostro studio abbiamo voluto verificare cosa pensano i medici circa la CMI e se essa intervenga, in qualche modo, nel processo clinico decisionale.

Metodi


Lo studio, descrittivo osservazionale, è stato condotto in due fasi. La prima attraverso l’uso di un questionario e la seconda attraverso l’osservazione del contatto medico/paziente.
Il questionario è stato inviato a 80 medici di famiglia che lavorano in Friuli Venezia-Giulia ed è stato rinviato dopo sei settimane a coloro che non avevano risposto. Sono stati esclusi i medici che non utilizzano il computer.
Nella seconda fase sono stati osservati, nella loro attività quotidiana, 6 medici di famiglia di cui 3 lavorano in gruppo e 3 da soli, 4 sono assistiti da una segretaria e 1 lavora con un’infermiera. L’osservazione è stata condotta con l’ausilio di una griglia costruita in parte sulle risposte del questionario (tabella 1: elenco delle risposte alle domande chiuse del questionario) e in parte sui dati della letteratura10-12. Abbiamo diviso in categorie differenti l’uso della CMI e abbiamo anche registrato i motivi della visita e le caratteristiche generali dei pazienti. Abbiamo catalogato ogni “distinta azione di ricerca di specifiche informazioni” nella CMI (tabella 2).
È stato sempre chiesto al medico se fosse o non fosse stato in grado di trovare ciò che cercava attraverso l’utilizzo della cartella clinica informatizzata. I dati cercati e non trovati sono stati registrati come “dati persi”. È stato anche chiesto se la stessa informazione potesse essere cercata in una cartella cartacea; in caso di risposta negativa, questa informazione è stata registrata come “impossibile da cercare in cartella cartacea”.
Sono stati registrati solo i contatti medico/paziente avvenuti in studio, escludendo i colloqui telefonici, quelli in dialetto friulano molto marcato e le visite a domicilio.

Risultati


Solo 18 medici sugli ottanta interpellati (23%) hanno risposto al questionario.
La maggior parte dei medici di famiglia (83%) utilizza come programma “Millewin”, 2 utilizzano “Gam 700” e 1 usa “Millenium”. Mediamente questi medici utilizzano una CMI da 11.2 anni (range 5-21). I motivi della scelta di questi programmi sono stati: “affidabilità (generale e di assistenza)”, “aggiornamenti regolari” e “consigliato o usato da altri colleghi del gruppo”.
A detta di chi lo utilizza, l’architettura del programma influenza il modo e il tipo delle informazioni che sono registrate (33%) ed esiste una certa difficoltà nella introduzione dei dati (42%). È il caso di segnalare che 4 medici (22%) hanno anche dichiarato che la loro attività diagnostica e clinica è disturbata dall’uso del computer. Il 17% dichiara di perdere qualche “categoria” di dati utilizzando la CMI, in ogni caso il 79% è soddisfatto e praticamente tutti non hanno problemi nella ricerca delle informazioni registrate. Al contrario, in passato, il 71% dei medici non trovava facile ricercare i dati in una cartella cartacea. In più della metà dei casi (56%) un’altra persona, oltre al medico, è in grado di inserire i dati nella CMI (80% segretaria, 20% infermiera).
Gli aspetti definiti come vantaggiosi della CMI sono stati: “cartella orientata per problemi”, “aggiornamento continuo”, “possibilità di ricerca” e “facilità di recupero e confronto dei dati”.
I punti deboli: “ talvolta troppo rigida, nessuno spazio per sfumature e pareri”, “troppo elaborata” e “difficoltà ad avere una visione globale”.
L’aspetto segnalato come vantaggioso per la cartella cartacea è stato “sempre disponibile, anche durante le visite a domicilio”.
Qualcuno ha sottolineato che non vi sono aspetti vantaggiosi, ma solo punti deboli: “difficoltà nella ricerca, nel confronto”, “nella registrazione cronologica dei dati”; “nel corso degli anni diventa un documento elaborato”.

Osservazione delle visite


I dati sono stati raccolti osservando 6 medici di famiglia che, come software, usano “Millewin”. Sono state studiate mediamente 17 visite al giorno. Tutti i pazienti, tranne 3, hanno dato il loro consenso allo studio; dopo aver applicato i criteri di esclusione, sono state considerate 275 visite; la tabella 3 ne mostra le caratteristiche. L’età media dei pazienti è stata di 56.5 anni; il 57% era di sesso femminile.
Il medico ha eseguito un’azione di ricerca in 123 visite (45%); qualche volta (31 casi) è stata necessaria più di una ricerca per visita per cui ne sono state registrate 158. In 27 casi è stata fatta ricerca su 2 campi e in 4 casi su 3. La tabella 4 mostra il numero di azioni di ricerca nelle diverse categorie di archiviazione.
La maggior parte (39%) delle informazioni cercate riguardava i risultati dei controlli/visite precedenti fatti dal medico di famiglia o altri medici, le terapie (25%) e le malattie precedenti o croniche (19%). Possiamo definire queste categorie come “conoscenze mediche acquisite”.
È rara invece una ricerca sui problemi psico-sociali, eventi della vita, o abitudini (comportamenti/credenze) del paziente (tabella 5).
Solo durante 7 visite (3%) il medico non è riuscito a trovare le informazioni che cercava (le informazioni perse sono elencate nella tabella 6); in 4 casi i dati mancanti riguardavano la terapia; in 2 casi non è stata trovata la giusta diagnosi e in un caso non è stato possibile trovare l’esame idoneo per un test di laboratorio. Nella tabella 6 sono elencate anche le visite in cui i dati cercati, ipoteticamente parlando, non avrebbero potuto essere trovati in una cartella cartacea.

Discussione


La tecnologia dovrebbe migliorare le cure e non imporre nuovi compiti al medico.
I risultati del questionario evidenziano come questo scopo non sia ancora del tutto raggiunto. Il 42% degli intervistati riferisce una certa difficoltà nell’archiviare i dati e 1 su tre ha la sensazione che le informazioni debbano essere in qualche modo modificate. Il 22% è distratto da questo procedimento. Una parte dei medici (11%) sottolinea l’assenza di alcuni campi nel programma, in particolare quelli collegati alle informazioni private del paziente; due medici hanno aggirato il problema registrando questi dati in un campo generale (per esempio, note o flash). Si ritiene, in ogni caso, che la CMI presenti un enorme vantaggio su quella cartacea per quanto riguarda la ricerca dei dati registrati, ma si percepisce più rigida e strutturata; questo sembra impedire, in qualche modo, una descrizione completa del quadro clinico. L’introduzione della CMI, per ora, non sembra aver cambiato molto la qualità dei dati registrati ma ne ha facilitato sicuramente la ricerca ed il confronto. La maggior parte delle operazioni di ricerca in una CMI riguardano le conoscenze mediche acquisite; minori sono gli interventi sulle caratteristiche del paziente e praticamente nessuno riguarda gli aspetti psico-sociali, gli eventi della vita, le abitudini dei pazienti. La maggior parte dei medici dichiara di registrare queste informazioni, ma non le ricerca perché probabilmente conosce molto bene il paziente che in Italia si reca molto spesso dal medico13-15 (ecco perché non è attendibile del tutto il dato relativo alle abitudini descritto nella tabella 2). I risultati riportati dalla tabella 4 confermano i campi necessari di registrazione in medicina generale riportati anche da altri studi12,16-18. È comunque raro trovare, nei programmi di gestione, campi riguardanti informazioni private del paziente (problemi psico-sociali, eventi della vita, ambiente e abitudini), probabilmente perché sono dati difficili da obiettivare o si pensa che siano ridondanti. Forse che chi progetta i programmi pensa che questo tipo di informazioni non sia necessario per una buona pratica clinica? Il punto di vista di un programmatore spesso è diverso da quello di un medico di famiglia e le esigenze dei due possono non coincidere. I dati registrati sono la base della continuità assistenziale, principio fondamentale della medicina generale19: questi dati, quindi, dovrebbero influenzare in maniera importante le decisioni cliniche e infatti nel 45% delle visite sono ricercati attivamente nella CMI. Alcuni studi però non evidenziano differenze significative nella pratica clinica e nella gestione del paziente fra chi fa uso intensivo e costante della CMI e chi la usa poco; non sembrano esserci grandi differenze sulla prescrizione, sulla gestione o sull’invio a specialisti1,12.
Ci sono aspetti pratici che giocano a favore della CMI come la stampa rapida delle prescrizioni, le facilitazioni burocratiche e i vantaggi medico-legali10,20,21.
Ma la raccolta standardizzata dei dati può nascondere anche delle insidie come l’uso delle informazioni e dei sistemi di archiviazione per governare la medicina di famiglia con conseguente perdita di autonomia della stessa. In questo caso sarebbe violata la prima legge (modificata), della robotica di Asimov: un robot non può influire sulla disciplina; deve rispettare la libertà del singolo medico, non può incidere sulla inviolabilità del rapporto medico-paziente o sulle intrinseche caratteristiche della professione22. Il futuro della medicina di famiglia dipende dal rispetto di questa legge.
Concludendo, possiamo affermare che la maggior parte dei medici vede più vantaggi che svantaggi nell’utilizzo della CMI, la consultano attivamente nel 45% delle visite, soprattutto per cercare “le conoscenze mediche acquisite”. Non è ancora chiaro quanto l’utilizzo della CMI e la ricerca attiva delle informazioni in essa contenute influiscano sul metodo clinico e sui risultati della professione.


Ringraziamenti

Lo studio è stato condotto negli ambulatori dei medici di famiglia Fabrizio Gangi, Vittorino Michelini, Paolo Musso, Laura Passoni, Romano Paduano e Gianni Tubaro.
La nostra gratitudine per la loro disponibilità e cortesia.



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