M.D. numero 7, 7 marzo 2007

Riflessioni
A proposito del CRS/SISS della Lombardia

E' ormai indubbio che da parecchi mesi la Regione Lombardia, attraverso tutte le aziende sanitarie locali, stia esercitando pressioni per indurre i medici di medicina generale ad aderire al progetto CRS/SISS, presentato come un servizio di grande utilità per i cittadini residenti nella Regione. L’obiettivo è di “mettere in rete fruitori e operatori del Servizio sanitario nazionale”, onde “evitare che i cittadini facciano i postini dei propri esami”.
Le associazioni sindacali della medicina generale, come da prassi, si sono divise sull’atteggiamento da tenere nei confronti di tale politica regionale, ma, pure con diverse argomentazioni e talora opposte conclusioni, si comprende che il principale timore è quello di un capillare controllo da parte degli amministratori sulle prescrizioni dei medici di medicina generale, peraltro il più delle volte indotte. In secondo luogo pare avere importanza di distinguo il trattamento economico riservato ai medici che decidono di aderire all’iniziativa, considerato da alcuni sindacati equo e da altri iniquo. Infine nel dibattito emergono problematiche riguardanti la privacy, sulle quali c’è stata la pronta replica rassicurante dei responsabili del progetto secondo cui tutti possono stare tranquilli, in quanto nessun dato personale sarà diffuso (salvo poi, come è giusto, richiedere il consenso al trattamento dei dati da parte dei cittadini).
Non è mia intenzione disquisire sui pro e sui contro per il medico di medicina generale nell’adesione al progetto lombardo, ma vorrei risalire più a monte della questione e soffermarmi sulla filosofia, o meglio ancora sulle fondamenta del progetto e sugli eventuali rischi che esso può nascondere non solo e non tanto per i medici di famiglia, ma per tutti i cittadini lombardi.
Quanto citerò è ricavato dalle dichiarazioni rilasciate in varie sedi dai rappresentanti della società responsabile del progetto CRS/SISS.
Il primo logico argomento da portare all’attenzione è quello dei costi relativi alla realizzazione del sistema, i quali appaiono davvero non poca cosa, in quanto valutabili in circa 930 milioni di euro in 7 anni.
Ma sulla questione la società informatica rassicura i malpensanti dichiarando che la Regione Lombardia non tirerà fuori un soldo, perché il progetto è un mirabile esempio di project financing.
Per i pochi lettori non esperti cercherò di chiarire cos’è questa forma di finanziamento, molto di moda nei Paesi anglosassoni: si tratta di una forma di coinvolgimento di soggetti privati non solo nella realizzazione e nella gestione di un progetto pubblico, ma nel totale accollo dei suoi costi, in vista di futuri guadagni (e come potrebbe essere diversamente?).
Intanto sono convinto che a tutti i cittadini lombardi piacerebbe conoscere chi siano questi privati, più o meno benefattori, che regalano loro una bella tesserina magnetica, se non altro per ringraziarli della loro generosità.
Colgo l’occasione al riguardo per ricordare che una importante banca ha reso operativa la tessera sanitaria magnetica come carta prepagata: in altre parole il cittadino può chiedere a qualsiasi sportello della banca (pagando il servizio) di mettere a disposizione una certa quantità di denaro sulla sua tessera sanitaria (riportante alcune informazioni personali sanitarie), con la quale poi egli potrà fare acquisti, per esempio al supermercato.
Ma la seconda questione ancora più pressante è quale tipo di guadagno questi privati, che tanto benefattori in realtà non sembrano, sperino di realizzare con i dati riguardanti le patologie e i consumi sanitari dei cittadini della Lombardia (ovvero oltre 9 milioni di italiani) con la gentile collaborazione dei medici di famiglia, veri motori del progetto, che in cambio della loro gentilezza potrebbero anche ricevere una convocazione dalla Corte dei Conti, qualora, al solo scopo di curare i loro pazienti, malauguratamente sforino il budget per loro previsto.
Io non sono in grado di rispondere a questa seconda domanda, ma un dubbio mi viene: credo che tutti i lettori sappiano quale sia il valore che hanno le informazioni riguardanti i privati cittadini per il marketing; vi sono a tal proposito libri, riviste specializzate e frequenti articoli dedicati dai giornali.
È un’ipotesi azzardata o un frutto della fantasia che in futuro le informazioni sanitarie dei cittadini lombardi potrebbero essere vendute a produttori, o commercianti a vario titolo (magari gli stessi che hanno finanziato il progetto), consentendo loro di adottare le migliori strategie di vendita dei loro prodotti?
Se questa è l’etica, consentitemi, per favore, di continuare a fare il medico di famiglia come ho sempre fatto, nell’interesse dei miei pazienti e non del cervellone informatico, anche se ciò mi portasse a sanzioni economiche, giacché la libertà intellettuale non ha prezzo e io non vendo la mia professionalità a chi neppure conosco, soprattutto se costui fa tramite essa i propri interessi.

Marco Venturi,
Medico di medicina generale
Milano