M.D. numero 7, 7 marzo 2007

Terapia
Obesità e dislipidemia: ruolo della terapia farmacologica
di Guido Marini - Medico di medicina generale, specialista in Gastroenterologia, Grosseto

Dislipidemia e obesità sono spesso associate. La scelta di una strategia terapeutica razionale in grado di tenere efficacemente sotto controllo queste condizioni può rappresentare una valida opzione per migliorare il quadro clinico di questi pazienti

Sono ormai molteplici gli studi che hanno evidenziato come l’obesità sia associata a un aumentato rischio di morbilità e di mortalità e a una ridotta aspettativa di vita (Poirer et al. Circulation 2006; 113: 898-918).
Oltre a essere correlata a un aumentato rischio di malattie respiratorie croniche, malattie articolari e alcuni tipi di cancro, l’obesità è stata recentemente riconosciuta come un vero e proprio fattore di rischio indipendente di malattia cardiovascolare.
Il rischio dei soggetti in sovrappeso o obesi correla con la presenza di grasso addominale, condizione associata in particolar modo alla sindrome metabolica, in cui spesso coesistono iperlipemia, ipertensione arteriosa e resistenza insulinica e che porta a un’aumentata incidenza di cardiopatia ischemica, ictus e diabete.
In particolare una distribuzione centrale del grasso è fortemente associata a un aumento della trigliceridemia a digiuno, a bassi livelli di colesterolo HDL (C-HDL) e a un aumento di LDL piccole e dense, che delineano un profilo ad elevato potenziale aterogeno.

Calo ponderale e riduzione del rischio


Data la stretta correlazione tra eccesso ponderale e dislipidemia il primo stadio della gestione del paziente iperlipidemico e in sovrappeso dovrebbe essere rappresentato dalla perdita di peso.
Diversi studi hanno dimostrato che questa strategia ha il vantaggio di migliorare l’intero profilo dei fattori di rischio (Campfield et al. Science 1998; 280: 1383-87). La perdita di almeno 4.5 kg di peso è correlata ad una riduzione del rischio di cardiopatia ischemica del 43% (Eilat-Adar et al. Am J Epidemiol 2005; 161: 352-58).
Negli ultimi anni il ricorso alla terapia farmacologica si è rivelato una valida strategia, in aggiunta alla dieta e all’esercizio fisico, per ridurre il peso corporeo e migliorare il profilo di rischio.
Molte delle evidenze a questo proposito provengono da studi con orlistat, un inibitore della lipasi gastrointestinale che riduce l’assorbimento dei grassi alimentari del 30% circa.
Orlistat, che è attualmente l’unico farmaco antiobesità prescrivibile dal medico di medicina generale, dispone di una vasta letteratura scientifica, che ha evidenziato in molti studi randomizzati e controllati con placebo di agire favorevolmente non solo sulla riduzione di peso ma anche sulla glicemia, sulla pressione arteriosa e sul profilo lipidico (Torgerson et al. Diabetes Care 2004; 27: 155-61; Wirth. Diab Obes Metab 2005; 7: 21-27), migliorando anche l’insulino-resistenza e la concentrazione di hs-PCR (marker d’infiammazione che correla con un maggiore rischio cardiovascolare) (Yesilbursa et al. Acta Cardiol 2005: 60: 265-69). Lo studio XENDOS (XENical in the prevention of DM in Obese subjects Study) ha inoltre mostrato la capacità di questo farmaco di ridurre l’incidenza di diabete mellito di nuova insorgenza in pazienti insulino-resistenti obesi (Torgerson et al. Diabetes Care 2004; 27: 155-61).

Calo ponderale e dislipidemia


Diversi studi, recensiti da una recente rassegna di Nelson e Miles, hanno preso in considerazione in particolare l’azione di orlistat sul profilo lipidico in pazienti obesi dislipidemici (Nelson et al. Future Lipidol 2006; 1: 267-73).
L’analisi dei dati provenienti da 11 trial clinici randomizzati ha evidenziato come la perdita di peso del 5-10% ottenuta con il trattamento con orlistat sia in grado di migliorare sensibilmente il profilo lipidico, riducendo i livelli di colesterolo totale e C-LDL e migliorando il rapporto C-LDL/C-HDL nei pazienti non diabetici a basso ed alto rischio cardiovascolare. Nei pazienti diabetici tali benefici si estendono anche ai trigliceridi (tabella 1).
Alcune evidenze stanno ora fornendo nuovi elementi di comprensione dell’azione di orlistat nel paziente obeso dislipidemico, suggerendo come i benefici sul profilo lipidico siano in parte indipendenti dal calo ponderale.
Uno studio di Muls et al (Int J Obes Relat Metab Disord 2001; 25: 1713-21) di 6 mesi multicentrico, randomizzato, controllato con placebo, in pazienti obesi ipercolesterolemici, ha evidenziato come il gruppo trattato con orlistat abbia beneficiato di un maggior decremento dei livelli di colesterolo totale (-5.5 vs +2.8%) e di C-LDL (-10.7 vs -0.7%) rispetto a placebo (p <0.001 in entrambi i casi). Il dato più curioso è provenuto tuttavia dall’analisi delle variazioni dei livelli di C-LDL realizzata suddividendo i pazienti in 6 categorie sulla base del cambiamento di peso, che ha dimostrato come anche a parità di riduzione di peso orlistat aveva un effetto maggiore sul profilo lipidico rispetto a placebo (figura 1).
Tale osservazione trova supporto in un altro studio, di Mittendorfer et al (Obes Res 2001; 9: 599-604), che ha dimostrato che il trattamento con orlistat è in grado di determinare una riduzione del 25% dell’assorbimento del colesterolo assunto con la dieta.
Derosa et al hanno inoltre dimostrato che il trattamento per 1 anno con orlistat/fluvastatina riduce i livelli di colesterolo totale e C-LDL in maniera significativamente superiore sia vs placebo (p <0.01) sia vs orlistat da solo (p <0.02) sia vs fluvastatina da sola (p <0.05), suggerendo un effetto ipocolesterolemizzante sinergico fra orlistat e la statina.
Diversi studi hanno infine studiato l’azione di orlistat sulla lipemia postprandiale, parametro anch’esso in grado di influenzare negativamente il rischio cardiovascolare. Da essi è emerso che orlistat apporta effetti benefici in termini di riduzione della trigliceridemia postprandiale, di riduzione della durata della lipemia postprandiale e di un miglioramento del profilo lipidico in senso meno aterogeno.
In particolare, un recente studio di Sahin et al (Obesity Metab 2006; 2: 149-54) ha coinvolto 48 soggetti obesi (24 diabetici e 25 non diabetici) randomizzati a ricevere orlistat 120 mg o placebo prima di un pasto standard contenente 50 g in grassi.
Nel gruppo di soggetti trattati con orlistat si è registrata una significativa riduzione della trigliceridemia a 4 e 6 ore dopo il pasto (figura 2), con conseguente riduzione dei valori dell’AUC (area sotto la curva) della curva lipemica.

Considerazioni conclusive


Il 6° Rapporto sull’Obesità in Italia dell’Istituto Auxologico Italiano stima che in Italia vi siano 4 milioni di persone obese e circa 16 milioni in sovrappeso.
Nel 2005, rispetto al 1983, l’incremento del sovrappeso è stato pari a 9.8 punti percentuali negli uomini e di 4.9 nelle donne; l’obesità è aumentata rispettivamente del 3.1% e del 2.1%, suggerendo come l’obesità sia anche nel nostro Paese un problema diffuso e in crescita, con gravi ripercussioni sui rischi sulla salute associati a questa condizione, tra cui la malattia cardiovascolare svolge un ruolo di primo piano.
Di fronte a questa realtà occorre realizzare una strategia efficace di prevenzione e di gestione basata in primo luogo sulla promozione e l’educazione a corrette abitudini di vita.
Nel paziente obeso in cui questo approccio non sia sufficiente, un valido supporto può essere costituito dall’intervento farmacologico. Particolare interesse in questo contesto possono rivestire quelle terapie che consentono non solo di ridurre il peso corporeo, azione già di per sé associata a un miglioramento del profilo metabolico, ma di svolgere anche un’azione aggiuntiva di miglioramento del profilo lipidico, al fine di realizzare un più efficace prevenzione cardiovascolare.