M.D. numero 8, 14 marzo 2007

Filo diretto
La natura giuridica della scheda sanitaria del Mmg
di Mauro Marin, Medico di medicina generale, esperto di problemi normativi


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Dovendo presentare deduzioni e documentazioni circa ipotetiche “inappropriatezze prescrittive” in sede di giudizio presso la Corte dei Conti per “iperprescrizioni”, ho constatato che sia il giudice sia i suoi consulenti non hanno tenuto in alcun conto quanto da me annotato puntualmente nella scheda sanitaria degli assistiti (obbligo convenzionale), da cui risultano singoli accessi, diagnosi, indagini e terapie effettuate. Sono, invece stati tenuti in conto i documenti rilasciati da ospedali, specialisti e laboratori d’analisi.
Visti i tempi di “caccia alle streghe”, chiedo quale valore documentale abbia, in fase di giudizio, la scheda sanitaria che conservo e aggiorno per ogni assistito e da cui estraggo estremi e dati per le certificazioni e per la scheda di accesso in ospedale".

Pietro Poidomani
Cividate al Piano (BG)

L'art. 116 del Codice di Procedura Civile (CPC) afferma che il Giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento (art. 209 CPC), salvo diversa disposizione di legge (artt. 2700, 2702, 1706-2721, 2733-2738 CC).
Il medico di medicina generale è considerato un incaricato di pubblico servizio (art. 358 CP), tenuto a redigere schede sanitarie individuali degli assistiti del Ssn in suo carico ai sensi dell’art. 45, comma 2, lettera B, dell’Acn 23 marzo 2005. Tali schede sanitarie, come i certificati medici del medico di famiglia, hanno natura giuridica di certificazione amministrativa secondo la giurisprudenza.
z Ruolo del medico di famiglia
Il certificato medico e per analogia la scheda sanitaria anamnestica può assumere una natura giuridica diversa a seconda del ruolo esercitato dal medico certificante, a cui conseguono responsabilità di differente gravità in caso di illeciti.
Agli effetti della legge civile, il medico di medicina generale è un libero professionista “incaricato di un pubblico servizio” in base ad un accordo collettivo nazionale (Acn) con la pubblica amministrazione, stipulato ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 502/92 (modificato dai D.Lgs n.517/93 e n.229/99 e integrato da accordi integrativi regionali ai sensi della legge 18 ottobre 2001 n. 3, secondo la decisione della Quarta sezione del Consiglio di Stato n. 5176/2004 e la sentenza n. 16219/2001 della Cassazione a Sezioni Unite).
Agli effetti della legge penale il medico di medicina generale è da considerarsi incaricato di pubblico servizio (art. 358 CP), secondo la sentenza n. 3582 del 9 gennaio 1991 della Cassazione sezione Penale V.

Natura e valore probatorio


Il certificato del medico di famiglia ha lo stesso valore probatorio dei certificati rilasciati dai medici pubblici dipendenti del Servizio sanitario nazionale, secondo la sentenza n. 8701 del 8 maggio 2002 della prima sezione del TAR del Lazio.
La cartella clinica ospedaliera ha natura giuridica di atto pubblico secondo quanto dettato dall’art. 2699 del Codice Civile e ribadito nella sentenza della Cassazione sezione V Penale n. 22694 del 16 giugno 2005. L’atto pubblico in quanto tale fa fede dei suoi contenuti fino a querela di falso, secondo l’art. 2700 Codice di Procedura Civile.
Ma anche la scrittura privata fa piena prova fino a querela di falso, secondo l’art. 2702 CC. Si considera scrittura privata il certificato redatto dal medico durante l’attività libero-professionale in cui non svolge funzioni di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (art. 359 CP), come per esempio i certificati a uso assicurativo e per l’idoneità all’attività sportiva non agonistica.
Sono considerate certificazioni amministrative le prescrizioni di farmaci su ricettario regionale da parte del medico di medicina generale, secondo la sentenza n. 6752 del 7.6.1988 della Cassazione Penale sezioni unite, la sentenza n. 8051 del 1.6.1990 della Cassazione Penale, sezione IV e la sentenza della Cassazione Penale sezione V del 23 marzo 2005, depositata il 14 settembre 2005.
Per analogia quindi anche la scheda sanitaria del medico di medicina generale è da considerarsi certificazione amministrativa.
In ogni caso l’azienda sanitaria locale ha il dovere d’ufficio di valutare qualsiasi documentazione trasmessa dal medico, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 241/1990.

Onere della prova


Il governo con DPCM del 29 novembre 2001 ha affidato alle Regioni il compito di garantire i Livelli essenziali di assistenza (Lea) e di controllare le prescrizioni
farmaceutiche ai sensi dell’art. 50 del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito dalla legge n. 326/2003.
La prescrizione farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale viene rilasciata dal medico sul ricettario regionale il cui uso è regolamentato dal Decreto del 18 maggio 2004 in G.U. n. 251 del 25 ottobre 2004 e dagli artt. 27 e 50 dell’Acn 2005.
L’iperprescrizione ingiustificata e le prescrizioni poste a carico del Ssn in difformità alle note redatte dall’Aifa sono considerate danno erariale per cui il medico deve rimborsare il servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 1 del D.L. 20.6.1996 n. 323, convertito in legge n. 425/1996, previo procedimento istruttorio della Asl ai sensi dell’art. 27 dell’accordo collettivo nazionale del 2005.
In tema di responsabilità extra-contrattuale per violazione di legge (art. 2043 CC), come nel caso di presunta inappropriatezza prescrittiva (legge n. 425/1996), l’onere della prova è a carico di chi avvia l’azione legale (art. 2697 CC) e quindi spetta alla azienda sanitaria locale l’onere della prova certa di inappropriatezza delle prescrizioni, non al medico.
Secondo quanto recita l’art. 27 dell’Acn 2005 il medico di medicina generale ha la facoltà e non certo l’obbligo di presentare controdeduzione alla contestazione d’addebito.
La valutazione dei casi dovrebbe comunque tener conto del penultimo Decreto sulle Note Aifa (G.U. del 04.11.2004 n. 259, Suppl. Ord. n. 162) il quale afferma che “la variabilità delle patologie può determinare l’inapplicabilità di una nota al singolo paziente. In questi casi gli organismi della Asl, nella loro funzione di analisi e verifica, dovrebbero adottare un atteggiamento flessibile, prendendo in considerazione non tanto il singolo caso quanto la globalità delle applicazioni in un dato contesto”, affermazione ribadita dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Pordenone con sentenza n. 99 del 11 maggio 2006.

Reati di falso


Il medico risponde di falso ideologico (art. 479 CP in atto pubblico e art. 480 CP in certificazione amministrativa) se il giudizio diagnostico espresso nel certificato medico si fonda su fatti esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio stesso, che siano non rispondenti al vero e che ciò sia conosciuto da colui che ne fa attestazione, secondo la sentenza n. 11482 del 24.5.1977 della Cassazione sez. VI e la sentenza n. 34814 del 13 giugno 2001 della Cassazione Penale.
In sintesi, costituisce il reato di falso ideologico l’attestazione di fatti non corrispondenti al vero e coscientemente diversi da quelli rilevati .
Presupposto essenziale di questi reati è infatti il dolo (l’intenzionalità), per cui se invece il contenuto non corrispondente al vero del certificato deriva da errore commesso in buona fede (per esempio: giudizio interpretativo errato di fatti riportati con corrispondenza al vero) il medico non è più imputabile di falso ideologico.
La distinzione tra diagnosi falsa e diagnosi errata nel certificato medico ai fini della legge penale è stata definita dalla sentenza del 18 marzo 1999 della Cassazione sezione Penale V: “è falsa la certificazione che si basa su premesse oggettive non corrispondenti al vero, è invece errata se risulta inattendibile l’interpretazione data per motivare il giudizio clinico”. Il medico con funzioni pubbliche risponde di falso materiale (art. 476 CP in atto pubblico e art. 477 CP in certificazione amministrativa) se nella redazione del certificato commette alterazioni o contraffazioni mediante cancellature, abrasioni, aggiunte successive o mediante queste fa apparire adempiute le condizioni richieste per la sua validità.
Il medico che redige una certificazione durante l’attività libero-professionale risponde in caso di falso materiale ai sensi dell’art. 485 CP e in caso di falso ideologico ai sensi dell’art. 481 CP per cui sono previste pene meno severe rispetto a quelle previste per gli stessi reati a carico del medico con funzioni pubbliche.