M.D. numero 8, 14 marzo 2007

Pratica medica
Quale terapia in caso di influenza?
di Aurelio Sessa - Medico di medicina generale, Varese

Giulia ha 22 anni e svolge l’attività di infermiere professionale in una divisione di nefrologia e dialisi di un importante ospedale. Vive nel convitto di questo ospedale e condivide con un’altra collega la propria camera. Dalla sera prima, dopo una normale giornata di lavoro, ha cominciato ad avere brividi, con rialzo repentino della temperatura (39.5°C), spossatezza e diffuso mal di ossa e mal di gola con tosse secca e insistente. Siamo nel mese di gennaio e il virus dell’influenza è circolante. Giulia non ha voluto sottoporsi a vaccinazione antinfluenzale.

Storia clinica
Giulia mi ha chiamato la mattina al suo capezzale come medico di famiglia, innanzitutto per l’aspetto burocratico-amministrativo del certificato di malattia. Mi ha chiamato subito perché deve comunicare al capo-servizio la sua assenza per provvedere alla copertura dei turni.
Essendo un’infermiera professionale sarebbe in grado di cavarsela da sola curandosi con i soliti sintomatici, ma quando mi ha telefonato lei stessa mi ha detto “ Dottore, ho paura di aver preso una bella influenza. Ieri sera ho preso subito due compresse di aspirina e altre due stamattina, ma mi sento veramente a pezzi, come se mi fosse passato sopra un camion e inoltre questa febbre non si abbassa neanche un po’”.

Quadro contingente


Compito del medico di famiglia è quello di non considerare solo l’aspetto medico del caso in questione, ma vederlo anche nell’ambito contingente che, come nel caso di Giulia, pone una serie di considerazioni.
Innanzitutto le ricordo, ma lei stessa me l’ha fatto notare (comprendendo la mancanza) che avrebbe dovuto sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale essendo un’operatrice sanitaria, per la quale non solo è prevista la gratuità, ma deve essere considerata una sorta di dovere professionale. Attualmente in Italia meno del 20% di tutti i sanitari si sottopone a vaccinazione antinfluenzale.
Vivendo in ospedale a tempo pieno la sua malattia si trasmette non solo ad altri colleghi (per esempio la collega che condivide con lei la camera del convitto), ma anche agli stessi ammalati, che in quanto ricoverati sono da considerare fragili e a rischio.

Diagnosi


La contemporanea presenza di febbre, almeno un sintomo respiratorio e almeno un sintomo sistemico, in un momento in cui il virus dell’influenza è circolante (documentato dalla sorveglianza virologica) permettono di porre una diagnosi di influenza clinica con una sensibilità pari al 75%.1 La paziente, essendo una persona giovane, attiva e non portatrice di malattie croniche, si trova in una situazione ideale per poter affrontare l’infezione senza particolari problemi e non mi aspetto che possa manifestare complicanze.
La visito facendo un’ispezione al cavo orofaringeo, la ausculto, le misuro la pressione, le sento il polso le misuro la temperatura (38.8°C) e non noto nulla che in questo momento mi faccia pensare a che l’evoluzione di questa sua influenza non sia regolare.
Probabilmente nell’arco di 3-4 giorni tutto andrà per il meglio, ricordandole che avrà un’astenia residua che durerà per qualche giorno.
Rilascio il certificato di quattro giorni di riposo, sapendo che il quinto e il sesto giorno è già il suo turno di riposo, con il messaggio di eventualmente risentirci nel caso le cose non migliorassero.

Riflessioni sulla terapia


Questo è un caso che può avere più vie di intervento.

Prima opzione
Giulia ha gia iniziato una terapia sintomatica, due somministrazioni di acido acetilsalicilico dalla sera precedente. Possiamo consigliare di proseguire con lo stesso dosaggio in tutto per tre giorni. Se la tosse è molto fastidiosa e insistente può assumere un antitosse. Riposo a letto.

Seconda opzione
Dobbiamo considerare che Giulia vive in questo convitto che l’ospedale mette a disposizione dei suoi dipendenti, i quali lavorano tutti nei vari reparti dell’ospedale. Sappiamo che l’influenza ha una rapida diffusione tra le persone e possiamo considerare l’ipotesi di invitare Giulia a lasciare il convitto e recarsi al proprio domicilio per cercare di limitare la trasmissibilità dell’infezione, in quanto è in grado di diffondere il virus nell’ambiente per almeno altri 5-6 giorni.2 Per quanto riguarda la terapia possiamo optare sempre per la terapia sintomatica.

Terza ipotesi
Se Giulia non può tornare a casa sua per tutta una serie di motivi (non se la sente proprio di muoversi, la sua casa è molto lontana e non se la sente di affrontare il viaggio) possiamo chiedere di tenerla isolata per qualche giorno e spostare la collega in un’altra camera (se possibile). Per quanto riguarda la terapia possiamo optare sempre per la terapia sintomatica.

Quarta ipotesi
Giulia ci ha chiamato essendo passate poco più di 12 ore dall’insorgenza della sintomatologia. Ci troviamo in una situazione ideale per prescrivere una terapia con antivirali (oseltamivir per os, zanamivir per via inalatoria) il cui dosaggio terapeutico è di 2 somministrazioni al giorno per 5 giorni, evidenziando l’importanza di portare a compimento il trattamento nonostante il rapido miglioramento clinico del paziente.
In questa situazione infatti riusciamo a soddisfare i criteri per un uso appropriato della terapia con inibitori delle neuraminidasi:
1. il virus dell’influenza è circolante;
2. l’assunzione deve avvenire entro le 48 ore dall’insorgenza dei sintomi;
3. l’assunzione avviene su indicazione del medico dopo opportuna consultazione e valutazione del caso.
Anne Moscona ha raccolto tutti i trial clinici condotti con gli inbitori delle neuraminidasi (oseltamivir e zanamivir).3 Gli studi condotti con zanamivir sono stati fatti con la somministrazione a distanza di 36-48 ore dall’insorgenza dei sintomi con una riduzione della durata della malattia che va da 1 a 2 giorni. Gli studi condotti con oseltamivir sono più numerosi e con stratificazione temporale dell’intervento farmacologico dall’insorgenza dei sintomi.
Uno studio condotto su giovani adulti con somministrazione di oseltamivir tra le 6 e le 12 ore ha dimostrato di ridurre la durata della malattia (confermata laboratoristicamente) di 3.1 giorni (pari al 70%).4

Quinta ipotesi
Un’ulteriore possibile soluzione è quella di curare la paziente con l’antivirale e pensare di sottoporre a profilassi la collega con cui condivide la camera.
Possiamo ritenere questa soluzione di importante valore considerando il setting contingente. Pensiamo solo all’ipotesi che la collega lavori in un reparto di rianimazione: sarebbe imperdonabile che fosse untrice del virus dell’influenza in un reparto con pazienti così fragili.
In Italia solo oseltamivir ha l’indicazione per la profilassi post-esposizione, che significa prevenire la malattia in coloro che hanno avuto uno stretto contatto con chi ha sviluppato l’influenza. In questo caso possiamo consigliare alla sua collega di assumenere oseltamivir al dosaggio di 75 mg al dì (1 capsula) per 10 giorni.
Quattro importanti trial clinici randomizzati5-8 condotti su bambini, adolescenti, adulti e anziani hanno confermato la capacità di prevenire l’influenza (con conferma laboratoristica) in misura variabile dal 68% all’89%.

Considerazioni


L’impatto dell’influenza nella società è importante e arriva a colpire fino al 15% della popolazione in un arco di tempo molto ristretto, che solitamente va da dicembre a marzo di ogni anno.
La vaccinazione è universalmente considerata la strategia primaria per il controllo dell’influenza nella comunità e, come è noto, è indirizzata ai soggetti a rischio di sviluppare complicanze (ultrasessantacinquenni e portatori di patologie croniche) e a tutti coloro che, per la loro attività, sono a contatto con queste persone.
L’efficacia del vaccino è massima nei soggetti adulti sani nel prevenire la malattia nella misura del 70-90% ma quello che più conta, in termini di sanità pubblica, è la prevenzione delle complicanze dell’ospedalizzazione e della mortalità nei soggetti maggiormente a rischio.9
Ogni medico di medicina generale gestisce, a seconda della stagionalità, dai 50 a 100 casi di influenza clinica ogni anno, che rappresentano solo il 10% di tutte le infezioni delle vie respiratorie che gli capitano. Ciò comporta non solo un impegno notevole in termini di risorse e di tempo, ma anche un continuo esercizio mentale e decisionale per poter prescrivere la migliore e la più appropriata terapia per quel determinato paziente.
Come spesso capita in medicina le opzioni di intervento che dobbiamo scegliere non sono sempre univoche.
Il paziente, il suo contesto ambientale e o le persone che stanno attorno, ma anche la nostra sensibilità di intervento possono farci optare per una delle soluzioni. Anche una patologia che per molti può sembrare banale, come l’influenza, ci permette di attuare un ragionamento clinico e una decisione clinica di intervento che non è poi così scontata.
Siamo sempre stati abituati a pensare solo alla cura sintomatica dell’influenza clinica come unico mezzo di intervento ed essere fatalisti sull’esito (che fortunatamente nella maggioranza dei casi è benigno).
Oggi abbiamo a disposizione un’arma in più, oltremodo specifica ed efficace, che è costituita dagli inibitori delle neuraminidasi, con i quali dobbiamo cominciare a prendere confidenza nell’uso quotidiano.



Bibliografia

1. Snacken R. Managing influenza in primary care. A practical guide to clinical diagnosis. Dis Manage Health Outcomes 2000; 8: 79-85.
2. Dolin R. Influenza: current concepts. Am Fam Physician 1976; 14 (3): 74.
3. Moscona A. Neuraminidase inhibitors for influenza. NEJM 2005; 353: 1363-73.
4. Aoki FY et al. Early administration of oral oseltamivir increases the benefits of influenza treatment. J Antimicrob Chemother 2003; 51: 123-9.
5. Hayden FG et al. Management of influenza in households: a prospective, randomized comparison of oseltamivir treatment with or without post-exposure prophylaxis. J Infect Dis 2004; 189: 440-9.
6. Welliver R et al. Effectiveness of oseltamivir in preventing influenza in household contacts: a randomized controlled trial. JAMA 2001; 285: 748-54.
7. Hayden FG et al. Use of the selective oral neuraminidase inhibitor oseltamivir to prevent influenza. NEJM 1999; 341: 1336-43.
8. Peters PH et al. Long term use of oseltamivir for the prophylaxis of influenza in vaccinated frail older population. J Am Geriatr Soc 2001; 49: 1025-31.
9. Henley E. Prevention and treatment of influenza. J Fam Pract 2003; 52: 883-6.