M.D. numero 8, 14 marzo 2007

Riflettori
L'applicazione monca degli accordi regionali
di Rebecca Lamini


Una attuazione difficile e incompleta quella riservata agli accordi integrativi regionali a due anni dall’approvazione dell’Acn. È questo il quadro che emerge da un dossier della Sisac inviato alle Regioni in cui si sottolinea la disomogeneità delle intese, il fallimento dell’obiettivo integrazione e la predilezione per un organizzazione delle cure primarie in senso funzionale più che strutturale


Si chiama “Il processo di integrazione dei medici di medicina generale nell’organizzazione dei servizi sanitari territoriali e aziendali, quale risulta dall’analisi degli Accordi integrativi regionali” ed è un dossier di 13 pagine, anticipato dal Sole 24 Ore Sanità, che nei primi giorni di febbraio la Sisac, la struttura interregionale per i sanitari convenzionati, ha inviato a tutti gli assessori regionali. Il documento scatta una fotografia di quanto successo nelle Regioni italiane dal 23 marzo 2005, cioé dall’entrata in vigore dell’Acn per i medici di medicina generale. In 7 punti la Sisac pennella le criticità in un quadro tutt’altro che lusinghiero. Soltanto 11 Regioni (il 55% del totale) hanno firmato gli accordi integrativi regionali (Air), è c’è stato anche chi, come la Provincia di Bolzano, ha dichiarato di non voler procedere all’applicazione. Secondo quanto esposto nel documento della Sisac sicuramente il maggior ostacolo alla realizzazione degli Air è stato la difficoltà finanziaria. Basti considerare il fatto che tre delle amministrazioni locali inadempienti, Campania, Molise e Sicilia sono state impegnate a formulare i piani di rientro dai disavanzi sanitari.

Sette punti critici


1. Accordi molto eterogenei
Per valutale la “consistenza” degli Air in essere, la Sisac ha elaborato un set di indicatori: sviluppo della medicina associata, costituzione di forme organizzative funzionali obbligatorie (come équipe e Ncp); sperimentazione di forme organizzative strutturali volontarie (come Utap e Ucp); partecipazione dei Mmg ai processi di organizzazione, programmazione e controllo; informatizzazione del sistema sanitario territoriale; percorsi formativi comuni tra operatori territoriali e ospedalieri. Per ogni strumento sono stati rilevati tre elementi: presenza dell’argomento nell’Air; descrizione sintetica dell’obiettivo principale; assegnazione di incentivi specifici in termini di risorse finanziarie, spazi e attrezzature. Il primo dato che la Sisac ha fatto emergere, procedendo alla verifica del set, è l’eterogeneità dei testi degli Air.

2. Solo in 11 ce l’hanno fatta
Le Regioni che, a circa 22 mesi dall’approvazione dell’Acn per la medicina generale, hanno approvato un proprio Accordo integrativo sono solo 11 cioè il 55%. Se si va a caccia di responsabilità, si può dire che le due tornate elettorali che si sono tenute nel periodo di vigenza hanno sicuramente contribuito.

3. Associazionismo sì, Utap no
L’integrazione è assunta come obiettivo in tutti gli accordi esaminati, ma nella maggioranza risulta molto più accentuato l’interesse a costruire l’integrazione tra gli stessi Mmg. L’accento che si è voluto dare alle forme organizzative strutturali come Utap, Ncp, Ucp e simili, deciso dalla Conferenza Stato-Regioni del 29 luglio 2004 e assunto dall’Acn vigente, non si è verificato. Solo Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Veneto paiono averci investito seriamente. Se si cercano responsabilità, emerge a sorpresa che la partecipazione dei Mmg nell’ambito dell’organizzazione aziendale è limitata in genere all’Ufficio di coordinamento delle attività distrettuali.

4. Regioni: poche verso l’integrazione
L’Air sembra essersi dimostrato una buona occasione per dare un impulso significativo all’articolato processo di integrazione solo per un ridotto numero di Regioni. L’impressione generale è che tutte le Regioni abbiano in qualche modo cercato di utilizzare l’accordo per andare in questa direzione, ma solo quelle che potevano contare su un significativo lavoro fatto negli anni passati hanno potuto e saputo riuscirci. In tutte le intese lo sviluppo della medicina associata rappresenta un “valore”, accompagnato da incentivi finanziari espliciti. Otto Regioni su undici privilegiano la medicina di gruppo e quella in rete, tre non operano alcuna distinzione. Sulle “forme organizzative funzionali per le quali è prevista l’adesione obbligatoria” da parte dei Mmg, sono nove le Regioni che scelgono l’équipe, l’Emilia Romagna gli Ncp e il Friuli Venezia Giulia non vi accenna nemmeno nell’Air che ha presentato. Soltanto sette Regioni prevedono incentivi per i Mmg che ne facciano parte e l’Emilia Romagna è l’unica a suggerire la possibile disponibilità di spazi e attrezzature dedicate a carico della Asl.

5. La colpa non è solo dei debiti
Secondo le Regioni i principali motivi che hanno ostacolato il raggiungimento dell’approvazione dell’Air sono riconducibili a quelli di tipo economico-finanziario . Per i sindacati, invece, il disaccordo con la parte regionale - responsabile del 27% degli elementi ostativi alla sottoscrizione degli accordi integrativi - sarebbe nato intorno ad aspetti organizzativi o a differenze nelle posizioni assunte dai medici stessi su specifici argomenti, come il rapporto ottimale. Non solo. I sindacati denunciano problemi non tanto nella formazione del tavolo di trattativa, quanto nel suo funzionamento.

6. Ma i debiti hanno il loro peso
Il fatto che tre Regioni, delle nove che non hanno ancora siglato l’Air (Molise, Campania e Sicilia), sono alle prese con i piani di rientro del disavanzo di gestione (ex leggi 311/2004 e 266/2005) possono spiegare, secondo la Sisac, buona parte delle difficoltà incontrate da tante amministrazioni regionali ma sottolinea: “Che forse le dichiarate difficoltà di ordine economico-finanziario sono da far coincidere non con i costi diretti, che l’applicazione dell’Acn comporta, quanto con quelli legati al perseguimento di obiettivi “strategici”, la cui realizzazione si colloca in una prospettiva temporale più lontana, come le nuove forme organizzative strutturali o il sistema informativo integrato regionale.

7. Integrazione: la vera sfida
La “madre di tutte le difficoltà”, tuttavia, secondo la Sisac è, probabilmente, da ricercare nell’insieme degli elementi riconducibili alla portata dei cambiamenti richiesti, per la costruzione del secondo pilastro della Sanità italiana. Il ministero della Salute, nelle more dei richiami che pure la Sisac farà alle Regioni inadempienti come prevede la stessa Convenzione, nel Tavolo nazionale delle cure primarie appena insediato ha presentato 11 priorità: realizzare la continuità assistenziale, anche “favorendo l’inserimento dei medici di continuità assistenziale nell’insieme delle attività di assistenza primaria”; potenziare le forme associative, al punto che la nuova convenzione possa sancire il “passaggio definitivo” ai gruppi di professionisti; valorizzare il ruolo delle farmacie; promuovere le “case della salute”; istituire uno sportello unico per le prestazioni sociali sanitarie territoriali; potenziare le cure domiciliari; istituire il Dipartimento delle cure primarie in ogni Asl; promuovere le capacità di autogestione delle patologie e il family learning; ridefinire, ampliandolo, il ruolo degli enti locali nella programmazione; favorire la partecipazione del cittadino; investire in formazione, come hanno chiesto i Mmg.