M.D. numero 10, 28 marzo 2007

Editoriale
Tempi di attesa e di strategia


Per la medicina generale italiana sembra essere un momento d’attesa e di strategia. Mentre il Ddl sul Governo clinico, nelle pieghe delle difficoltà del Governo Prodi, sembra ogni giorno un po’ più lontano, e con esso tutto l’impegno che le Società scientifiche hanno profuso nella descrizione e definizione di una nuova identità
per il Mmg, come in una sorta di ‘Manuale Cencelli’ in cui le competenze sembrano strettamente ripartite, sono i sindacati a riguadagnare il centro della scena. Per fare cosa, ci chiediamo. Sembra chiaro che vogliano portare a casa degli obiettivi concreti e a più breve scadenza che parlino con maggiore chiarezza della strada da intraprendere con la convenzione prossima ventura.
Innanzitutto l’organizzazione sul territorio: è chiaro che il Governo sembra voler centrare a tutti i costi l’obiettivo di una rimodulazione strutturale dei servizi sotto forma di Casa della Salute. Ma le forze sindacali maggiormente rappresentative nella medicina generale cercano, a quanto sembra, di anteporre una propria proposta che disinneschi, innanzitutto, i pericoli di scivolamento del rapporto di lavoro nella subordinazione.
Nell’ambito delle cure primarie i Mmg stanno cercando di ritagliarsi un’area contrattuale nella quale ciascun medico, a partire dalla propria specifica funzione di medico di famiglia, scelto liberamente dai propri pazienti, retribuito a quota capitaria per attività di prevenzione, di diagnosi, cura e di attività domiciliari, o di medico di cure primarie retribuito in base dell’orario assicurato e quindi organico alla continuità assistenziale o alla medicina dei servizi, possa ricevere quanto gli è dovuto sia in termini finanziari sia di riconoscimento professionale.
I medici di famiglia stanno chiedendo, inoltre, di vedersi finalmente riconosciuta una possibilità di sviluppo di carriera in base alla quale essi possano svolgere come tutti gli altri medici attività di docenza, di formazione, di ricerca, di prestazione diagnostica di primo livello e di organizzazione di servizi.
Si tratta di un riconoscimento cercato da tempo che ha caratterizzato dibattiti e scontri nella stessa categoria, che ha visto fughe in avanti e battute d’arresto nella ricerca di dare piena titolarità alla qualifica di medico di medicina generale. Una possibilità a cui i Mmg hanno cercato di dare slancio con evidenze di ricadute cliniche del loro operato e che oggi appare più che meritata. L’ultima indagine Istat non a caso ha confermato che è il medico di famiglia il professionista della salute di cui gli italiani si fidano di più. Oltre il 64% dei cittadini si affida serenamente a questa figura professionale, mentre lo specialista privato segue a distanza, guadagnando la fiducia del 32% dei pazienti. Per prendere decisioni importanti sulla salute ci si rivolge infatti prevalentemente al medico di famiglia (65.8%). Una referenza che dovrebbe garantirgli, finalmente, un posto adeguato nel sistema. Sarà arrivata la volta buona?