M.D. numero 10, 28 marzo 2007

Filo diretto
Rilascio del certificato anamnestico di idoneità al porto d’armi


Implicazioni normative e conseguenze penali per il Mmg in caso di errore, omissione, imperizia o falso ideologico


Il quesito

Desidero sottoporre agli esperti di M.D. Alfonso Marra e Mauro Marin una vicenda che è fonte di forte preoccupazione professionale e che credo possa esserlo altrettanto per altri colleghi che si trovassero a dover gestire la medesima situazione. In qualità di Mmg rilascio annualmente il certificato anamnestico per porto d’armi a un mio assistito che mai ha rivelato problemi di natura neuropsichiatrica. Nei giorni scorsi sua sorella (anch’essa mia assistita) mi ha rivelato che il fratello soffre di grave depressione gestita con terapia farmacologica e approccio psicoterapeutico.
Di tutto ciò non sono mai stato messo al corrente, né dal paziente né da sua moglie. Mi sono messo in contatto con lo specialista psichiatra che lo segue, ricevendo un netto rifiuto a qualsiasi tipo
di collaborazione adducendo motivi di segretezza professionale.
A questo punto mi trovo in grave difficoltà. Da un lato sono stato ufficiosamente messo al corrente dalla sorella di un mio assistito della situazione psicopatologica, dall’altro non so come agire per tutelare me stesso, in qualità di medico, e il paziente, che fra l’altro fra poco verrà a richiedermi il rinnovo del certificato anamnestico.

Vito Tiby,
Milano


I problemi giuridici
di Alfonso Marra Magistrato, Milano

La disposizione che regola il rilascio della licenza di porto d’armi è il DM 24.04.98. Esso stabilisce che chi fa richiesta di tale licenza debba ottenere una doppia certificazione medica, una del medico di famiglia e l’altra del medico pubblico, proprio in ragione dei pericoli che per la collettività e per il richiedente stesso possa avere il possesso di un arma.
La “ratio” di tale doppia certificazione risiede nell’estrema delicatezza della valutazione che deve attestare l’esistenza dei requisiti psicofisici minimi per il rilascio o il rinnovo della licenza stessa. Il che presuppone a sua volta la certificazione di assenza di alterazioni neurologiche che possano interferire con lo stato di vigilanza o che abbiano ripercussioni invalidanti di carattere motorio, statico e dinamico. Tanto è vero che non possono essere dichiarati idonei i soggetti che abbiano sofferto negli ultimi anni di crisi comiziali e che siano portatori di disturbi mentali, della personalità e comportamentali.
La prima certificazione, denominata anamnestica, va redatta dal medico di famiglia mentre la seconda va stilata dal medico pubblico e cioè dal sanitario operante negli uffici medico-legali, nei distretti sanitari delle Asl, delle strutture militari e della Polizia di Stato.
Il medico di famiglia deve rilasciare il certificato nel quale si attesta che il richiedente è in possesso di tutti i requisiti psicofisici (DM 24.04.98). A tal fine, ove lo ritenga necessario, prima di rilasciare tale certificazione può richiedere all’assistito tutti gli accertamenti che ritenga più opportuni e indispensabili (art. 3, comma 2). Chiaramente tali accertamenti più approfonditi vanno senz’altro effettuati ove il medico di famiglia sia venuto a conoscenza, anche in modo non ufficiale, che il suo assistito sia affetto da patologia mentale o psichica. Ove l’assistito rifiuti di sottoporsi a tali accertamenti, il Mmg non deve rilasciare la certificazione anamnestica di idoneità. Il che impedisce all’interessato di richiedere la seconda visita al medico pubblico e quindi di ottenere la licenza di porto d’armi.
Viceversa, se il medico di famiglia ha redatto un certificato anamnestico di idoneità, l’interessato dovrà effettuare la seconda visita.
In tale sede il sanitario, ove lo ritenga opportuno, può richiedere ulteriori accertamenti che potranno essere effettuati però solo presso le strutture sanitarie pubbliche. Una volta ultimati gli stessi, il medico pubblico può rilasciare la certificazione. Non la dovrà invece affatto rilasciare ove ritenga che il richiedente non sia in possesso dei requisiti soggettivi psicofisici previsti dalla vigente normativa. In tal caso dovrà esprimere il giudizio negativo di “non idoneità”, a nulla valendo la certificazione del medico di famiglia di idoneità in quanto la certificazione del medico pubblico è senz’altro prevalente (art. 3 comma 4).
Tale giudizio negativo deve essere comunicato entro 5 giorni all’Autorità di Pubblica Sicurezza competente per il territorio in cui è residente l’interessato. Costui può, entro il termine di 30 giorni, proporre ricorso al collegio medico costituito presso l’Asl.
Ma se entrambi i medici certificano per errore dovuto a imperizia e a trascuratezza l’idoneità, che non c’è, essendo l’interessato mentalmente ammalato, dovranno rispondere di tutti gli atti auto ed eterolesivi posti in essere da costui con l’arma.
Se le certificazioni di idoneità non sono frutto di errore, ma di un vero atto falso, per i medici sarà prospettabile una responsabilità colposa per gli atti auto ed eterolesivi posti in essere dal soggetto che ha ottenuto la licenza di porto d’armi e un’altra di tipo doloso per il reato di falso in atto pubblico (artt. 476 e 479 CP).
La veridicità di un certificato va intesa in senso giuridico e si concretizza in una dichiarazione di verità del pubblico ufficiale (tale è il medico pubblico e il medico di famiglia) che si riferisce ad un’attività da lui compiuta o a fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o direttamente percepiti.
Le conseguenze di carattere penale che possono ricadere sui medici autori delle certificazioni frutto di errore o di falsità si concretizzano in applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione nella sentenza dell’11 luglio 2002 n. 30426 che ha indicato la strada da seguire per individuare il nesso di causalità negli eventi derivanti da comportamento attivo od omissivo. Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno affermato che l’esistenza del nesso di causalità tra l’azione o l’omissione e l’evento può essere ravvisata quando, ipotizzandosi come realizzata la condotta effettuata od omessa, l’evento stesso (il fatto autolesivo od eterolesivo posto in essere dal possessore dell’arma al quale era stata rilasciata la certificazione medica di idoneità) non si sarebbe “con certezza” verificato poiché il soggetto non avrebbe potuto ottenere la licenza di porto d’armi e quindi non sarebbe entrato in possesso dell’arma medesima.
La certezza non è quella oggettiva e storica, ma quella processuale che deve essere raggiunta dal Giudice attraverso la valorizzazione di tutte le circostanze del caso concreto sottoposto al suo esame “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Il che deve avvenire con l’adozione di un procedimento logico, analogo a quello seguito quando si tratta di valutare la prova indiziaria (deduzione dell’esistenza di un fatto ignoto da un fatto noto in presenza di indizi gravi, precisi e concordati) la cui disciplina è dettata dall’art. 192 CPP. E nella specie, una volta dimostrato che l’autore dei comportamenti auto ed eterolesivi con l’arma aveva ottenuto la licenza attraverso certificazioni mediche erronee o false, allora di tali eventi, dal punto di vista colposo, ne risponderanno i sanitari redigenti le certificazioni.



Validazione delle certificazioni e responsabilità
di Mauro Marin Mmg, esperto di problemi normativi, Pordenone

La legge riconosce la validità di certificati esclusivamente anamnestici, ricognitivi della storia del paziente e cioè fondati solo sulle informazioni direttamente acquisite dall’assistito da parte del medico, quali il certificato anamnestico per l’idoneità al porto d’armi di cui al DM 28.4.1998 in GU n. 143 del 22.6.1998.
L’ipotesi di falso ideologico (in atto pubblico art. 479 CP o in certificazione amministrativa art. 480 CP o in scrittura privata art. 481 CP), si configura quando il giudizio diagnostico espresso nel certificato medico si fonda su fatti non corrispondenti al vero, esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio stesso, e chi ne fa attestazione sia consapevole di ciò, secondo la sentenza n. 11482 del 24.5.1977 della Cass. Penale sez. VI e n. 149762/1992 della Cass. Pen. sez. V. In sintesi, sussiste il reato solo se si prova che è stata condotta intenzionale (art. 43 CP) del medico a certificare il falso.
Non sussiste invece il reato di falso ideologico quando il medico di medicina generale certifica in buona fede una sindrome non obiettivabile sulla base dell’anamnesi fornita con inganno dal paziente al fine del rilascio del certificato di malattia, secondo la sentenza n. 5923 del 20 giugno 1994 della Cassazione Sez. II (in Riv. It. Med. Leg. 1995, 255). Infatti, l’art. 48 CP esclude la punibilità del medico quando si prova che l’errore è stato determinato dall’altrui inganno.
Il paziente che dichiara consapevolmente il falso commette un reato perseguibile d’ufficio (false dichiarazioni: artt. 495-496 CP) e il medico incaricato di pubblico servizio che ne viene a conoscenza avrebbe il dovere di denunciarlo (art. 331 Codice di Procedura Penale ) nei casi in cui esiste la giusta causa per rivelare il segreto professionale, come la procedibilità d’ufficio del reato (art. 10 Codice Deontologico 2006).
Ma sussiste anche la non punibilità del reato per un eventuale rischio concreto di violenza da parte del paziente psichiatrico. Infatti l’art. 54 CP (stato di necessità) afferma : “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionale al pericolo”. È opportuno ricordare che lo stato di necessità non rende “legittimo” ciò che è illecito (la certificazione falsa), ma lo rende “impunibile” per il contesto in cui tale atto viene compiuto (per esempio, sotto minacce).
Tuttavia, l’art. 40, comma 2, CP afferma: “Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Il medico potrebbe essere chiamato a rispondere della sua condotta qualora il paziente, a causa della sua nota malattia psichiatrica, commetta reati con armi da fuoco al cui uso e detenzione in realtà non è idoneo.